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L’immigrazione non è questione di polizia
“L’immigrazione
al centro del dibattito politico”, apriva ieri “Le Monde”, un titolo a tutta
pagina, a caratteri di scatola. Il presidente della Repubblica Macron ha annunciato
una revisione delle leggi in materia. L’immigrazione in Francia, che da più
tempo, sono quasi due secoli, e su scala incomparabilmente maggiore degli altri
paesi europei ha sperimentato l’immigrazione di massa, l’esodo dall’Africa è
un fatto che va studiato e risolto. Lo stesso giorno, o il giorno dopo, che la
Germania, altro paese a forte e sperimentata immigrazione, notifica all’Italia,
in tutta amicizia, che non riceverà più immigrati cui la burocrazia italiana
abbia riconosciuto l’asilo politico o per motivi umanitari.
Il
sottinteso del no tedesco, e della stretta che si annuncia in Francia, è che l’Italia,
come paese di primo approdo, non è affidabile. Non solo nella concessione dell’asilo.
I migranti economici, che sono la stragrande maggioranza, non vengono espulsi, per
le lungaggini giudiziarie (i giudici dell’immigrazione sono come quelli degli affitti
bloccati, che per venticinque o trent’anni non hanno mai aperto un dossier). E
la vigilanza sugli indesiderati è lasca, cioè assente: una volta sbarcati in
Italia, c’è libertà di movimento per tutta l’Europa oltralpe.
L’immigrazione
è un problema serio. In Italia sotterrato sotto le cronache isteriche da
Lampedusa, dell’hotspot, che non si sa cosa sia, che passa da 10 a 10 mila immigrati
in un giorno – e degli inevitabili naufragi, veri o presunti. O sotto i blocchi alle
navi di soccorso ong – divieto che i trafficanti pronti bypassano mandando
direttamente a Lampedusa flotte di barchini, invece dei comodi trasbordi sulle
navi ong al limite delle acque territoriali libiche o tunisine.
Non si conosce l’Africa,
che sta a un passo, e che pure molti europei frequentano. La politica è
ignorante. La diplomazia inerte. La stampa d’informazione non si fa più. E gli
studiosi si danno a occupazioni comode, repertoriare le specie floreali o animali, le tribù e le "lingue", anche i tesori scomparsi dell’Ashanti – l’Africa non rifiuta mai una storia che
vi piaccia. Un mondo dove non ci sono, o sono rari, i regimi politici elettivi,
e dove sono elettivi sono a partito più o meno unico, senza libertà di espressione. Dove la corruzione e, tra virgolette, normale. Tutta l’Africa, più o meno, è eleggibile per l’asilo, ma allora questo non è più
un criterio.
Non ci dice nulla
dell’Africa nemmeno la chiesa, e questo è assurdo. Perché la chiesa sa tutto dai
vescovi, che in Africa ha numerosi, e dalle sue organizzazioni umanitarie, ex missionarie.
Fare le anime belle e proclamare l’obbligo di accoglienza certamente non basta
più a salvare l’anima - l’accoglienza è un business, per quanto miserevole. E non fa più buona impressione.
Non si conosce
nulla, dopo un quarto di secolo, del traffico, che è organizzato. Sia in Africa,
nell’arruolamento e nelle lunghe traversate fino al Mediterraneo, e poi negli
imbarchi, sia in Italia. Dove molti sbarcati possono dileguarsi. Né i servizi
italiani né quelli di altri paesi dopo un quarto di secolo di tratta dei
migranti hanno provato a fare luce.
Dopo
l’hotspot di Lampedusa la frase fatta è il deficit demografico. Che c’è, ma non
si colma a caso. I flussi si programmano, impossibile non è: lo ha fatto la
Germania, con i turchi e gli ex jugoslavi prima, poi con i siriani, gli
iracheni e gli iraniani. L’Italia ha avuto i filippini, i rumeni, gli albanesi,
i marocchini, le ucraine. Ma forse non lo sa nemmeno, non ci fa caso. Si è
fatta una legge striminzita, vent'anni fa, la Bossi Fini, una legge di polizia,
che non le garantisce nessun apporto utile, e quello utile, per esempio i nati
in Italia e scolarizzati, li rifiuta – con la polizia non si governa l’immigrazione,
come si fa a pensarlo?
A Bruxelles e
Strasburgo è perfino peggio. Una settimana fa il “ministro degli Esteri” Josep
Borrell ha scritto al suo collega per l’Allargamento e la Politica di Vicinato
Vàrhelyi contro i “documenti d’intesa” singoli a protezione dall’immigrazione selvaggia con
i Paesi nordafricani, perché il regolamento dice che vanno ratificati dalla
Commissione Ue in seduta plenaria e all’unanimità. In chiaro: non dare i 100
milioni promessi al “dittatore della Tunisia” con il memorandum sottoscritto a
Tunisi da Meloni, von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte. Borrell è un
catalano di nazionalità argentina, quindi può non sapere: ma qualcuno gli avrà
detto che in Africa è impossibile non trovare “dittatori”.
Borrell pretende di
parlare da socialista, e in questo senso ha ragione – spiega perché i socialisti,
che un tempo sapevano come va il mondo, gestiscono ora in Europa la scomparsa,
la propria. Martedì Iratxe Garcia, capogruppo dei Socialisti e Democratici al
Parlamento europeo, ha chiesto la sospensione immediata dell’accordo – “esternalizzare
la gestione della migrazione è un errore politico”. Come se si potesse “internalizzarla”.
Il giorno dopo centinaia di “barchini” dalla Tunisia hanno depositato a
Lampedusa diecimila migranti. Così Elly Schlein ha potuto commentare: “Pagare i
dittatori per tentare di bloccare i flussi non blocca i flussi” - la solita battuta da social. I socialisti governano a Bruxelles e a Strasburgo con i Popolari, si capisce che i popolari cerchino un accordo con i conservatori - con Meloni (Orban è un popolare).
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