lunedì 14 agosto 2023

Soros si celebra, affossatore delle nazioni

Il finanziere gigione a 92 anni si è fatto anche un film, diretto per l’anagrafe dal “figlio di Bob Dylan”, scritto e interpretato da se stesso. Con qualche controcanto, naturalmente, stonato: figure minori o ridicole, per dare più spessore all’egomania.
Si fatica a parlarne male perché Soros è sempre pieno di sé, e chiude ogni dubbio col fatto che fu un ebreo in Ungheria negli anni del nazismo in Europa. Ma lo fu senza danno. E poté emigrare nel 1947, a 17 anni - figlio di un avvocato e scrittore emigrato anch’egli, direttamente in America - per studiare alla London School of Economics. Ma l’essere ebreo non c’entra – tra l’altro doppiato qui con la scelta del regista, figlio del Nobel di Letteratura. Né con l’aver destinato beneficenza, patronaggi, sponsorizzazioni a cause, personaggi e attività politicamente di sinistra. Questo si direbbe un problema per la la sinistra, non un vanto. Soros è Soros in quanto abile e fortunato gestore di hedge fund, fondi d’investimento speculativi. Se è un re è della speculazione. E la speculazione tutto può essere, anche audacia, fortuna, avventura, ma si fa a danno dei più. Del “parco buoi” della finanza ma anche a danno delle finanze pubbliche, di masse cioè che non c’entrano, e per questo sono prede facili.
Soros è diventato Soros, il primo, a suo parere, fra tutti gli speculatori, col fortunato attacco alla sterlina e alla lira nel 1992. Un piccolo azzardo di Ciampi, allora governatore della Banca d’Italia, che aveva favorito un lieve ma costante apprezzamento della lira nei confronti del marco nel quadro dello Sme, il Sistema Monetario Europeo, in vista del passaggio all’euro, per favorire cioè l’inclusione dell’Italia nell’euro, facilitò l’attacco di Soros: la lira perse in un giorno un 30 per cento del valore, Soros divenne multimiliardario, con i suoi soci, dall’oggi al domani, in dollari. Ma non a somma zero: tutti gli italiani ci rimisero qualcosa, poco o molto, e soprattutto l’Italia, che veniva dagli anni 1980 come quinta o quarta potenza economica mondiale, fu ridotta a un cencio da cucina, posizione da cui non si è più ripresa (anche per la contemporanea offensiva giudiziaria scatenata da un certo Di Pietro). Che Soros abbia destinato poi le creste dei suoi guadagni, a fini fiscali, in beneficenza o a promozione di attività benefiche non lo santifica.
Il curioso di questo autofilm è che Soros, che pure ha avuto momenti bui dopo la presunta laurea in Filosofia a Londra con Popper (che, richiesto, non lo ricordava), non li ricorda nella sua narrazione. E questo conferma il suo lato nero:  ha fatto fortuna sui momenti bui degli altri.
C’è egomania e egomania. Abbiamo appena seppellito l’egomaniaco massimo in Italia, Berlusconi, per questo criticato e insultato, ancora dopo morto, che pure non ha mai fatto male a nessuno. Soroso fa la politica di se stesso. Ma la politica non si compra. E non è vero che la speculazione finanziaria è asettica: è un veleno oppure un’arma letale.        
Jesse Dylan, Soros racconta Soros, Sky Documentaries

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