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venerdì 29 settembre 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (539)

Giuseppe Leuzzi


“Ho dichiarato guerra ai piromani e loro hanno tentato di bruciarmi la casa”. Il presidente della Regione Calabria Occhiuto si limita a dire la verità, e a spiegarla minutamente, dove come l’incendio è stato appiccato. Un fatto sinistro, che come tale va indagato e punito, senza cupole né sistemi. “Quest’anno grazie ai droni abbiamo scoperto e identificato 160 tra piromani e incendiari. Molti sono stati arrestati, altri hanno avuto ammende di migliia di euro”. Non è difficile, basta reprimere i delitti, meglio se quando sono compiuti.
 
“La ‘nduja dello Yorkshire”. Gian Antonio Stella può prendere in giro il governo sovranista, con un ministero del “Made in Italy”, un ministero in inglese, che non protegge i prodotti tradizionali, neanche se certidicati, che hanno aperto un mercato con impegno e spese. Come la pizza è americana, così ora la ‘nduja è inglese - una delle “meraviglise esperienze culinarie della Lishman’s butchers and charcutiers”.
 
Le morti per droga censite nel 2022 in Europa sono 248 per ogni milione di abitanti in Scozia, 79 in Finlandia, 73 in Irlanda, 64 in Svezia, 8 in Italia. La Finlandia – in buona posizione anche quanto a suicidi, dopo la Lettonia - è da vari anni il paese più felice al mondo.
 
“Meliambro è un cognome che in Italia è presente in tre comuni della Calabria, mentre è portato da una cinquantina di persone in Nord America”. La rivista “7” del “Corriere della sera” lo annota illustrando Rocco Meliambro, “canadese di origini italiane”, come il “re” del mercato della cannabis legale in Canada, e dell’“impero pornhub”, il 12mo sito più visitato al mondo. L’emigrazione è una reincarnazione. Anche più prolifica – come un innesto risucito.
 
Bisogna essere stati poveri per diventare ricchi
La “castagna” uno ce l’ha oppure non ce l’ha, il calciatore, l’attore, il tennista, chiunque agisca in singolo. Poi ci sono le castagne, che anche queste non tutti hanno, ma sono meno personalizzate e ingovernabili. Appese ai castagni, che sono alberi solidi, di lunga lena.
L’albero non è difficile, cresce un po’ ovunque. Ma non tutti I castagni fanno castagne buone, saporite. E c’è che ce le ha, anche buone e saporite, ma non sa che farsene.
L’editore fiorentino Giunti e “La Nazione” di Firenze regalano oggi un libro “Castagna”, redatto e pagato dalla Unicop Firenze, che invece ne fa un tesoro. La castagna era “il pane d’inverno”, duro e povero, la farina non lievitando. Ma facendo di necessità virtù, or ache siamo in epoca di abbin danza, è diventata materia per una dozzina di cucinati saporitissimi. Oltre che per i dolci noti, il castagnaccio, i marrons glacés, le stesse caldarroste. E, che non quasta, ornamento di alberi boscosi e  frondosi, “monumentali” – e anche robusti e semplici, non bisognosi di molta cura. Ma in Toscana. Che ne faceva, e ne fa, una economia sostanziosa e di lunga durata, tutto l’autunno e fino a Natale, dalla Apuane all’Appennino, da Pistoia a Marradi e all’Amiata.
Non ci sono invece quasi più castagni, o sono abbandonati e inselvaggiti, in Calabria. Là dove erano il paesaggio dominante fino a cinqnanta-sessant’anni fa, prima dello “svuluppo” o “modernizzazione”, nelle Serre, alle balze tirreniche dell’Aspromonte. Tanti e anche buoni, provvidi di marroni – con quelle di calibro piccolo venivano nutriti i porci, che anche loro c’erano, utili nell’economia imvernale. Bisogna esere stati poveri, anche molto poveri, come nella Toscana ancora all’epoca degli Asburgo-Lorena, cioè fino all’unità, per diventare ricchi – saggi, intelligenti, accorti, attivi. Il Sud si può anche dire un’occasione mancata, tuttora, tanti i vantaggi con i quali partiva nella corsa alal modernizzazione, e alla ricchezza.
 
Mafia über alles
Si “celebra”, letteralmente, Messina Denaro in morte, il “Corriere della sera”, “la Repubblica” hanno cinque-sei pagine. Come per la regina Elisabetta. Per un malvivente di cui peraltro tutto si sa, e il cui funerale non interessa a nessuno. Per qualche motive? Per intronizzare la mafia. Con obbrobrio per il Sud.
Lo stesso avviene per “Gomorra”, la serie Sky celebra ora il sesto anno di grande successo. Dei suoi personaggi e dei loro misfatti più truculenti con più seguito e più entusiasta, di Roberto Saviano compreso. È spettacolo, chen c’è da eccepire? La cosa è stata acclarata agli inizi della saga, con “La piovra”, della Rai, emittente pubblica, otto stagioni di ascolti record, mondiali, la consacrazione di Placido e Girone, con Florinda Bolkan e Patricia Millardet – che faceva infuriare Craxi e il partito socialista (che la Rai governavano….).
Il mercato è mercato, senza offesa per nessuno? Ilproblema è del Sud, che non c’è sotto un tessuto    connettivo che si faccia scivolare addosso la mafiomania -  magari anzi ci guadagni sopra. Che la giustizia in Italia, specie a Milano, Torino, Bologna, e il Ponente ligure tratti ogni impresa del Sud e anzi ogni famiglia, di anche lontane origini meridionali, come nella “Piovra” o in “Gomorra”, come una postazione mafiosa – la Dda di Ilde Boccassini a Milano ha un record spaventoso in materia. 
E poi, c’è pure una “Gomora” spettacolare che dà da pensare, quella iniziale, di Matteo Garrone. Castelvetrano, ora percorsa in lungo e in largo per trovare chi piange Messina Denaro, non era famosa per le olive. E non inventò anche l’Uva Italia – un prodotto e un trademark miliardario, per il resto d’Italia?

