Giuseppe Leuzzi
“Parmenide, Pitagora, Vito, Croce, viaggio nella cartografia
delle idee”: Ottavio Di Grazia può fare su “Mimì”, l’iperbolico settimanale
culturale del “Quotidiano del Sud” il 20 agosto, questo tracciato della
filosofia perenne. Da Elea, “oggi la bella Ascea”, dove vissero e insegnarono
Parmenide e Zenone, all’illuminismo napoletano, e al serbatoio Croce, ancora largamente
intonso. In questo caso non il solito “classicismo” scolastico, ma un fatto:
una temperie, una disposizione.
“’A zannella”, la lettura a
distanza, ironica ma benevola, degli eventi - il reale, il mondo, il normale e
l’anormale, eccezionale - è meglio rappresentata probabilmente da Nanni Moretti.
La cui madre, il genitore cui è sempre stato più legato, dall’adolescenza alla
fine, sempre presente nei film, fino a “Mia madre” in morte, al punto da
adottarne il nome per il suo alter ego in molti dei film canonici, Apicella, è
Agata Apicella, di Reggio Calabria.
Trump è perseguito in Georgia
sulla base della legge federale antimafia, il Rico, Racketeer Influenced and
Corrupt Organizations, che applica pene più severe e condizioni carcerarie più
restrittive per i colpevoli di delitti da criminalità organizzata. Il
presidente degli Stati Uniti a capo della mafia è più di quanto la mafia, fosse
pure dello scervellato Riina, potesse sperare – o Saviano immaginare.
Gioia Tauro e Porto
Empedocle si candidano sempre più inistentemente a ospitare gli impianti di
rigassificazione che si rendono
necessari dopo il blocco dei gasdotti dalla Russia. Non è una grande
scelta: i rigassificatori occupano molto spazio, come aree di rispetto, e non
producono indotto – hanno bisogno ridotto di servizi esterni. È un po’ la
scelta che fu fatta nel dopoguerra con le raffinerie. Che inquinavano. Ma anche
il gas non scherza.
È il mito della Grande
Industria – perdura solo al Sud? O dell’appalto?
Si può fare
Il Sud quest’anno va e fa
meglio di Francia e Germania. È un dato che non cambia niente, o quasi, l’economia
del Sud non vale l’1 per cento di quella francese o tedesca, ma il “sorprasso”
ha un senso: si può fare, si può lavorare. Il Sud può farcela, con tutte le
mafie e le antimafie di cui si è oberato.
La scoperta è della Cgia
Mestre, confrontando dei dati previsionali, anche se suppostamente affidabili,
delle più accreditate agenzie inteenazionali. Il Sud cresce quest’anno meno della
media nazionale, dell’1 per cento circa, contro un 1,1 del Centro e un 1,2 del
Nord. Ma cresce di più della Francia nel suo insieme (le previsione sono per un
+ 0,8 per cento del pil) e naturalmente molto di più rispetto alla recessione
tedesca (- 0,3 per cento).
Non è un miracolo: il Sud ha messo
a frutto un flusso di investimenti pubblici enormi, sia durante la pandemia, sia
l’anno scorso a mitigazione del caro-energia: “Nell’ultimo quadriennio lo Stato
ha erogato oltre 270miliardi”. Ne ha erogati di più al Nord, ma nel Sud la
spesa pubblica ha inciso di più, sollecitando soprattutto il comparto costruzioni
e l’agroindustria.
È una scoperta se comparata
con i dati del 1953, del famoso documentario-indagine sulla povertà in Italia
che l’Istituto Luce realizzò a complemento della ricerca della Commissione
parlamentare che tra il 1951 e il 1954 indagò sulla povertà in Italia. Sulle
condizioni di vita nelle valli alpine e del Delta del Po, nel Mezzogiorno, e
nelle periferie metropolitame di Milano, Roma e Napoli. Un lavoro di ricerca
assortito da una tabella riassuntiva sgomentante: la povertà colpiva meno del 5
per cento della popolazione nel Centro-Nord Italia, tra il 21 e il 40 per cento al Sud. In particolare:
3,1 per cento in Friuli-Venezia Giulia, 2,3 in Veneto,1,4 in Lombardia, 0,3 in
Piemonte, sul 2 per cento in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Passava al 7,1
per cento in Umbria, e al 10 nel Lazio. Saliva al 37,7 per cento in Calabria,
quasi due su cinque. E nelle altre regioni non molto meglio: 33,2 in
Basilicata, 25,2 in Sicilia, 23,0 in Puglia, 23 in Abruzzo-Molise, 22,8 in
Campania, 22,7 in Sardegna.
