martedì 11 luglio 2023

Secondi pensieri - 518

zeulig


Corpo
- Il grande rimosso del pensiero “occidentale” – in questo caso aggettivazione appropriata. Si dice partito da Cartesio.
Il dualismo corpo-anima, in realtà l’uomo animale nel senso unicamente dell’anima, è ben anteriore. Di Platone e non solo. Della coscienza o anima come distinta dal corpo, di altra natura. Che Cartesio invece voleva localizzata nel corpo, nella ghiandola pineale, un punto esatto alla base del cervello.
 
Si dice anche cancellato dalla religione. Dalla religione cristiana? Partendo da sant’Agostino. Ma allora dopo i padri della chiesa, che invece ce l’avevano ben presente. E fino al contemporaneo san Girolamo - contemporaneo di Agostino. Che comunque nelle “Confessioni” ne fa buon conto.
 
Fake
– È l’ansia, lo spettro agitato della contemporaneità. Che si ripropone in successione, pena una riflessione che potrebbe scacciarla (sanarla). Delle fake news un mese o un anno fa come ora della AI o IA, intelligenza artificiale: un’ansia stagionale, di periodicità sempre più breve.
Una delle tante espressioni del bisogno di novità, di incostanza, d’irrealtà piuttosto che di “realtà” – e quindi di “verità”, di stabilità, sicurezza.
Se ne parla, lo-la si propone, lol-a si soffre, come se fosse una novità. La novità è la voglia (tentazione, pretesa, sotto forma di paura) di ritenerla una novità. E di volerla abolire. Della “verità” come opposta al fake.
 
Oggi è la normalità – e dunque non più fake? L’informazione è sempre stata delicata, un esercizio sul filo del rasoio, dire la verità, non di parte, non di questo o quel testimone, di questo o quel partecipante, protagonista,  interessato oppure non. Il giornalismo è sempre stato un fine tuning, un’opera di sorveglianza e di bulino. Ora il campo è occupato dagli informatori e dallo storytelling – dal “ve la racconto meglio”, e tanto più suasivo tanto più vero.
I social – facebook per primo – che dovevano socializzare ci hanno resi più isolati. “Come la campagna per unire il mondo si è risolta in un sondaggio individuale”, a fini commerciali, è tema già di qualche anno.
Fake news alla fine è solo il vezzo o moda di portare a galla il limo, le stupidaggini, le insensatezze, magari colorate, dando loro status di informazione o di formazione. Ci sono sempre state, si chiamavano conversazioni da bar o da treno, solo che ora prendono status di opinione pubblica. Cosa è cambiato allora? Il tentativo sciocco (perdente) dei media, giornali e radio-tv, di restare a galla sulla rete evidenziandone ogni palpito. Non avendo saputo, non cercando di sapere, come esorcizzarle.
Non è neanche vero che ora le chiacchiere da bar fanno rete. Cioè, non la fanno diversamente da come la facevano prima, con altri mezzi di comunicazione. Che i black blok d’Europa si riuniscano a Genova attraverso la rete quello è un altro fatto, di cui la rete è solo un canale, uno dei tanti. O che si organizzino attraverso la rete rave  party con migliaia e decine di migliaia di partecipanti di mezza Europa. Questo è un commercio, una forma di servizio commerciale. Si vive di fake news in quanto i media se ne fanno eco e tramite. I media hanno status di informazione e formazione dell’opinione pubblica: è attraverso i media che gli sciocchezzai fanno ultimamene opinione – perlomeno in Occidente, nel mondo che conosciamo.
Le chiacchiere da bar o da treno restavano al bar o al treno. In rete diventano mondiali, galleggiano in una sorta di fluido osmotico universale. È internet, allora, la rete, la minaccia? No, è l’esito di un modo di recepire la rete, magnificandone i lati inconsistenti o oscuri: lasciate a se stesse le fake news rimarrebbero isolate, al gruppo, anche di migliaia o di milioni di followers. Rilanciate e commentate, diventano parte del discorso – dell’informazione, dell’opinione pubblica.
 
Fede – “Anche profonda, la fede non è mai intera. Bisogna sostenerla senza posa o, almeno, impedirsi di rovinarla” – J. P. Sartre, “Le parole”, p. 161. Sartre si riferiva probabilmente, benché evocando la fanciullezza, alla fede politica - di cui a sessant’anni, l’età de “Le parole”, si riteneva peraltro vittima – non avendo avuto un’educazione religiosa.  
È incostante, va rinnovata. Nelle dottrina cristiana la fede è “atto di fede”

 
Immagini – Sono il fondamento e la sostanza della creatività (immaginazione, fantasia, inventiva). Artistica come religiosa.
Questo è un legame che pone E. Jünger, in avvio al tardo zibaldone di riflessioni che intitola “La forbice”: “Non può darsi alcun culto senza immagini”. Sia pure, aggiunge, solo una pietra nel deserto (allusione all’islam).
È un dato di fatto. E c’è una persistenza del culto: “Davanti a una statua sottratta alle macerie sentiamo: qui ha abitato un dio. Anche se non conosciamo il santuario, e nemmeno  il suo nome, ne avvertiamo il senso nascosto, che fu ignoto allo stesso artista. Vive nell’opera d’arte una fede, sopravvive a tutti i dogmi”.
 
Vi si lega il “numinoso”, argomenta Quirino Principe commentando Jünger, “che pone fuori gioco il divino, essendo un mistero inattaccabile a qualsiasi fede e a qualsiasi rivelazione e reden zione”.
Numinoso non è il paganesimo?
 
Immortalità – Dovrebbe variare con la navigazione spaziale, argomenta Nabokov nel suo racconto di fantascienza “Lance”: “Nel profondo della mente umana il concetto di di morire è sinonimo a quello di lasciare la terra. Sfuggire alla gravità significa trascendere la  tomba (“grave” in inglese, da cui l’accostamento a “gravity”, n.d.r.), e un uomo che si ritrovi su un altro pianeta non ha in effetti mezzo di provare a se stesso che non è morto – che il vecchio ingenuo mito non si è prodotto”. La morte sarebbe una finzione, cerimoniale?
 
Progresso – Un misirizzi. Inaffondabile, in qualsiasi mare, per qualunque vento ostile – oggi l’ambientalismo, ieri Heidegger, la capanna, il montanaro, il carro. Cos’altro è il pensiero, la riflessione filmica, pensata e ripensata, rivista, rifatta, cioè in progress?
Progresso – scientifico, tecnico, etico, perfino logico - come processo di verità (tensione a), scoperta.
 
Storia - L’“archeopizza” di Pompei chiuderà il dibattito su chi ha inventato la pizza? Sicuramente no – la pizza, anche “archeo”, potrebbe essere cinese, perché no (per ora è “americana”). La storia può inventarsi quello che vuole. La “carbonara” non l’hanno inventata a Roma soldati americani durante la liberazione, notori buongustai? Diventa così anche un piatto americano, senza danno per nessuno.


zeulig@antiit.eu

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