giovedì 24 agosto 2023

Tra i vini alla viola, alla mandorla

Sono solo i capitoli centrali, VI-XXX  del volume di Orioli “In Viaggio”: quelli dedicati alla Calabria - a partire da Noépoli in Basilicata, tale è la sorpresa che il borgo lucano sucita nel viaggiatore: Albidona, Castrovillari, Civita con Spezzano e gli ammiratissimi albanesi di Calabria, Morano, Sibari, Cosenza, San Giovanni in Fiore e la Sila, Longobucco, San Demetrio Corone, Crotone, Catanzaro, Tiriolo, Taverna, Caulonia, Gioiosa Ionica, Mammola,  Reggio, Pentedattilo, Bova.
Un racconto pieno di curiosità. Benché tardivo, nel 1933. Di un viaggio che il libraio–editore fiorentino (a lui si devono le Lungarno Series, degli scrittori angloamericani di Firenze tra le due guerre) intraprese con Norman Douglas, da tempo suo compagno di vita benché vivesse a Capri (si accompagnavano da tempo, dal 1922, “Pino” già di 38 anni, Douglas di 54) e con due redattori della casa editrice londinese Chatto&Windus  che pubblicherà “Moving Along” (“In Viaggio”) nel 1934, Ian Parsons e Charles Prentice.
Con un pizzico del brio e della sintesi di Norman Douglas di “Old Calabria”, un quadro storico di molte realtà viene tratteggiato in breve, per più aspetti e riscontri perspicuo. Al sodale e compagno Douglas Orioli spesso direttamente si si rifà. A nche perché è quello che decide gli spostamenti, e spesso la narrazione, con i ricordi di luloghi, fatti e eprsone, e con le vecchie conoscenze che rintraccia via via. Erano anche anni in cui il Sud finalmente “si muoveva”, benché sotto il fascismo, in fatto di comunicazioni, alfabetizzazione, occasioni di lavoro. Più di un “americano” Orioli e i suoi amici incontrano, ritornato, per avviare un’attività al paese.
Un racconto sempre lusinghiero, ammirato anche – eccetto che per Mattia Preti, che Orioli aborre.  “L’amabile, Caulonia”. I profumi “delle  folgoranti erbe aromatiche” – ma a Mammola, nomen omen?, l’erica è talmente profumata che sa di naftalina.  Molti ragazzi speciali, naturamente, ma solo di garbo e intelligenza. A Crocchi (Gioiosa Jonica) il tabaccaio apre solo di domenica. A Gioiosa Gabriella li serve in tavola, una venere scalza, che al garbo coniuga la bellezza.
Pochi, stranamente, gli uccelli: “Si possono vedere più uccelli in un pomeriggio inglese che in dodici mesi in Calabria”. I vini invece, sono varii, non “standardizzati”,  e apprezzati – il tributo è costante ai vini e alla cucina. Ovunque “stoviglie, di terracotta naturale, di bellissime forme”. Senza mai indulgenza al “colore”, di cui solitamente sono impastati questi racconti di viaggi. I briganti, breve stagione, sono solo mozza teste.
Gli arbëreschë soprattutto piacciono, dopo i ragazzi, gli albanesi di Calabria. A Civita l’orrido del Raganello viene già segnalato, come visto dall’alto. Civita e Tiriolo per i costumi, delle donne e degli uomini. A Tiriolo, da dove si dominano i due mari, lo Jonio e il Tirreno, la bellezza delle donne prende molti sospiri. Erodoto aThurii stimola belle pagine, anche se non si sa dove Thurii fosse. A differenza della narrazione di Horace Rilliet (“Colonna mobile in Calabria”), i calabresi sono tosti a Campo Tenese. Anche se vi beccano, la prima volta nel 1806 a opera dei francesi di Giuseppe Bonaparte e Murat, nel 1848 a opera delle truppe borboniche - le due battaglie sono descritte al dettaglio, su buone letture.
Gli “americani” di ritorno sono importuni, con i loro dollari – la “dollaria” che Ezra Pound contemporaneamente deprecava. Non lo sono i “germanesi”: è qui registrata per la prima volta la dizione e la relativa categoria sociologica di cui scriverà Carmine Abate. Norman Douglas, che aveva percorso la Calabria vent’anni prima, si meraviglia dei tanti uomini che si vedono in giro. Orioli opina che “ora hanno trovato l’America qui, nel costruire le strade, nel rimboschimento”, i futuri famosi Forestali della Calabria, “l’agricoltura intensiva, i lavori idroelettrici e così via”. Ed è vero che negli anni del fascismo l’emigrazione crolla.
L’introduzione di Stefano Manferlotti, l’anglista emerito della Federico II, è un piccolo romanzo del rapporto tra Orioli e Norman Douglas, o meglio del cattivo carattere di quest’ultimo, che le sue opere invece farebbero pensare un simpaticone. Sottolinea anche la “durata” delle cose viste di Orioli, anche se il mondo è cambiato. Apprezzandone soprattutto la cura, molto contemporanea, per i cibi via via odorati o consumati, i vini, i prodotti locali, la cucina. Un viaggio tra i sapori. Tra gli odori anche, dei vini (la viola, la mandorla), delle erbe, in epoca ancora di inesistenti scarichi di automobile, dei boschi. Tre inglesi, quattro con l’anglomane autore, che come solevano se la godevano. 
Giuseppe Orioli, In viaggio, Rubbettino, pp. 153 ril. € 7,90

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