martedì 1 agosto 2023

Secondi pensieri - 520

 zeulig


Ateismo – “Il gatto non ha alcuna religione”, E. Jünger, “La forbice, § 51. E tuttavia, se “il gatto non è in grado di porre domande sull’esistenza, possiede  certamente un’esistenza, dunque qualcosa di più di una religione. Gli antichi erano ben consapevoli di questa differenza; potevano perciò adorare gli animali come dei, mentre noi non attribuiamo, persino un Eracle, che il rango di semidio”.

 
Coerenza
– È una virtù perduta, come tale, come intesa comunemente, di fedeltà a un credo o insieme di credenze e di fedi, calcistiche come politiche. Forse perché malintesa. “Esporre le proprie opinioni non è necessariamente essere sordi a tutti gli altri”, come argomenta Stevenson, il romanziere, in “An Apology for Idlers”, l’elogio dell’ozio - p. es., “che uno abbia scritto un libro di viaggi in Montenegro non è una ragione per cui non dovrebbe essere mai stato a Richmond”: “La più grande difficoltà di alcun argomenti è di esporli bene”.
 
Coscienza
– È senziente, la linea cognitiva è in qualche modo collegata a quella affettiva? Almeno fino a un certo punto – sta pure nell’evoluzione, o nella graduatoria creaturale, se ce n’è una (a un certo punto, a certi punti, si  possono dare salti). Se così è, se ne estende l’ambito al di fuori e al di là dell’umanità.
È il termometro allora e il metro più evidente dell’evoluzione – la più inafferrabile delle concezioni umane, creatura della metafisica, prima  che della logica.  Dovendo(si) anche scontare che – nel segmento umano della storia - non tutti gli umani sono coscienti, alcuni sono solo bestie, malgrado la pedagogia, la formazione, l’istruzione, anche forzata: reagiscono cioè sensorialmente, per istinto. In fondo, una coscienza non può che essere socievole – una constatazione di socievolezza se non di disponibilità. Al modo di quel personaggio di Pirandello in “A ciascuno il suo” che dice: “La tua coscienza significa «gli altri dentro di te».
Ci si chiede, ora anche in biologia, se c’è una coscienza in natura – per “natura” intendendosi il creato fuori dalla sfera umana. Ed è evidente che c’è, degli animali e anche dei vegetali. Ma come si forma? Questo è un problema, perché il corpo è un problema, non solo quello umano, ma di tutte le specie, animali e vegetali (e minerali, perché no, anche la pietra è un corpo) – l’evoluzione dice come si è proceduto e si può procedere, ma su sentieri statistici e non creaturali (fondanti). E non perché. Così diffusa e così inspiegabile, la coscienza è quel che rimanda alla creazione – alla favola del paradiso terrestre, che era in potenza tutta la storia successiva, Darwin compreso.
 
È,  si dice, “la radice di ogni conoscenza”. La quale è ricezione ma è anche “creazione”: assetto, o riassetto (identificazione), sistemazione (catalogazione), disposizione  anche. È alla radice, anche, di ogni volontà – seppure irriflessa.
 
È curioso che il suo massimo denegatore, William James, “empirista radicale”, da sempre scettico, non molti anni prima della Grande Guerra sancisse: “Ora mi sembra che i tempi siano maturi per disfarsene apertamente e senza sconti”. Scettico ma ottimista (razionalista).
 