La verde Islanda
Il paradiso terrestre si è
spostato al Nord, estremo, tra i ghiacci e i geyser, le notti lunghe, i giorni
interminabili. Non è una novità, si sono costruite saghe su questi paradisi del
gelo e della notte. Anche al Sud, molti hanno messo e mettono il paradiso al
Nord. Ma in Islanda ora è diverso, attesta “Il Venerdì di Repubblica”, con un
ampio reportage, testo e foto, di Claudia de Lillo. Perché “sono un migliaio
gli italiani che hanno scelto come nuova casa il paese di Björk, dello
stoccafisso e della parità di genere”.
Sono molti, sono pochi?
L’arcipelago non arriva a 400 mila abitanti. Le sorprese vengono dentro. Le
storie sembrano di disadattati, per motivi che non sappiamo, a leggere quello
che dicono. La prima, Sara Bianchi, marchigiana, 43 anni, è in Islanda da
quindici anni: è sposata, ha due figli, racconta de Lillo, “fa la maestra
d’asilo per 2.500 euro netti al mese, che non bastano. Per arrotondare fa le
pulizie nel suo condominio e la commessa in un negozio per turisti, quando i
bambini sono con il padre, che «nel frattempo, come si usa qui, ha avuto un
figlio con un’altra donna»”. Dunque, un paese a corto di uomini. E qui si può
capire il paradiso: è degli uomini.Ma è scontento anche il latin lover, Roberto Luigi Pagani, di Cremona: “Qui prima si fa
sesso, poi si decide se proseguire. Per divertirsi le ragazze preferiscono
stranieri di passaggio”.
Anche il cibo lascia a
desiderare. Nino Giunta, “un italo-scozzese” di Carate di Brianza, è dapprima
lirico: “I ritmi lenti degli islandesi mi ricordano la Sicilia di mio padre”. È
istruttore sub e ama immergersi, le sorgenti geotermiche pullulano: per chi si
nutre di avventura, dice, l’Islanda è un banchetto continuo, ma non lo è per il cibo, “che mi toglie la gioia” –
“meglio l’acqua del cibo”, sintetizza il giornale. Francesca Stoppani, 26 anni,
di Sapri, esordisce arrabbiata: “All’inizio ero arrabbiata con l’Islanda,
perché è una società nepotista e tutto avviene per raccomndazione”.
L’infermiere
Christian Spagnol, di Pordenone, è in Islanda con la moglie, anch’essa
infermiera, lavorano in ospedale, lui con uno stipendio netto attorno ai 3.700
euro mensili, addetto alle terapie intensive, ma trova che “la sanità locale
non è impeccabile”. Si è trasferito in Islanda con la moglie nel 2018, “in autunno”, ricorda, “io lo chiamo «la stagione
degli adiii», per i tanti tentativi di suicidio”. E spiega che “la salute
mentale “è un problema critico, così come l’abuso di alcol, oppioidi e droghe
pesanti”. Per 350 mila abitanti? Per il figlio Spagnol vuole un futuro diverso:
quando andrà alle elementari cercherà un altro Paese, “perché qui il livello
scolastico è basso”.
A che servono le polizie
Il signor Antonio Minutolo da Reggio Calabria si ritiene obbligato a una
lunga precisazione, minuziosa, .500 battute, tre cartelle, che “Il Quotidiano del Sud” edizione Calabria
gli pubblica, sul salvataggio di una persona in difficoltà nel mare della
Marinella di Bagnara, “in località Cacilì”, dove “il malcapitato stava facendo
il bagno”. Soccorso dallo scrivente, insieme ad altre cinque persone, un
congiunto dello scrivente, “il padre del malcapitato”, un “signor Giuseppe
Dato” che interveniva prontamente dal porto di Bagnara con la sua imbarcazione, benché vi accudisse il
proprio bimbo di quattro anni, un congiunto del Dato, e due giovani di cui
fornisce età, nomi e cognomi. A cui si è aggiunto, sull’imbarcazione del Dato,
“un altro uomo, immediatamente non identificato nella concitazione del
momento”.
