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Fine anticipata della vacanza
In consiglio dei ministri è il
ministro dei Trasporti ad annunciare una supertassa sulle banche. Non il
ministro dell’Economia e delle Finanze, che supervede al fisco, non il
presidente del consiglio: un ministro che non c’entra. Se non perché è il capo
della Lega. Anzi, solo perché si chiama Salvini, e fa quello che vuole, forte
di un suo partito.
La tassa probabilmente non
inciderà sul patrimonio delle banche – sarebbe da galera. È stata imposta solo perché
la Spagna, socialista, l’ha imposta qualche tempo fa - ma in accordo con le banche. Imposta di autorità e in fretta. Il fisco si vuole
prudente e prevedibile. Ma per Salvini non fa differenza, ha fretta, di mostrarsi capo del governo.
Meloni, che pure si vede
confabulare da pari a pari, malgrado la statura, con i potenti della terra, con
Salvini non ci sa fare. Finché Salvini è stato buono, nove mesi, le cose sono
andate. Ora non più, partita la campagna
elettorale per le Europee, che sono fra nove mesi. Soprattutto non sarà facile per
il Paese: per l’indebitamento, per la produzione e la produttività, per i
problemi internazionali (i migranti, la Cina, la guerra, il Pnrr). Meloni in questi mesi è come se avesse corso, sempre indaffarata, ma era in vacanza, di potere. Che abbia fatto tutto Salvini, abbia fatto tutto per metterla in ombra, come una piccola figurante, prefigura però tutta una diversa Meloni, piccola in tutti i sensi, una che non può, e forse non sa. Ma in quale governo un ministro si alza e impone una tassa? Non nel governo italiano, che costituzionalmente è consiliare, di cui il capo è solo presidente - una debolezza doppia nella fattispecie?
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