Giuseppe Leuzzi
La famiglia di Inès Cagnati (v. sotto, “La donne del
Nord”) è una delle tante, venete e romagnole, centinaia di migliaia, che hanno
bonificato per Mussolini, morendo di malaria, l’agro romano, e anche le paludi
pietrose del Sud-Ovest della Francia, dove pure erano disprezzati, e senza l’ausilio di una Opera Bonifica –
qualche ruspa. Non molto temp fa, tre le due guerre, meno di un secolo. Un
altro motivo per dire il Nord ora ricco perché era povero, e il Sud povero
perché era ricco, favorito dalla natura – è, era, vita grama nella Padania, che
tanto si magnifica.
L’ex ministro leghista Castelli
lascia la Lega perché “con Salvini c’è
stata una deriva meridionalista”. Non è vero: al Sud Salvini Premier ha avuto
nel 2022 un quinto\un sesto del voto ottenuto al Nord, dal Piemonte al Friuli e
alla Romagna. Ma per il lecchese Castelli non basta. Si continua a sottostimare
la Lega.
“Non so perché i contadini
aragonesi trattano bene i loro muli ma in modo indecente i loro asini. Se un asino
non si muoveva era piuttosto normale dargli un calcio nei testicoli”. Orwell se
lo chiede in “Omaggio alla Catalogna”, il racconto della sua disillusione da
volontario nella Guerra di Spagna. Ci si chiede spesso dov’è l’eredità
aragonese al Sud. Al tempo degli asini evidentemente c’era.
La “donna del Sud” il padre
di Corrado Alvaro lodava, dice lo scrittore in “Memoria e vita”, “con un
linguaggio aperto, fiorito”. Ed “esse
«si spaccavano dalle risa», come egli diceva” – “non c’era che lui a saper fare
ridere le donne più bisbetiche come sanno essere bisbetiche e virili le donne
da noi”.
Agosto capo d’inverno
Agosto è “capu d’‘nvernu”
nella (vecchia) sapienza calabrese – e siciliana: “Austu e riustu, capu ri
‘mmernu”, agosto e ferragosto capo d’inverno. Sembra bizzarro, soprattutto
dopo la siccità prolungata e la grande
calura di questa estate, ma Corrado Alvaro ne sottolineava la proprietà in una
nota, “Agosto”, pubblicata su “L’Approdo” invernale, il n.1, gennaio-febbraio
1952: “Agosto, capo d’inverno, dice il proverbio”, per la luce declinante: “C’è
un tratto rosato e turchino al tramonto. Il sole pare illuminare la terra di
striscio”. Per le prime piogge: “Le nubi si sono schierate sui monti. Scompaiono, riappaiono. Pioverà, sospira la
città”. Per il senso del tempo: “È il mese che si fugge e che si cerca. È l’estate
piena, e già declina. I giorni sono più brevi, altrimenti i campi arsi non
potrebbero sopportare più a lungo il sole. Al mattino le piante sono rinfrancate e vegetano
buttando i getti nuovi. Spuntano nell’arsura nuovamente i fiorellini semplici.
È la rugiada che scende provvidenziale nella notte…”. Per la filosofia inevitabile
della vita. “È il gran mese, che sembra interminabile ma che lascia il dubbio
di non avere profittato abbastanza dei suoi frutti che ormai ci sono tutti
quanti, dalla pesca all’uva e alla nocciola. È il mese pieno e ricco”. Per tutti:
“Anche per i più poveri c’è da mangiare. Nel sud le siepi offrono un frutto al
passante, il ficodindia”. Anche ora – quest’anno in ritardo, a settembre.
La donna del Nord
Inès Cagnati, la scrittrice
francese che ha raccontato la vita grama della famiglia di origine, figlia di immigrati poveri, due braccianti, lui, Ruggero,
di Refrontolo (Treviso), e lei, Teresina, di Vicenza, emigrati in Francia, nella
regione arida e paludosa del Sud-Ovest, con cinque figlie, ricorda anche una
legione di zie, tutte secche e vestite di nero: “Ognuna di noi ha una zia per madrina.
Potrebbe essere divertente se le mie zie non fossero tutte vestite di nero da
quando le conosco e se non si avesse questa impressione di essere
accompagnate da fantasmi neri”.
La narratrice non se ne fa una ragione : “Trovo molto
triste di essere stata battezzata così. La mamma dice che non si poteva fare
altrimenti, che tutte le zie zie sono così e non c’è niente da fare, ed è
vero”. Tanto più deprimente in
quanto “le nostre madrine non ci offrono mai niente.
Alla madre, che “adora i romanzi
d’amore”, glieli presta la zia Gina. “Perché anch’essa li adora, ed è strano
perché la zia Gina è sempre secca e vestita di nero. È spaventosa a vedere. Tutte
le mie zie sono così, e io ne ho molte. A vederle tutte insieme si penserebbero
un esercito immobile di ceri in lutto. Anche i cani se ne accorgono”. Un giorno
che vennero a casa tutte insieme il cane si è gettato davanti alla porta di
casa, e là, la testa ritta verso il cielo, le zampe tese, ha cominciato urlare a
morte….”.
