giovedì 28 settembre 2023

La Francia non è più in Africa

Il Niger dopo il Mali e il Burkhina Faso: la Francia di Macron viene espulsa dalle giunte militari. Viene espulsa la sua presenza militare – in Mali peraltro determinante per bloccare l’offensiva jihadista, anche se non è stata un’operazione brillante. È un esito che Macron ritiene necessario, la Francia non potendosi permettere una presenza militare importante in Africa. Ha provato, dal 2019, a compartirla con gli Stati Uniti e con i partner europei (tra essi l’Italia, per quanto concerne il Niger, limitando il Niger col Fezzan, cioè con la Libia), in una serie di conferenze e accordi. Senza riuscire a stabilizzare la regione.
Ma è un ritiro in linea con le insofferenze locali. L’ultimo golpe militare, nel Niger, si è caratterizzato per essere anti-francese. Non è l’unico, ed è un rifiuto di lunga tendenza, storico: la fine della collaborazione militare segue lo stato comatoso della francofonia. Molti paesi, tra cui la Tunisia e l’Algeria, hanno abbandonato o intendono abbandonare il francese come lingua veicolare, anche se ciò si configura come una perdita. In molti Stati dellAfrica occidentale, dove il francese è la lingua ufficiale, specie nei più alfabetizzati, Senegal e Benin, è sempre meno praticato e anche poco conosciuto. Nel Nord Africa si impone l’arabo.
L’Organizzazione Internazionale della Fracofonia, che conta 88 paesi, si è riunita a Djerba, in Tunisia, l’anno scorso, con larga partecipazione di statisti, da Macron a Trudeau, ed è presentato come un sucecesso diplomatico dell’organizzatore, il presidente-dittarore della Tunisia Saied, ma la Tunisia ha abbandonato da decenni la scuola e la pratica del frabese. L’integrazione nell’area araba e nell’anglofonia è la scelta quasi ovunque.

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