mercoledì 2 agosto 2023

Cronache dell’altro mondo – demografiche (241)

Circa 400 mila bambini nati ogni anno da genitori non residenti hanno la cittadinanza americana per nascita. Sono gli “anchor babies”.
Sono più delle nascite ogni anno in ognuno dei cinquanta Stati dell’Unione. Eccetto la California, che mediamente registra oltre 400 mila nascite (420 mila nel 2020) – il Texas, invece, è lo Stato con meno nascite, 366 mila nel 2020.
Si considerano “anchor babies” i figli di immigrati irregolari, o di genitori non cittadini degli Stati Uniti che vi risiedono per lavoro, studio, turismo. Mediamente, sui 300 mila “anchor babies” sono figli d’immigrati irregolari, 70-80 mila di dipendenti stranieri in America col visto di lavoro, di studenti stranieri, di turisti.
L’America si considera tuttora un paese d’immigrazione, che favorisce con la cittadinanza alla nascita (lo ius soli). Uno status guridico largamente maggioritario anche nell’opinione. Ora contestato dai teorici della Grande Sostituzione del ministro Lollobrigida, con due argomenti. Ai 18 anni gli “anchor babies” possono “nazionalizzare” i genitori e altri familiari attraverso la green card, anche se immigrati illegali. O residenti in altri paesi in età avanzata, genitori, nonni. I 4,5 milioni di “anchor babies” in America oggi sotto i 18 anni aumentano la spesa sanitaria pubblica di 2,4 miliardi di dollari ogni anno, “pagati dal contribuente americano”.
“Anchor baby” è termine spregiativo, come di chi avesse fatto un bambino per ottenere poi la cittadinanza, o comunque la non espulsione.  

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