Cronache della differenza: Calabria
Gioia Tauro è un emporio ricchissimo, tutto vi trasuda ricchezza – e coscienza della ricchezza: vi si trova tutto il nuovo e anche il vecchio, in qualche modo recuperato, restaurato. Ma non se è in qualche misura pubblico: il Comune (i maciapiedi, le strade, la pulizia), la sanità, anche la scuola – si va ai licei a Palmi, a Taurianova, anche a Rosarno, che è molto più piccolo, ma non a Gioia Tauro.
 
Il personaggio Alvaro del racconto dello stesso Alvaro “Solitudine” (nella accolta “Il mare”), in viaggio verso la Germania, dopo il Brennero decide di confrontare la neve bevendosi un goccio e, dice, “porsi il primo bicchiere alla  mia vicina, come si usa fra di noi gente antica su certe linee di provincia…”. Con sorpresa della donna: “Per me?”
Ma l’approccio, purtroppo, non ha un seguito. La donna deve scendere a Monaco e il personaggio Alvaro decide di proseguire per Berlino.
 
“Arrivano i potamesi”, e tutti si rinchiudono, rinchudono panni e bestie, per non essere derubati. Col sorriso, Corrado Alvaro non è tenero con I compaesani di San Luca, che chiama potamesi in ricordo dell’antico nome e sito del paese. “Non sono gente cattiva”, insiste: “I potamesi sono religiosi e fedeli, ma soltanto non distinguono tra la roba loro e quella degli altri”. E rincara: “Perché chiamarli ladri?”
 
Detiene il record, probabilmente, della denatalità in Italia. Nella fascia d’eta giovanile, tra i 15 e i 34 anni, registra nel 2022 oltre 92 mila abitanti in meno rispetto al 2913 – non tutti emigrati. Le sue province sono ai primi post della denatalità: Cosenza è la quarta, con un calo demografico nella classe 15-34 del 19,5 per cento, Catanzaro sesta, col 19,3, e Reggio Calabria decima, col 18,8.
 
Sono morti a Reggio due giovani per problemi di cuore. Subito le morti sono diventate “numerose”, quasi generazionali. E perché? Perché si erano vaccinati contro il covid.
Una città che crede a tutto. Meno che a se stessa. Un posto come Reggio, con la stessa geografia, lo stesso museo archeologico, e lo stesso patrimonilo di specialità agricole, in mano agli olandesi sarebbe indubbiamente la città più ricca al mondo.
 
“Anche la pelliccia «calabrese»”, nota Norman Douglas al suol amico Orioli, “In viaggio per la Caabria”, “era un articolo commerciale ben conosciuto”. Prima della Grande Guerra, quando Douglas fece il suo tour “Old Calabria”. Già nel 1933 non lo era più.
 
Paul-Louis Courier, ufficiale napoleonico in Calabria negli anni 1806-1807, fortemente combattuto dai Massisti calabresi e dagli inglesi, scriveva il 12 settembre 1806 allo storico de Sainte-Croix: “I raccolti costano poca cura; a queste terre solforose basta poco concime, noi non riusciamo nemmeno a vendere il letame dei cavalli. Tutto questo dà l’idea di una grande ricchezza”.
 
Nella stessa lettera Courier continua: “Non riesco ad abituarmi a vedere i limoni nei giardini. E  quest’aria profumata attorno a Reggio! Si sente a due leghe al largo quando il vento soffia da terra”. Si sentiva ancora prima dell’autostrada per Salerno. E anche dopo, viaggiando con i finestrini aperti. Poi hanno “urbanizzato”. Hanno sostituito i giardini con case non finite su strade polverose.
Non è una questione di destino – né di Nord.
 
In viaggio nel 1933, Orioli, l’editore-libraio fiorentino che ne tenne memoria in “In Viaggio”, si meravigla delle tante stazioni ferroviarie a Reggio: “C’è Reggio Centrale, Reggio Marittimo, Reggio Succursale, Reggio Cannitello, Reggio Pellaro, Reggio San Gregorio, Reggio Santa Caterina, Reggio Bocale e magari anche delle altre”. Perché Reggio non è una città ma un conglomerato di paesi: alcune di queste stazioni-paese le ha inglobate, Pellaro, San Gtegorio, Santa Caterina, Bocale.
 
È stata afflitta per molti secoli dalla mancanza di comuncazioni, di strade, uno dei pochi posti al momndo. Ancora oggi la “distanza” tra paesi,anche finitimi, può esere grande. L’unico posto al mondo dove l’antica strada roana, la via Popilia, si è perduta, non se ne trova traccia.
 
Rilliet, svizzero, medico al seguito di Ferdinando II in una sua randonnée militare per la Calabria, fa un’efficace sintesi storica dei ritardi della Calabria, per  quanto amante, anche lui, del “colore”: “In ogni tempo ci sono stati banditi”, briganti, concussori. E “mentre questi briganti saccheggiavano l’interno del paese, i corsari turchi e i barbareschi depredavano le coste… È difficile farsi un’idea della desolazione e dello stato miserevole di questo infelice paese”. Siamo alla vigilia dell’unità d’Italia.


leuzzi@antiit.eu

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