Ritorno alle fradici osche e greche
Un’opera redatta celermente,
in pochi mesi nel 1889, rimasta insuperata. A Laureana di Borrello, il paesino dove Marzano risiedeva. Pubblicata l’anno successivo sulla rivista “La Calabria”, un periodico letterario
che Luigi Bruzzano editò per un paio d’anni. Dalla semplice conversazione con
“la gente del popolo, in ispecie quella
che dimora nelle campagne”, Marzano, folklorista e lessicologo
dilettante (porta il nome, secondo la Treccani, di un figlio nato nel 1459 a
Eleonora, figlia di Alfonso V d’Aragona, re di Napoli, con Marino, duca di
Sessa, principe di Rossano), si accorse che molte parole erano “gli avanzi, sebbene
scarsi, della lingua del popolo primitivo che abitò queste contrade, del Popolo
Osco”, e di più recavano “tracce delle sovrapposizioni e delle invasioni degli
altri popoli, cioè del Greco, del Latino, dell’Arabo, del Francese e dello Spagnolo”.
Il ricorso al popolino è
retorico, di prammatica: era l’epoca della divinizzazione, mazziniana,
positivista, del Popolo. La stagione era anche fertile, oltre che per il
folklore, per i vocabolari, soprattutto dialettali.
L’opera recupera oltre tremila lessemi. In
prevalenza derivati dal greco. Dal greco antico e non dal bizantino, Marzano anticipa
Rohlfs – che terrà conto dello scavo di Marzano nel suo voluminoso “Nuovo
dizionario dialettale della Calabria”.
Una riedizione curata, da
parte delle pugliesi edizioni Grifo, e alla portata, non alle cifre elevate
delle riproduzioni anastatiche. Con la prefazione che l’etnologo Raffaele Corso
scrisse per la riedizione del 1928. E l’introduzione all’opera dell’editore, Franco
Palascia.
Giovan Battista Marzano, Dizionario Etimologico del dialetto
calabrese, Grifo, p. 317, ill. € 12
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