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Cronache dell’altro mondo – demografiche (241)
Circa 400 mila bambini nati
ogni anno da genitori non residenti hanno la cittadinanza americana per nascita.
Sono gli “anchor babies”.
Sono più delle nascite ogni
anno in ognuno dei cinquanta Stati dell’Unione. Eccetto la California, che
mediamente registra oltre 400 mila nascite (420 mila nel 2020) – il Texas,
invece, è lo Stato con meno nascite, 366 mila nel 2020.
Si considerano “anchor babies”
i figli di immigrati irregolari, o di genitori non cittadini degli Stati Uniti
che vi risiedono per lavoro, studio, turismo. Mediamente, sui 300 mila “anchor
babies” sono figli d’immigrati irregolari, 70-80 mila di dipendenti stranieri in
America col visto di lavoro, di studenti stranieri, di turisti.
L’America si considera
tuttora un paese d’immigrazione, che favorisce con la cittadinanza alla nascita
(lo ius soli). Uno status guridico
largamente maggioritario anche nell’opinione. Ora contestato dai teorici della
Grande Sostituzione del ministro Lollobrigida, con due argomenti. Ai 18 anni
gli “anchor babies” possono “nazionalizzare” i genitori e altri familiari attraverso
la green card, anche se immigrati illegali.
O residenti in altri paesi in età avanzata, genitori, nonni. I 4,5 milioni di
“anchor babies” in America oggi sotto i 18 anni aumentano la spesa sanitaria
pubblica di 2,4 miliardi di dollari ogni anno, “pagati dal contribuente
americano”.
“Anchor baby” è termine
spregiativo, come di chi avesse fatto un bambino per ottenere poi la cittadinanza,
o comunque la non espulsione.
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