Destra e sinistra stile Ottocento
Un dibattito che si apre con una
curiosa notazione di De Masi, il curatore del volume: “Per la prima volta nell’Italia repubblicana,
tre partiti di destra hanno vinto le elezioni, stanno testando le loro
strategie e governando”. E Berlusconi? Trascurato è pure il mondo - non una
novità nella cultura italiana, ma qui è dirimente. In teoria non manca: alla
prima riga della presentazione, prima di cancellare Berlusconi, De Masi guarda al mondo, ma in
questi termini: “A livello internazionale, dopo più di trent’anni, una nuova
guerra fredda distanzia nuovamente l’Occidente dall’Oriente e rende
conflittuali i reciproci rapporti”. L’Occidente? Una riflessione sul concetto
sarebbe stata necessaria, parlando di destra e sinistra. Non c’è altro Occidente
che quello americano. E qui manca: manca l’imperialismo americano, che pure è manifesto. Da
ultimo con le propaggini islamiche, che poi si sono ribellate (Khomeini, Al
Qaeda, il Gis, e le “primavere arabe” o della Fratellanza Mussulmana) – nonché delle
“rivoluzioni colorate”, in Ucraina (arancione), Georgia (delle rose), Kirghizistan (dei tulipani). O la nuova guerra fredda in Ucraina, dopo quella contro il sovietismo, che
fu l’ultimo respiro dell’Europa. Mentre la riedizione nel
conflitto ucraino sanziona l’eclisse “storica” successiva dell’Europa, tecnologica, commerciale , militare
e, con la fine del socialismo, anche politica.
Manca pure l’economia. Cose anche semplici. È di destra il referendum sulla scala
mobile, che abbatté l’inflazione dal 23 al 3 per cento e difese i salari e i
vitalizi? È di sinistra la politica economica produttivistica di Biden? O la tassazione del risparmio, come è d’uso in
Italia? O, a proposito dell’assente Berlusconi, la riforma delle pensioni del
1994, il famoso “scalone”, che il presidente Scalfaro sabotò con tutto il governo,
che avrebbe allentato considerevolmente il nodo scorsoio del debito pubblico
(la riforma che ora tanta Macron) era di destra o di sinistra? È di sinistra il
rigore fiscale su retribuzioni e vitalizi, specie in tempi d’inflazione, e lo stillicidio
di “patrimonialine” sulla casa e sul risparmio? È di destra o di sinistra una
politica che riduce le risorse per le rendite e le amplia per la produzione? Ma
anche teoricamente: Marx sopravvive, fallito il combattentismo della “classe”,
dello Stato dei lavoratori, per il residuo hegelismo, cioè per il liberalismo
, che bene o male lo animava nel profondo, un’idea di liberazione e di libertà.
Il
libro nasce alla Scuola di cittadinanza del “Fatto Quotidiano”. La quale ha
promosso in tema un ciclo d’incontri settimanali, dal 29 gennaio al 2 aprile, in
un cinema centrale di Roma, il Farnese, ad accesso libero, ognuno articolato su
due “relatori di alto profilo”, che presentavano una relazione di trenta
minuti, e poi la discutevano con il pubblico per altrettanti minuti. E come è inevitabile
in questi forum, la materia finisce per trovare tutti d’accordo. De Masi, che
chiude la pubblicazione in parallelo con Veneziani, fa la storia della
felicità, da Eraclito a Valéry, Koyré, George Braque e Juan Gris, gli scontenti
del mondo qual è. Per poi trovarsi d’accordo col correlatore, corifero degli intellettuali
di destra – l’unica differenza è che De Masi è ottimista e Veneziani pessimista.
Sono più i punti interrogativi trascurati
che quelli a cui gli interventi rispondono. Che poi sono tre e tre: Dio,
Patria, Famiglia, e Libertà, Uguaglianza, Felicità. Che peraltro suonano, e
sono, categorie obsolete - ottocentesche.
Domenico De Masi (a cura di), Destra e sinistra, PaperFIRST-Il Fatto
Quotidiano, pp. 206 € 14
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