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Il vero parlato dei semplici, uno spasso
Un racconto fuori tema, o fuori schema – si direbbe eccezionale. È la storia del tuttofare un po’ scemo di una casa d’appuntamenti a Roma, che racconta le sue giornate. Come e quando fa la spesa per la signora e per le ragazze, o le accompagna con gli “auti” agli appuntamenti, un paio di volte alle Acque Albule, per cui nell’attesa visita la villa Adriana, che gli apre un garbuglio di deduzioni su ciò che è e ciò che non è (fra attribuzioni, ricostruzioni, descrizioni del libro, la guida, subito poi smentite o ridotte a ipotesi), e ha un idillio all’ospedale con una delle ragazze, che si è “sparata” quando l’amica con cui conviveva l’ha lasciata. La storia di un linguaggio ordinario, così come si pratica giorno per giorno, fratto, ripetitivo, mugugnato per lo più, scurrile senza esserlo.
La vita quotidiana del “Professore”, un semplice, al servizio di donne non più complicate di lui, in una casa di via Sallustiana, zona Trinità dei Monti, la bellezza nel suo fulgore. Ma senza slanci, di bellezza o signorilità, o ricchezza: il mondo grigio della piccola gente. Della prostituzione che non è, non si riconosce, non se ne parla. Nella lingua di tutti i giorni: un romanesco in cui ognuno si riconosce - che non è quello contemporaneo di Pasolini, e neppure di Gadda, e nemmeno del Belli, anche lui erudito, molto.
L’edizione Avagliano, una ripresa quasi filologica, è seguita da una nota al testo corposa, di Domenico Scarpa – un omaggio “a Franco Lucentini per i suoi ottant’anni”, nel 2000. Che lo vuole un racconto “tragicamente comico”. Tragicamente? Ma è vero che il risvolto alla prima edizione rimandava a Beckett, alle “monologanti larve di un Beckett”. Scarpa fa grande caso della filosofia che sta dietro il binomio F&L, e specie dietro Lucentini – di cui sottolinea una sorta di ruolo-guida all’interno della “ditta”, per un fondo filosofico costante. Dal suo proprio “Compagni sconosciuti” alle coproduzioni “L’idraulico non verrà”, “A che punto è la notte”. “La cosa in sé”, “L’amante senza fissa dimora”, “Enigma in luogo di mare” – e va aggiunto “Il significato dell’esistenza”. Basandosi soprattutto sui versi di “L’idraulico non verrà”, la parte di Lucentini, le tredici stanze di un Libro I di un poema intitolato “Epigrafica e metafisica”. Un poema di cui non si hanno i libri successivi, ma d’impostazione chiara, per Scarpa, da “Lucrezio trasognato”, col disordine crescente e la morte termica dell’universo. “Ritroveremo questa desolata visione del mondo”, insiste Scarpa, “nelle teorie gnostiche sulle quali è impalcato il romanzo più ambizioso di F&L, ‘A che punto è la notte’” - e qui bisognerebbe citare, con la gnosi, Evola più che Lucrezio, una sorta di esoterismo ragionato. Ma questo “Notizie dagli scavi“ non sembra collimare, se non per il titolo. Bisogna dirlo un racconto-romanzo sfuggito di mano, di vita propria, indipendente e contro l’autore, contro il progetto? Ma Lucentini è forse più di Fruttero lieve, anche nella filosofia - e malgrado il suicidio finale.
È il racconto - “romanzo” lo vuole l’edizione Scarpa-Avagliano – più fortunato di Lucentini. Nel 1964, in prima edizione, titolava una ripresa Feltrinelli di tre racconti, con “I compagni sconosciuti”, già uscito nei “Gettoni” Einaudi, e “La porta”, già pubblicato su “Nuovi Argomenti”. La stessa raccolta è stata ripubblicata nel 1973 da Mondadori, dove F&L erano passati intanto a lavorare, con una lunga prefazione di Fruttero, intitolata “Ritratto dell’artista come anima bella” – una “vita di Plutarco” secondo Citati, di cui lo stesso Fruttero racconterà le peripezie su “La Stampa”, 2 ottobre 1973 (“La prefazione”, occhiello “F. senz L.”).
Nella breve premessa alla prima edizione, 1964, Lucentini parlava di “un filo di autobiografia ideale”. Di una malinconia che c’è, anche molto evidente, negli altri due racconti, ma non in questo, dove si ride: difficile immettervi il racconto del titolo, questo, se non per il gusto mistilinguistico. Qui primario, ridotto alla balbuzie essenziale, ma per questo tanto più pregnante. Scarpa ci vede un progetto filosofico, “una metafisica”, del “professore che intuisce la vanità delle nozioni di tempo e di realtà, e ne approfitta per cominciare a vivere”. Ma è difficile leggere il racconto in questa chiave. E poi, che gusto ci sarebbe?
È comunque un hapax della letteratura, e della letteratura come linguaggio: la testimonianza-scoperta della lingua vera dei poveri veri, di spirito. In anni di sperimentazione linguistica d’invenzione, una sorta di contro-sperimentazione, del sensibile o significativo inarticolato. Di uno scrittore che di linguaggi viveva, scout letterario a Parigi delle letterature di tutta Europa, ferrato traduttore da sette lingue. Ma ai margini del mainstream letterario, mancando di impegno politico, o della piccola socialità romana. Una situazione e un personaggio tanto ovvi quanto eccezionali, per questa lingua “smozzicata”, parlata senza futuro. Con una ironica pubblicità occulta a “Urania” e al “Giallo Mondadori” che F&L in quegli anni curavano.
Franco Lucentini, Notizie dagli scavi, Avagliano, pp. 109 € 7,20
Oscar, pp. 96 € 11
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