Della Russia con rispetto
Succede di incontrare, in città durante
l’anno e in estate negli spostamenti, al mare o in campagna o in montagna, in
casa o da amici o anche nei locali, clienti o serventi, donne per lo più e
uomini che in qualche modo si penserebbero astiosi verso la Russia, di
provenienza moldava, georgiana, bulgara, bielorussa etc, insomma dell’Est. Che
invece sono riservate, tutte. Perfino qualche ucraina. Con un fondo di rispetto
verso la Russia. Partecipi forse di quello che qualcuno ha anche detto,
qualcuna per la verità, ma giovane, e quindi si penserebbe senza memoria
storica: “Con la Russia si stava meglio”. Cioè col sistema sovietico, della
sanità, la scuola, il lavoro e un futuro garantiti. Mentre ora c’è la
possibilità d’inebriarsi alla luce del mercato, ma poi c’è tanta fatica. E
questa dura, mentre il mercato ha stufato.
Si è liquidato senza appello –
senza riesame - il sovietismo, la rivoluzione “socialista”. È vero che il
mercato produce più merci, ma è anche vero che è aggressivo, ogni giorno. E
questo pesa. Il riserbo è comprensibile: è gente che ha dovuto emigrare per
sopravvivere alle promesse care del mercato e mantenere la famiglia, figli,
genitori, vivere soli, imparare lingue straniere (il russo serve ancora come
lingua comune), lavorare a ore, molte ore al giorno. È comunque curiosa la
reticenza sulla Russia, che niente e nessuno obbliga a rispettare.
Il nazionalismo nei confronti
dell’imperialismo russo ha molte frecce. Ma la memoria sovietica non è ingrata,
o dell’impero russo pre-sovietico nel suo insieme. Comprese le assurdità dello
stalinismo, peraltro analizzate e digerite – il sovietismo non era il nazismo,
per la questione ebraica ma non solo: per la questione ebraica come di tutte le
nazionalità, rispettate e anzi promosse.
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