Gli Etruschi sullo Stretto
“Mentre noi pensiamo che i fulmini
si verifichino perché le nuvole si scontrano, gli Etruschi ritengono che le nuvole
si scontrino proprio per inviare un
messaggio divino”. Su questo carotaggio, semplice e approfondito, del mondo
etrusco nel secondo libro delle “Naturales Quaestiones” di Seneca, si è voluto
intitolare la mostra, e anche ordinarla: sulle forme di culto e di religiosità
degli Etruschi. Perché a Reggio Calabria? Perché gli Etruschi non erano un
mondo isolato, commerciavano con la Grecia e la Magna Grecia.
A Reggio, in particolare,
sul semplice pretesto di ipotizzare che i vasi figurati calcidesi ritrovati in
territorio etrusco potrebbero essere stati manufatti nella città dello Stretto,
colonia calcidese, e non nella madrepatria. E per ridare smalto alla civiltà
etrusca, che potrebbe essere di grande attrazione per vari suoi aspetti, ma
ultimamente si è un po’ persa nell’opinione e negli scambi culturali. Una
finestra aperta per le migliaia di visitatori ogni giorno dei Bronzi di Riace.
Una mosra piccola ma
piena, di oltre 100 reperti, con didascalie semplici e perspicue. Organizzata
dal direttore del museo reggino, Carmelo Malacrino, e del Museo Archeologico
Nazionale di Firenze, che ha fornito statue, oggetti in oro, argento, bronzo,
urne cinerarie, ceramiche figurate. E ottime glosse.
Le nuvole e il fulmine. Gli Etruschi interpreti
del volere divino, Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale
Nessun commento:
Posta un commento