Il Nostos rivisitato
Nel testo tanto seminale
quanto trascurato, “Memoria e vita”, la ventina di pagine messe giù nel 1942,
alla morte del padre, Corrado Alvaro fa, oltre che il quadro di una società
locale, il suo paese di origine, San Luca, a fine Ottocento e cinquant’anni dopo,
anche un ripensamento dell’emigrazione, e del “ritorno”, il nostos. Che più diretto spiega nel
componimento poetico che accompagna la memoria, “Il viaggio”: “Sono tornato al
mio paese\ e ho ritrovato tutto come prima”, ma come morto, “tutto era fisso,
era bianco\ e sorridente nella morte”. Ci trova anche l’inimicizia, e l’invidia
– si è brindato vent’anni prima al suicidio del fratello: “I figli simili ai
padri\ e i padri simili ai nonni.\ Ma erano molto meno allegri\ e molto meno
felici,\ e molto più poveri\ e molto meno amici”.
Anche il padre ultimamente lo guardava con sospetto:
“Quanto a me non mi capiva più, e disse una volta che non sembravo nato nel
nostro paese” – “Memoria e vita”.
Cronache della differenza: Napoli
La Procura di Napoli è la più
grande d’Europa, 9 aggiunti e 102 sostituti. Non la maggiore popolazione da
servire, 1,4 milioni – la Procura di Milano ne serve il doppio, quella di Roma
quasi tre volte tanto. La più grande zona criminale d’Europa? Il più grande
impieghificio? Il nuovo Procuratore Capo Gratteri ha esordito dicendo che non tollera
colleghi che arrivano in ufficio alle 10 di mattina, o che arrivino martedì
mattina e se ne vadano giovedì pomeriggio, in barca.
Il giudice Gratteri è
calabrese. E un Procuratore Capo calabrese a Napoli non depone bene – col
precedente, il giudice Cordova, altro candidato residuo alla Procura Nazionale
Antimafia come Gratteri, finì a rissa. Napoli non apprezza la Calabria sotto nessun
punto di vista, e nemmeno la Calabria Napoli. Sarà stato per questo che la
Calabria era l’area più desertificata del Regno di Napoli o delle Due Sicilie.
Per portare Maradona a
Napoli, tredici miliardi di lire, il presidente del club Ferlaino tempestò e
ottenne la fidejussione dal Banco di Napoili. Poi il presidente del Banco
Ventriglia ci ripensò, “perché in città c’era stata una sollevazione popolare”,
contro lo spreco.
Ma Ferlaino fu “più lesto”,
spiega a Monica Scozzafava sul “Corriere della sera”. Corse in banca, prese la fidejussione
e lasciò Napoli. La protesta però “costò il licenziamento della persona che materialmente
mi aveva consegnato il documento”. Quando si dice il destino.
La città ha entusiasmi non
prevedibili.
250 nuovi vigili urbani,
assunti all’inizio dell’anno, hanno dovuto comprarsi la divisa, perché il Comune non ha ancora avuto il tempo di fare
la gara d’appalto. Questa è una notizia. Un’altra è che la divisa è costata 70
euro, tutto, panno, fodera, fili e manodopera.
Si celebra per qualche ricorrenza
il ricordo del batiscafo “Trieste”, che per alcun decenni gli scienziati francesi Piccard, padre e figlio,
usarono per esplorare gli oceani ad altissime profondità. Un gioiello che vollero
costruito, negli anni 1950, a Castellammare di Stabia, La Campania ha una nobiltà
metalmeccanica – ora perpetuata
dall’avionica – di cui si parla poco nelle polemiche Sud-Nord. Napoli,
il napoletano, si vogliono magniloquenti – “magnogreci”, come disse l’Avvocato Agnelli
di De Mita. La capacità di “riparare ogni cosa”, che il filosofo tedesco
Sohn-Rethel gli riconosceva, non li appassiona. I cinesi invece ci hanno
costruito un impero, ricchissimo, in pochi anni.
“A metà ‘800 Gragnano vantava
100 pastifici che producevano oltre 1.000 quintali di pasta al giorno”. Unità
funesta?
“Nel 1800 a Gragnano anche
la larghezza delle strade e l’altezza dei palazzi erano studiati per favorire
l’essiccazione ottimale della pasta”.
Tutto a Napoli “esplode”, e
quindi “esplode la protesta” nei titoli in tv e nei giornali anche per il
reddito di cittadinanza, di cui la città e viciniori sono stati beneficiari
massimi. Ma 500 in piazza, benché mobilitati da Cgil e Pd, non sono grandi
numeri. Nei confronti del grillesco reddito di cittadinanza la città si può dire
riflessiva – ci sono limiti alla stupidità.
Sono invece “solo 200 al
corteo per Caivano”, contro le reiterate violenze sulle due cuginette di 13 e
10 anni. Quelli delle associazioni e i centri di solidarietà contro la violenza
sulle donne. E il grande cuore?
“La Campania Felix della
maturità”: il diplomificio d’Italia.
Delle licenze liceali. Con corsi anche accelerate,
quattro anni invece di cinque. Basta iscriversi a uno dei 90 e più licei parificati
di Napoli e provincia. La “cintura di Napoli”, lo 0,4 per cento della
superficie nazionale, concentra il 50 per cento dei diplomifici italiani, 46
istituti private.
La scuola come business. Ma sempre con la fissa della
“copia”, invece di un lavoro ben fatto, a proprio nome.
Si parlava “napoletano” nel Regno.
Rilliet, il medico svizzero che raccontò una spedizione militare di Ferdinando
II in Calabria nel 1851, nota degli albanesi che incontra la loro “lingua
particolare”, senza “nessuna analogia con il napoletano, che gli abitanti parlano
eccezionalmente quando si trovano con uno straniero”.
leuzzi@antiit.eu
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