Il signor Minutolo protesta perché poi quest’uomo si
presenterà e sarà riconosciuto come l’eroe del salvataggio. Mentre non ha fatto
che “realizzare foto e video degli eventi”. Salvo qualificarsi alla fine come
“agente di Polizia non in servizio”. E pretendere dai presenti “i documenti per
l’identificazione”.
Bizzarro aneddoto, se non
per il fastidio della retorica corrente dell’“eroe”. C’è bisogno di “eroi”, la parola e la
figura retorica più ricorrente: è eroe indifferentemente chi aiuta un nuotatore
in difficoltà e chi salva un naufrago in mare in tempesta. Specie se il salvatore
è delle forze dell’ordine. Un richiamo non corrispondente al significato e
senso di eroe (“chi dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli
e compiendo azioni straordinarie”, Treccani”). Rispondente piuttosto a un
bisogno di ordine. Ma c’è da dire anche
che i Carabinieri hanno fatto scuola in fatto di “likes”, fotografando inchini
della Madonna in processione ai mafiosi.
A Soverato la regione Calabia
manda un commissario ad acta per la rimozione di “alcuni ombrelloni
adagiati sulla spiaggia”, bene demaniale. Oltre che per altri per altri due
abusi: una rampa di accesso in legno a un’abitazione, costruita dalla famiglia
che vi abita per abbattere una barriera architettonica, e lo spostamento di una
fiera artigianale all’ultimo momento in una sede diversa da quella
autorizzata.
Insieme con Soverato, altri
29 Comuni sono stati oggetto di commissariamento per lo stesso motivo, per
abusi, edilizi o paesaggistici. A prima vista una decisione politica: la
Regione, di centrodestra, castiga i Comuni non allineati, qualcuno del Pd,
altri ad amministrazione indipendente – questi per la maggior parte, il
centrodestra ritenendosi l’approdo naturale del voto civico, moderato. Tanto
più che si tratta prevalentemente di Comuni grandi. Il sindaco di Soverato, Vacca, un ingegnere, è stato eletto con 95 voti su cento a capo di una sua
lista, lasciando una decina di voti al centro-destra di Occhiuto, il presidente
della Regione. A Isola Capo Rizzuto la sindaca, dall’impegnativo nome
Vittimberga, avvocato, è del Pd, benché in polemica col partito. A Lamezia
Paolo Mascaro, indipendente, un avvocato contro cui i partiti hanno promosso
invano lo scioglimento del consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose” –
misura che lo stesso Mascaro aveva impugnato amministrativamente con qualche
successo, e con la pronta rielezione.
Il colore politico dei
commissariamenti è confermato dal dirigente della Protezione Ambientale di
Occhiuto, l’ingegnere Salvatore Siviglia, che fissa sfottente un ultimo
appuntamento agli amministratori locali che volessero contestare il
commissariamento: lo fissa, con dichiarazioni ai giornali, alle ore 11 del 14
agosto – tra domenica 13 e i giorni festivi del 15 e del 16.
Ma sono abusi segnalati, a
Soverato come a Isola Capo Rizzuto, dalla Guardia Costiera. Che si direbbe
impegnata in ben altre osservazioni che gli ombrelloni sulla spiaggia –
Soverato è a 50 km in linea d’aria da Cutro, Isola Capo Rizzuto a una decina.
Cronache della differenza: Sicilia
Non è dolce Domenico Dolce con
la sua Sicilia, “madre, amante”. Soprattutto con i giovani, che sanno solo
scappare. Domenico Dolce di Polizzi, che di nome intero fa Polizzi Generosa.
Il paese di Borgese, Vincenzo Errante, e altri personaggi. Ma essere scontenti
fa parte della “sicilitudine”.
Mentre – contemporaneamente –
i ragazzi di Palermo violentatori danno ragione a Dolce. Quelli che si vantano,
dopo carcerati, dello stupro: violenti per essere sventati. Come del resto era
Riina, il grande distruttore. Stupidi ce ne sono dappertutto, ma solo
nell’isola un Riina è stato imprendibile, mitico.
È quello che prova a fare ora
Messina Denaro, il personaggio romanzesco. Che di se stesso dice, illustrandosi come primula rossa, bandito con una vita normalissima in mezzo alle squadre catturandi: “Io non faccio parte di niente, io
sono me stesso”.
