Le quattro primavere
Le presenze a
volte si mutano in tracce.
S’incontrava
talvolta a Soroti, tra Tanzania e Uganda, sopra il lago Kyoga che il Nilo
Vittoria si mette da parte, per una birra, o anche a Dar Es Salaam se andava in
banca, e sempre assicurava che l’Uganda è il paese dell’eterna primavera:
- Viviamo tra
quattro primavere, i fiori rifioriscono, l’erba è sempre verde.
Viveva in realtà
solo. E quindi col problema di convivere con la famiglia della ragazza che a
turno stava con lui, e con le gelosie degli altri clan:
- Saggiamente -
diceva sereno della dote cui operavano nel fiore le ragazze.
Egli stesso non
ambiva che a godersi l’esistente, ricavando dalla piantagione quanto basta a
rifare il tetto, migliorare le terrazze, soddisfare le madri. Ma la libertà dei
popoli è inflessibile e ora vive a Boccea, all’interno 47 del n. 124 da cui non
esce, non sa camminare sull’asfalto, è sposato a una signora che fa l’infermiera,
e ne ha avuto un bambino di cui non si cura. Sogna che Obote o Amin gli
distruggano la modesta piantagione, incendiando la casa, anche se sono da tempo morti, e in fuga tra scoppi di mitra e lampi di
machete per foreste melmose su corazze di coccodrillo si salvi con la
complicità dei vecchi compagni del Che, che lo mettono su un aereo senza
bagaglio.
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