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Un viaggio in Calabria col re Borbone, nella miseria, in allegria
Un racconto sull’impossibilità, insomma le difficoltà, di
muoversi in Calabria, a partire da Maratea e Lauria, nel 1852. Una spedizione
militare che si penserebbe temibile, del re delle Due Sicilie Ferdinando II
nell’ottobre 1852, trasformata in un racconto vivace e semiserio dal medico
svizzero aggregato al Tredicesimo Battaglione Cacciatori. Uno di tre fratelli
al servizio del re di Napoli: “Siamo tre fratelli che facciamo
questo viaggio delle Calabrie e per la disposizione della marcia succede
raramente che c’incontriamo; uno fa parte della 1ma compagnia dei granatieri, uno
comanda la 2da Compagnia”, e Horace fa il chirurgo, “che raccoglie gli infortunati
che restano sulla strada”.
Un racconto
sulle difficoltà materiali, di ogni tipo, le pulci, il nulla o quasi da
mangiare, gli alloggi inesistenti, tra maiali e galline, il coprifuoco al
tramonto, giacchè non c’è illuminazione di nessun tipo, trasposto in
un’aneddotica lieve: il farmacista che sopravvive vendendo il Diavolone, un
amaro di sua invenzione, l’arciprete di buone ganasce, il sindaco che monta
festoni per il re ma non ha dove ospitarlo. Una narrazione sul tipo di quella
impressa alle stesse esperienze, con più ritmo e qualità, da Edward Lear, che
fece il viaggio in Calabria nel 1847 ma pubblicava il suo “Journal” in
contemporanea con Rilliet, nel 1852.
La
spedizione era composta da soldati di tutte le lingue - per lo più tedesca, di
svizzeri, austriaci e bavaresi: il re parla il tedesco svizzero. Il Regno si
avviava alla fine in allegria. In un paio di posti, Maida e Curinga, la colonna
non è bene accolta: nascondono il cibo. Si marcia ancora sui resti del terremoto
del 1783.
Il dottor
Rilliet morirà poco tempo dopo la spedizione, nel 1854, ma ebbe il tempo di
vedere il suo diario di campagna pubblicato, con una miriade di disegni dal
vivo, da lui stesso approntati – anche qui al modo di Lear, ma più numerosi e
meno curati, meno “quadri”. Giustamente Tonino Ceravolo, che ha curato la
riedizione, ci vede un documento visivo, oltre che scritto.
A tratti l’osserrvazione è seria. A Taverna la scoperta di
Mattia Preti. A Catanzaro quella della seta, con una disamina breve e acuta
dell’economia della seta, e delle cattive politiche fiscali. C’è anche l’economia
dell’olio, col dettaglio dei sistemi di produzione. E un po’ di sociologia: le
donne “qualche volta hanno le scarpe ma si accontentano di portarle a mano attaccate
alla cintura”. Più volentieri èil racconto dei
minuti non eventi che hanno contrasegnato la spedizione: la fucileria per
errore, le lunghe scarpinate, gli sforzi dei piccoli borghi per offrire
accoglienza al re, molta povertà, anzi miseria, l’impossibilità di
accantonamento per mancanza di alloggi, la curiosità dei paesani, le lunghe
serate degli ufficiali senza luce, passate a giocare a sette e mezzo. E le storie
di alcune battaglie: dei calabresi per il re Borbone, al tempo della Repubblica
Partenopea, vinta; dei calabresi contro i francesi, vinte (Maida) e perse (Campotenese);
della monarchia contro gli insorti liberali nel 1848 (Castrovillari), persa.
In modo
lieve, senza mai una critica al re di cui pure era uno stipendiato,
indirettamente, è un documento che suffraga la condanna del Regno da parte di
Gladstone: la spedizione è di ordinaria aministrazione, il re ne faceva spesso,
per scoprire le condizioni del suo regno, ma solo per assicurarsene le
dedizione, poi non faceva nulla: non ordinava una strada, una chiesa, una regalia,
meno che mai una scuola, oppure il telegrafo. Spesso deve procedere a dorso di
mulo, neanche il,cavallo ce la fa. Tre spedizioni sono documentate di
Ferdinando II in Calabria, e una in Sicilia Orientale, nel 1833, nel 1844, e
nel 1852. Senza mai un esito positivo. Il curatore riporta una pagina del De
Cesare, lo storico della “Fine di un Regno”, specialmente cattiva nei confronti
di Ferdinando II.
Rari i malumori. A Morano,
che sarà illustrata da Escher per le sue geometrie, assegna”la palma della
bruttezza” - per lo stesso motivo che entusiasmerà Escher, “la struttura
inconcepibile, e assurda”. Le città gli piacciono molto, Castrovillari e
Cosenza – di Cosenza fa in breve tutta la storia. Commovente la ricerca di
Erodoto a Thurium – anche perché non si sa dove Thurium era. Con un’efficace
sintesi storica dei ritardi della Calabria: “In ogni tempo ci sono stati
banditi”, briganti, concussori. E “mentre questi briganti saccheggiavano
l’interno del paese, i corsari turchi e i barbareschi depredavano le coste… È
difficile farsi un’idea della desolazione e dello stato miserevole di questo
infelice paese”. Alla vigilia dell’unità d’Italia.
Horace
Rilliet, Colonna mobile in Calabria
Rubbettino, pp. 325, ril. ill. € 7,90
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