zeulig
Ateismo – “Il gatto non ha alcuna religione”, E. Jünger, “La forbice, § 51. E tuttavia, se “il gatto non è in grado di porre domande sull’esistenza,
possiede certamente un’esistenza, dunque qualcosa di più di una religione. Gli antichi erano ben
consapevoli di questa differenza; potevano perciò adorare gli animali come dei,
mentre noi non attribuiamo, persino un Eracle, che il rango di semidio”.
Coerenza – È una virtù perduta, come tale, come intesa comunemente, di fedeltà a un
credo o insieme di credenze e di fedi, calcistiche come politiche. Forse perché
malintesa. “Esporre le proprie opinioni non è necessariamente essere sordi a
tutti gli altri”, come argomenta Stevenson, il romanziere, in “An Apology for
Idlers”, l’elogio dell’ozio - p. es., “che uno abbia scritto un libro di viaggi
in Montenegro non è una ragione per cui non dovrebbe essere mai stato a Richmond”:
“La più grande difficoltà di alcun argomenti è di esporli bene”.
Coscienza – È senziente, la linea cognitiva è in qualche modo collegata a quella
affettiva? Almeno fino a un certo punto – sta pure nell’evoluzione, o nella
graduatoria creaturale, se ce n’è una (a un certo punto, a certi punti, si possono dare salti). Se così è, se ne estende
l’ambito al di fuori e al di là dell’umanità.
È il termometro allora e il metro più evidente dell’evoluzione
– la più inafferrabile delle concezioni umane, creatura della metafisica, prima che della logica. Dovendo(si) anche scontare che – nel segmento
umano della storia - non tutti gli umani sono coscienti, alcuni sono solo
bestie, malgrado la pedagogia, la formazione, l’istruzione, anche forzata:
reagiscono cioè sensorialmente, per istinto. In fondo, una coscienza non può
che essere socievole – una constatazione di socievolezza se non di
disponibilità. Al modo di quel personaggio di Pirandello in “A ciascuno il suo”
che dice: “La tua coscienza significa «gli altri dentro di te».
Ci si chiede, ora anche in biologia, se c’è una coscienza
in natura – per “natura” intendendosi il creato fuori dalla sfera umana. Ed è
evidente che c’è, degli animali e anche dei vegetali. Ma come si forma? Questo
è un problema, perché il corpo è un problema, non solo quello umano, ma di
tutte le specie, animali e vegetali (e minerali, perché no, anche la pietra è
un corpo) – l’evoluzione dice come si è proceduto e si può procedere, ma su
sentieri statistici e non creaturali (fondanti). E non perché. Così diffusa e
così inspiegabile, la coscienza è quel che rimanda alla creazione – alla favola
del paradiso terrestre, che era in potenza tutta la storia successiva, Darwin
compreso.
È, si dice, “la radice
di ogni conoscenza”. La quale è ricezione ma è anche “creazione”: assetto, o
riassetto (identificazione), sistemazione (catalogazione), disposizione anche. È alla radice, anche, di ogni volontà
– seppure irriflessa.
È curioso che il suo massimo denegatore, William James,
“empirista radicale”, da sempre scettico, non molti anni prima della Grande
Guerra sancisse: “Ora mi sembra che i tempi siano maturi per disfarsene
apertamente e senza sconti”. Scettico ma ottimista (razionalista).
Islam – “È stupefacente la rinascita dell’islam ai giorni nostri”, nota E. Jünger
in una delle sue ultime opere. Notava, novantacinquenne, nel 1990. Non aveva
visto il Mia (Mouvement Islamique Armé), il Gia (Groupe Islamique Armé) e l’Isa
(Islamic Salvation Army) del terribile decennio di fine secolo in Algeria, con
stragi giornaliere e almeno mezzo milione di morti. Né i Talebani, né l’Is – o le
formazione terroristiche tuttora attiva nell’Africa sub-sahariana, dalla Somalia
alla Nigeria. Né l’abbattimento di Gheddafi, a opera dei tradizionalisti.
A opera, si direbbe, soprattutto delle donne. Che si reputerebbe
danneggiate dall’islam, di fatto e di diritto, e invece ne sono la difesa e l’avamposto
militante – nel khomeinismo, che è il germe della militanza islamica, e poi
nell’Is. Specie in terra infidelium,
nei paesi di emigrazione, in Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, più
degli uomini, per quanto pii – con hijab
completi, dalla cima dei capelli ai talloni voluttuosamente passeggiati per le
città roventi di questo luglio, magari aggraziati con cat-eye Chanel da mille
euro.
