Giuseppe Leuzzi
“Ho dichiarato guerra ai piromani
e loro hanno tentato di bruciarmi la casa”. Il presidente della Regione
Calabria Occhiuto si limita a dire la verità, e a spiegarla minutamente, dove come
l’incendio è stato appiccato. Un fatto sinistro, che come tale va indagato e
punito, senza cupole né sistemi. “Quest’anno grazie ai droni abbiamo scoperto e
identificato 160 tra piromani e incendiari. Molti sono stati arrestati, altri
hanno avuto ammende di migliia di euro”. Non è difficile, basta reprimere i
delitti, meglio se quando sono compiuti.
“La ‘nduja dello Yorkshire”.
Gian Antonio Stella può prendere in giro il governo sovranista, con un
ministero del “Made in Italy”, un ministero in inglese, che non protegge i
prodotti tradizionali, neanche se certidicati, che hanno aperto un mercato con
impegno e spese. Come la pizza è americana, così ora la ‘nduja è inglese - una
delle “meraviglise esperienze culinarie della Lishman’s butchers and
charcutiers”.
Le morti per droga censite
nel 2022 in Europa sono 248 per ogni milione di abitanti in Scozia, 79 in
Finlandia, 73 in Irlanda, 64 in Svezia, 8 in Italia. La Finlandia – in buona
posizione anche quanto a suicidi, dopo la Lettonia - è da vari anni il paese
più felice al mondo.
“Meliambro è un cognome che in Italia è presente in tre
comuni della Calabria, mentre è portato da una cinquantina di persone in Nord
America”. La rivista “7” del “Corriere della sera” lo annota illustrando Rocco
Meliambro, “canadese di origini italiane”, come il “re” del mercato della
cannabis legale in Canada, e dell’“impero pornhub”, il 12mo sito più visitato
al mondo. L’emigrazione è una reincarnazione. Anche più prolifica – come un
innesto risucito.
Bisogna essere stati poveri per diventare ricchi
La “castagna” uno ce l’ha oppure
non ce l’ha, il calciatore, l’attore, il tennista, chiunque agisca in singolo.
Poi ci sono le castagne, che anche queste non tutti hanno, ma sono meno
personalizzate e ingovernabili. Appese ai castagni, che sono alberi solidi, di
lunga lena.
L’albero non è difficile,
cresce un po’ ovunque. Ma non tutti I castagni fanno castagne buone, saporite.
E c’è che ce le ha, anche buone e saporite, ma non sa che farsene.
L’editore fiorentino Giunti e
“La Nazione” di Firenze regalano oggi un libro “Castagna”, redatto e pagato dalla
Unicop Firenze, che invece ne fa un tesoro. La castagna era “il pane
d’inverno”, duro e povero, la farina non lievitando. Ma facendo di necessità
virtù, or ache siamo in epoca di abbin danza, è diventata materia per una
dozzina di cucinati saporitissimi. Oltre che per i dolci noti, il castagnaccio,
i marrons glacés, le stesse
caldarroste. E, che non quasta, ornamento di alberi boscosi e frondosi, “monumentali” – e anche robusti e
semplici, non bisognosi di molta cura. Ma in Toscana. Che ne faceva, e ne fa,
una economia sostanziosa e di lunga durata, tutto l’autunno e fino a Natale,
dalla Apuane all’Appennino, da Pistoia a Marradi e all’Amiata.
Non ci sono invece quasi più
castagni, o sono abbandonati e inselvaggiti, in Calabria. Là dove erano il
paesaggio dominante fino a cinqnanta-sessant’anni fa, prima dello “svuluppo” o
“modernizzazione”, nelle Serre, alle balze tirreniche dell’Aspromonte. Tanti e
anche buoni, provvidi di marroni – con quelle di calibro piccolo venivano nutriti
i porci, che anche loro c’erano, utili nell’economia imvernale. Bisogna esere
stati poveri, anche molto poveri, come nella Toscana ancora all’epoca degli Asburgo-Lorena,
cioè fino all’unità, per diventare ricchi – saggi, intelligenti, accorti,
attivi. Il Sud si può anche dire un’occasione mancata, tuttora, tanti i vantaggi
con i quali partiva nella corsa alal modernizzazione, e alla ricchezza.
Mafia über alles
Si “celebra”, letteralmente,
Messina Denaro in morte, il “Corriere della sera”, “la Repubblica” hanno
cinque-sei pagine. Come per la regina Elisabetta. Per un malvivente di cui peraltro
tutto si sa, e il cui funerale non interessa a nessuno. Per qualche motive? Per
intronizzare la mafia. Con obbrobrio per il Sud.
Lo stesso avviene per
“Gomorra”, la serie Sky celebra ora il sesto anno di grande successo. Dei suoi personaggi
e dei loro misfatti più truculenti con più seguito e più entusiasta, di Roberto
Saviano compreso. È spettacolo, chen c’è da eccepire? La cosa è stata acclarata
agli inizi della saga, con “La piovra”, della Rai, emittente pubblica, otto stagioni
di ascolti record, mondiali, la consacrazione di Placido e Girone, con Florinda
Bolkan e Patricia Millardet – che faceva infuriare Craxi e il partito socialista
(che la Rai governavano….).
Il mercato è mercato, senza offesa
per nessuno? Ilproblema è del Sud, che non c’è sotto un tessuto connettivo
che si faccia scivolare addosso la mafiomania -
magari anzi ci guadagni sopra. Che la giustizia in Italia, specie a
Milano, Torino, Bologna, e il Ponente ligure tratti ogni impresa del Sud e anzi
ogni famiglia, di anche lontane origini meridionali, come nella “Piovra” o in “Gomorra”,
come una postazione mafiosa – la Dda di Ilde Boccassini a Milano ha un record spaventoso
in materia.
E poi, c’è pure una “Gomora” spettacolare che dà da
pensare, quella iniziale, di Matteo Garrone. Castelvetrano, ora percorsa in
lungo e in largo per trovare chi piange Messina Denaro, non era famosa per le
olive. E non inventò anche l’Uva Italia – un prodotto e un trademark miliardario, per il resto d’Italia?
Cronache
della differenza: Calabria
Gioia Tauro è un emporio ricchissimo, tutto vi trasuda
ricchezza – e coscienza della ricchezza: vi si trova tutto il nuovo e anche il
vecchio, in qualche modo recuperato, restaurato. Ma non se è in qualche misura
pubblico: il Comune (i maciapiedi, le strade, la pulizia), la sanità, anche la
scuola – si va ai licei a Palmi, a Taurianova, anche a Rosarno, che è molto più
piccolo, ma non a Gioia Tauro.
Il personaggio Alvaro del racconto dello stesso Alvaro
“Solitudine” (nella accolta “Il mare”), in viaggio verso la Germania, dopo il
Brennero decide di confrontare la neve bevendosi un goccio e, dice, “porsi il
primo bicchiere alla mia vicina, come si
usa fra di noi gente antica su certe linee di provincia…”. Con sorpresa della
donna: “Per me?”
Ma l’approccio, purtroppo, non ha un seguito. La donna
deve scendere a Monaco e il personaggio Alvaro decide di proseguire per
Berlino.
“Arrivano i potamesi”, e tutti si rinchiudono,
rinchudono panni e bestie, per non essere derubati. Col sorriso, Corrado Alvaro
non è tenero con I compaesani di San Luca, che chiama potamesi in ricordo
dell’antico nome e sito del paese. “Non sono gente cattiva”, insiste: “I
potamesi sono religiosi e fedeli, ma soltanto non distinguono tra la roba loro
e quella degli altri”. E rincara: “Perché chiamarli ladri?”
Detiene il record, probabilmente, della denatalità in
Italia. Nella fascia d’eta giovanile, tra i 15 e i 34 anni, registra nel 2022
oltre 92 mila abitanti in meno rispetto al 2913 – non tutti emigrati. Le sue
province sono ai primi post della denatalità: Cosenza è la quarta, con un calo
demografico nella classe 15-34 del 19,5 per cento, Catanzaro sesta, col 19,3, e
Reggio Calabria decima, col 18,8.
Sono morti a Reggio due giovani per problemi di cuore.
Subito le morti sono diventate “numerose”, quasi generazionali. E perché?
Perché si erano vaccinati contro il covid.
Una città che crede a tutto. Meno che a se stessa. Un
posto come Reggio, con la stessa geografia, lo stesso museo archeologico, e lo
stesso patrimonilo di specialità agricole, in mano agli olandesi sarebbe
indubbiamente la città più ricca al mondo.
“Anche la pelliccia «calabrese»”, nota Norman Douglas
al suol amico Orioli, “In viaggio per la Caabria”, “era un articolo commerciale
ben conosciuto”. Prima della Grande Guerra, quando Douglas fece il suo tour
“Old Calabria”. Già nel 1933 non lo era più.
Paul-Louis Courier, ufficiale
napoleonico in Calabria negli anni 1806-1807, fortemente combattuto dai
Massisti calabresi e dagli inglesi, scriveva il 12 settembre 1806 allo storico de
Sainte-Croix: “I raccolti costano poca cura; a queste terre solforose basta
poco concime, noi non riusciamo nemmeno a vendere il letame dei cavalli. Tutto
questo dà l’idea di una grande ricchezza”.
Nella stessa lettera Courier
continua: “Non riesco ad abituarmi a vedere i limoni nei giardini. E quest’aria profumata attorno a Reggio! Si
sente a due leghe al largo quando il vento soffia da terra”. Si sentiva ancora prima
dell’autostrada per Salerno. E anche dopo, viaggiando con i finestrini aperti.
Poi hanno “urbanizzato”. Hanno sostituito i giardini con case non finite su
strade polverose.
Non è una questione di
destino – né di Nord.
In viaggio nel 1933, Orioli,
l’editore-libraio fiorentino che ne tenne memoria in “In Viaggio”, si meravigla
delle tante stazioni ferroviarie a Reggio: “C’è Reggio Centrale, Reggio Marittimo,
Reggio Succursale, Reggio Cannitello, Reggio Pellaro, Reggio San Gregorio,
Reggio Santa Caterina, Reggio Bocale e magari anche delle altre”. Perché Reggio
non è una città ma un conglomerato di paesi: alcune di queste stazioni-paese le
ha inglobate, Pellaro, San Gtegorio, Santa Caterina, Bocale.
È stata afflitta per molti secoli
dalla mancanza di comuncazioni, di strade, uno dei pochi posti al momndo.
Ancora oggi la “distanza” tra paesi,anche finitimi, può esere grande. L’unico
posto al mondo dove l’antica strada roana, la via Popilia, si è perduta, non se
ne trova traccia.
Rilliet, svizzero,
medico al seguito di Ferdinando II in una sua randonnée militare per la Calabria, fa un’efficace sintesi storica
dei ritardi della Calabria, per quanto
amante, anche lui, del “colore”: “In ogni tempo ci sono stati banditi”, briganti,
concussori. E “mentre questi briganti saccheggiavano l’interno del paese, i
corsari turchi e i barbareschi depredavano le coste… È difficile farsi un’idea
della desolazione e dello stato miserevole di questo infelice paese”. Siamo alla
vigilia dell’unità d’Italia.
leuzzi@antiit.eu
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