Islam
– “È stupefacente la rinascita dell’islam ai giorni nostri”, nota E. Jünger in una delle sue ultime opere. Notava, novantacinquenne, nel 1990. Non aveva visto il Mia (Mouvement Islamique Armé), il Gia (Groupe Islamique Armé) e l’Isa (Islamic Salvation Army) del terribile decennio di fine secolo in Algeria, con stragi giornaliere e almeno mezzo milione di morti. Né i Talebani, né l’Is – o le formazione terroristiche tuttora attiva nell’Africa sub-sahariana, dalla Somalia alla Nigeria. Né l’abbattimento di Gheddafi, a opera dei tradizionalisti.
A opera, si direbbe, soprattutto delle donne. Che si reputerebbe danneggiate dall’islam, di fatto e di diritto, e invece ne sono la difesa e l’avamposto militante – nel khomeinismo, che è il germe della militanza islamica, e poi nell’Is. Specie in terra infidelium, nei paesi di emigrazione, in Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, più degli uomini, per quanto pii – con hijab completi, dalla cima dei capelli ai talloni voluttuosamente passeggiati per le città roventi di questo luglio, magari aggraziati con cat-eye Chanel da mille euro.
Stupefacente la rinascita è senz’altro. L’Iran, laico e modernista nel 1978, integralista islamico due anni dopo, severissimo: un mondo grande, di storia, formazione, demografia, che si consegna legato agli ayatollah. O la Turchia: si faticava vent’anni fa a trovare una donna velata nella parte occidentale, la più densamente popolata – una sola di fatto in migliaia di chilometri, una sposina, con marito e padre. Un paese candidato dieci anni fa all’Unione Europea. E subito dopo islamico, , anche se la sharia non è la legge – lo è però di fatto. O la Tunisia di Burghiba, altro modello di stato islamico e democratico improvvisamente convertito all’islam politico – da cui non riesce ora a liberarsi. O l’Algeria, che ancora non ha ricucito le ferite del jihad. E i Fratelli Mussulmani nelle altre roccaforti del laicismo arabe o indo-pakistane.
Jünger ha introdotto il tema “rinascita” legandolo alla durata dell’istituzione clericale: “Il clero ha il vantaggio di disporre di un tempo suo proprio. Ancora più importante che uno spazio proprio”. Ma poi ha uno scatto, dopo aver notato la sorprendente rinascita: “Occorre a questo proposito rilevare che essa rimane disposta nell’ordine della tecnica in quanto uniforme dell’operaio”, della massa, come mobilitazione. L’islam odierno questo è, un piano di mobilitazione. Culturale, di genere, sociale, di proiezione internazionale, in chiave rivendicazionista (nazionalista). In epoca di diritti, incondizionali, rovesciandone l’ottica: non per un’estensione dei diritti individuali, ma culturali (nazionali, popolari, storici, eccetera). Con tutte le esche della rivalsa, del nazionalismo.
La mobilitazione fa aggio naturalmente sui diritti individuali – che possono venire calpestati o rovesciati impunemente, e anzi con merito – “Per i combattenti di ogni tipo, il consenso è stato da sempre un’immediata necessità”, deve notare Jünger: “Il che significa: attacca o muori”. La mobilitazione come militanza.
 
Una tesi lega l’espansione dell’islam, in Africa e in Asia (Malesia, Filippine e altrove), ai soldi del petrolio, dopo il 1973 – una pioggia d’oro per le petromonarchie della penisola arabica e per l’Iran (in questo sito è stata materia di riflessione:
http://www.antiit.com/2023/07/condo-il-genocide-watch-nei-diciotto.htm
In questa ipotesi, la caduta del saggio di profitto delle petroeconomie per effetto della transizione alle fonti di energia rinnovabili, invece che fossili, prima che esse stesse abbiano completato la transizione ecologica (i profitti sono oggi inalterati, elevati, ma gli investimenti sono prossimi a zero), indebolirà lo slancio dell’islam – la proiezione politica dell’islam, e quindi il suo appeal?
 
Millennio
– Nel segno di Nietzsche, avvertiva E. Jünger in una delle ultime  riflessioni, raccolte sotto il titolo “La forbice”, nel 1990: “Nuove sorprese si annunciano per il XXmo secolo, che già Nietzsche aveva considerato la sua patria spirituale. Secondo la visione nietzscheana, già a partire dal Rinascimento, la morale era rimasta indietro rispetto allo sviluppo del progresso. Era necessaria una rivoluzione dei valori”. Con riserve, come per ogni innovazione: “Alla ricerca viene comunque sempre attribuita una serie di tabù. E non solo da parte della Chiesa, che nel frattempo è divenuta più docile, ma anche da parte della coscienza collettiva e della giustizia”. E oggi: “Oggi sembra piuttosto che il progresso debba essere frenato. Resta solo da chiedersi se, ora che le ruote si fanno incandescenti, questo arresto sia ancora possibile”. Jünger era pessimista: “Come conseguenza ne è derivata la ramificazione di un nuovo alchimismo”.  
 
Postmoderno
– “La parola allude a una condizione che si è data da sempre. La si è già raggiunta anche solo quando una donna indossa  un cappellino nuovo” – Ernst Jünger, “La forbice”, § 177.
 
Speranza – “La speranza imperitura-immortale è cogestora nell’intimo dell’uomo con la credulità infallibile”, Robert Louis Stevenson, “Crabbed Age and Youth”: “Un uomo scopra di avere sbagliato a ogni passaggio della sua carriera, solo per dedurre la stupefacente conclusione che ora è finalmente nel giusto. L’umanità, dopo secoli di fallimento, è sempre alla vigilia di un millennio rettamente decisivo”.
 
Storia – È prevedibile – la storia è già oggi. Sorprese comprese.


zeulig@antiit.eu

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