Il poeta è un minatore
La
poesia è “puro narcisismo finché il poeta si ferma ai singoli fatti esterni della
propria persona o biografia. Ma ogni narcisismo cessa appena il poeta riesce a
chiudersi e inabissarsi talmente in se stesso da scoprirvi e portare al giorno
quei mondi di luce che non sono soltanto dell’io ma di tutta la tribù”.
Il
poeta è un minatore. È poeta colui che riesce a calarsi più a fondo in quelle
che il grande Machado definiva “las
secretas galerias del alma”. Perché “quanto più il poeta s’immerge nel
propri io tanto più egli allontana da sé ogni facile accusa di solipsismo”.
In
una collana chiamata “Piccola biblioteca di letteratura inutile” una conferenza
di Giorgio Caproni, nel 1982, a Roma, nel teatrino “Flaiano” a Santo Stefano
del Cacco, sulla sua poesia (in occasione dell’uscita di una sua raccolta) e
sul poetare in generale. Curata da Roberto Mosena, con un saggio di Flavio Santi,
ma raccolta da Pietro Tordi. Un attore che andava a caccia di voci sula poesia:
non mancava accademia, circoli, librerie, teatri dove se ne parlava, e registrava
gli interventi.
Oggi siamo tutti poeti, da TikTok in su, anzi da whattspad: un
male non può essere, anche se senza “scavare” molto - meglio una poesia social
come viene, che niente?
Giorgio
Caproni, Sulla poesia, Italo Svevo, pp. 72 € 13
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