Messina Denaro? “Un
criminale onesto”. A Maurizio de Lucia,
il Procuratoe Capo di Palermo, che lo interroga dopo l’arresto, contestandogli
l’appartenenza alla mafia, il bandito risponde: “Io non faccio parte di
nessuno, io sono me stesso. Ma se devo essere un criminale mi definisco un
criminale onesto”. E interrompe de Lucia che gli obietta: “Ma questo è un
ossimoro, lei sa cosa significa naturalmente”: “Sì l’ossimoro, la gelida
fiamma. Facevano sempre questo esempio a scuola”. Si direbbe un “tipico”
umorismo siciliano, o pirandelliano.
Il colonnello Russo aveva
inndividuato la mafia montante dei Corleonesi, di Totò Riina, e per questo fu
ucciso nel 1977. Senza nessuna risposta. Se non che la famiglia del colonnello fu
abbandonata. Nelle more della complesse pratiche per la pensione di
reversibilità, la vedova del colonnello dovette fare le pulizie in casa
d’altri. Lo ricorda la figlia Bebedetta
in un libro. Senza reazioni.
La Regione Sicilia paga di
multe 80 mila euro al giorno per non
completare i depuratori. Di cui la mitica costa ha gran bisogno. A Palermo “l’incompiuta
va avanti da 36 anni”, il collettore sud-orientale, “la spina dorsale del
sistema fognario”.
Canta Rosa Balistreri a
Palermo Chris Obehi. Obehi è nigeriano, di etnia, dice, esan (Is’han), un minuscola popolazione nel grande
Sud-Ovest della Nigeria, sbarcato a Lampedusa nel 2015, a diciassettte anni
dichiarati.
“La scelta di localizzare a
Lampedusa un hotspot ne ha fatto la
meta privilegiata degli scafisti. L’isola accoglie oltre 1.500 persone\migranti
al giorno, Pantelleria poche decine, benché sia più vicina alla Tiunisia, abbia
un’estesione maggiore e maggiori presido sanitari”, Pietro Massimo Busetta su
“Quotidiano del Sud”. Non c’entra il fatto che Lampedusa era per turisti pochi
e di pochi mezzi, mentre Pantelleria è dei ricchi e famosi?
Si fa scandalo in Sicilia per
una donna che va al ristorante cooperativo gestito da una cuoca senegalese,
chiede se la padrona è africana, e se ne va – senza nemmeno essersi seduta? Ci
si chiede se è una donna siciliana o una turista – il fatto è avvenuto presso
Agrigento. Ma si direbbe proprio siciliana: la provocazione del nulla – la donna
sapeva che la padrona era africana.
In un Tribunale non siciliano Dell’Utri
sarebbe stato condannato? Si può condannare sulla testimonianza di personaggi
come Cancemi, Contorno o Spatuzza?
È bastata una serie tv
fortunata, “The White Lotus”, e laSicilia all’improvviso torna meta turistica
internazionale di prima grandezza. Nei primi sette mesi gli arrivi sono aumentati
del 56,6 per cento, e il traffico aeroportuale del 62 per cento. A volte basta
poco – un poco di fortuna.
Evocando due film di mezzo secolo fa, “Malizia” e
“Giovannona coscialunga”, Emiliano Morreale nota che sono ambientati in
Sicilia. Erano film “d’evasione”, in “un momento di grandi contraddizioni”, il
1973, e “sceglievano la Sicilia come luogo in cui evadere”, per “la sua tradizione
di scrittori erotici”. Il critico ricorda Brancati e Patti. Ma anche Camilleri
si dilettava di romanzetti erotici – detti “di costume”, alla francese. Perfino
Sciascia divagò, sul cerhio e il triangolo.
Cagliostro fu molte cose che
probabilmente non fu, ma certamente fu siciliano. Anche quando fu “scoperto” –
che era impossibile: fu processato su denuncia. E periodicamente ritorna. Ora
con “Le cento vite di Cagliostro,” di Domenico Palmieri. L’uomo che è e che non
è. Che curiosamente non ha attirato l’attenzione di Pirandello, o di Sciascia, di
Camilleri. Anzi, dimenticato in Sicilia.
leuzzi@antiit.com
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