Stupefacente la rinascita è senz’altro. L’Iran, laico e modernista
nel 1978, integralista islamico due anni dopo, severissimo: un mondo grande, di
storia, formazione, demografia, che si consegna legato agli ayatollah. O la Turchia: si faticava
vent’anni fa a trovare una donna velata nella parte occidentale, la più
densamente popolata – una sola di fatto in migliaia di chilometri, una sposina,
con marito e padre. Un paese candidato dieci anni fa all’Unione Europea. E
subito dopo islamico, , anche se la sharia
non è la legge – lo è però di fatto. O la Tunisia di Burghiba, altro modello
di stato islamico e democratico improvvisamente convertito all’islam politico –
da cui non riesce ora a liberarsi. O l’Algeria, che ancora non ha ricucito le
ferite del jihad. E i Fratelli
Mussulmani nelle altre roccaforti del laicismo arabe o indo-pakistane.
Jünger ha introdotto il tema “rinascita” legandolo alla
durata dell’istituzione clericale: “Il clero ha il vantaggio di disporre di un
tempo suo proprio. Ancora più importante che uno spazio proprio”. Ma poi ha uno
scatto, dopo aver notato la sorprendente rinascita: “Occorre a questo proposito
rilevare che essa rimane disposta nell’ordine della tecnica in quanto uniforme
dell’operaio”, della massa, come mobilitazione. L’islam odierno questo è, un
piano di mobilitazione. Culturale, di genere, sociale, di proiezione internazionale,
in chiave rivendicazionista (nazionalista). In epoca di diritti, incondizionali,
rovesciandone l’ottica: non per un’estensione dei diritti individuali, ma
culturali (nazionali, popolari, storici, eccetera). Con tutte le esche della
rivalsa, del nazionalismo.
La mobilitazione fa aggio naturalmente sui diritti
individuali – che possono venire calpestati o rovesciati impunemente, e anzi con
merito – “Per i combattenti di ogni tipo, il consenso è stato da sempre un’immediata
necessità”, deve notare Jünger: “Il che significa: attacca o muori”. La
mobilitazione come militanza.
Una tesi lega l’espansione dell’islam, in Africa e in Asia
(Malesia, Filippine e altrove), ai soldi del petrolio, dopo il 1973 – una pioggia
d’oro per le petromonarchie della penisola arabica e per l’Iran (in questo sito
è stata materia di riflessione:
http://www.antiit.com/2023/07/condo-il-genocide-watch-nei-diciotto.htm
In questa ipotesi, la caduta del saggio di profitto delle
petroeconomie per effetto della transizione alle fonti di energia rinnovabili,
invece che fossili, prima che esse stesse abbiano completato la transizione ecologica
(i profitti sono oggi inalterati, elevati, ma gli investimenti sono prossimi a
zero), indebolirà lo slancio dell’islam – la proiezione politica dell’islam, e
quindi il suo appeal?
Millennio – Nel segno di Nietzsche, avvertiva E. Jünger in una delle ultime riflessioni, raccolte sotto il titolo “La
forbice”, nel 1990: “Nuove sorprese si annunciano per il XXmo secolo, che già
Nietzsche aveva considerato la sua patria spirituale. Secondo la visione nietzscheana,
già a partire dal Rinascimento, la morale era rimasta indietro rispetto allo
sviluppo del progresso. Era necessaria una rivoluzione dei valori”. Con
riserve, come per ogni innovazione: “Alla ricerca viene comunque sempre attribuita
una serie di tabù. E non solo da parte della Chiesa, che nel frattempo è divenuta
più docile, ma anche da parte della coscienza collettiva e della giustizia”. E
oggi: “Oggi sembra piuttosto che il progresso debba essere frenato. Resta solo
da chiedersi se, ora che le ruote si fanno incandescenti, questo arresto sia
ancora possibile”. Jünger era pessimista: “Come conseguenza ne è derivata la
ramificazione di un nuovo alchimismo”.
Postmoderno – “La parola
allude a una condizione che si è data da sempre. La si è già raggiunta anche
solo quando una donna indossa un
cappellino nuovo” – Ernst Jünger, “La forbice”, § 177.
Speranza – “La speranza
imperitura-immortale è cogestora nell’intimo dell’uomo con la credulità
infallibile”, Robert Louis Stevenson, “Crabbed Age and Youth”: “Un uomo scopra
di avere sbagliato a ogni passaggio della sua carriera, solo per dedurre la stupefacente
conclusione che ora è finalmente nel giusto. L’umanità, dopo secoli di fallimento,
è sempre alla vigilia di un millennio rettamente decisivo”.
Storia – È prevedibile – la storia è
già oggi. Sorprese comprese.
zeulig@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento