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Soros si celebra, affossatore delle nazioni
Il finanziere gigione a 92
anni si è fatto anche un film, diretto per l’anagrafe dal “figlio di Bob Dylan”,
scritto e interpretato da se stesso. Con qualche controcanto, naturalmente, stonato:
figure minori o ridicole, per dare più spessore all’egomania.
Si fatica a parlarne male
perché Soros è sempre pieno di sé, e chiude ogni dubbio col fatto che fu un ebreo
in Ungheria negli anni del nazismo in Europa. Ma lo fu senza danno. E poté emigrare
nel 1947, a 17 anni - figlio di un avvocato e scrittore emigrato anch’egli,
direttamente in America - per studiare alla London School of Economics. Ma l’essere
ebreo non c’entra – tra l’altro doppiato qui con la scelta del regista, figlio
del Nobel di Letteratura. Né con l’aver destinato beneficenza, patronaggi, sponsorizzazioni
a cause, personaggi e attività politicamente di sinistra. Questo si direbbe un
problema per la la sinistra, non un vanto. Soros è Soros in quanto abile e
fortunato gestore di hedge fund,
fondi d’investimento speculativi. Se è un re è della speculazione. E la
speculazione tutto può essere, anche audacia, fortuna, avventura, ma si fa a
danno dei più. Del “parco buoi” della finanza ma anche a danno delle finanze
pubbliche, di masse cioè che non c’entrano, e per questo sono prede facili.
Soros è diventato Soros, il
primo, a suo parere, fra tutti gli speculatori, col fortunato attacco alla
sterlina e alla lira nel 1992. Un piccolo azzardo di Ciampi, allora governatore
della Banca d’Italia, che aveva favorito un lieve ma costante apprezzamento della
lira nei confronti del marco nel quadro dello Sme, il Sistema Monetario Europeo,
in vista del passaggio all’euro, per favorire cioè l’inclusione dell’Italia
nell’euro, facilitò l’attacco di Soros: la lira perse in un giorno un 30 per cento
del valore, Soros divenne multimiliardario, con i suoi soci, dall’oggi al
domani, in dollari. Ma non a somma zero: tutti gli italiani ci rimisero qualcosa,
poco o molto, e soprattutto l’Italia, che veniva dagli anni 1980 come quinta o
quarta potenza economica mondiale, fu ridotta a un cencio da cucina, posizione
da cui non si è più ripresa (anche per la contemporanea offensiva giudiziaria scatenata
da un certo Di Pietro). Che Soros abbia destinato poi le creste dei suoi
guadagni, a fini fiscali, in beneficenza o a promozione di attività benefiche
non lo santifica.
Il curioso di questo autofilm
è che Soros, che pure ha avuto momenti bui dopo la presunta laurea in Filosofia
a Londra con Popper (che, richiesto, non lo ricordava), non li ricorda nella
sua narrazione. E questo conferma il suo lato nero: ha fatto fortuna sui momenti bui degli altri.
C’è egomania e egomania. Abbiamo
appena seppellito l’egomaniaco massimo in Italia, Berlusconi, per questo
criticato e insultato, ancora dopo morto, che pure non ha mai fatto male a
nessuno. Soroso fa la politica di se stesso. Ma la politica non si compra. E non
è vero che la speculazione finanziaria è asettica: è un veleno oppure un’arma
letale.
Jesse Dylan, Soros racconta Soros, Sky Documentaries
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