L’inflazione che non c’è
La frutta costa, è costata questa
estate, due volte il prezzo dell’anno scorso, anche due volte e mezza. I pomodori,
introvabili (quelli di stagione) nel loro mese, agost, una volta e mezza-due.
Tutto costa molto di più - la benzina si sa, e le bollette, tutti i generi di
prima necessità, e tutti i servizi, dal bar alla trattoria. Ben più del pallido
6-7-8 per cento di carovita che l’Istat s’ingegna di certificare. E l’effetto si
vede nel pil, che ha già denunciato un calo nel secondo trimestre, e un altro
calo si prevede registrerà nel trimestre in corso. Senza altro motivo che il calo
dei consumi. Le esportazioni tirano, l’Italia vanta un surplus record fra i paesi
industriali. La produzione pure, al netto del quasi abbandono delle fabbriche
italiane da parte della ex Fiat. I consumi si sono ridotti e continuano a
ridursi.
Perché non se ne parla? Perché
non si adottano politiche di rilancio dei consumi – che non siano le grida di prezzi
bloccati? Perché non in Italia (uno sguardo comparato sugli altri paesi, dagli Stati
Uniti in giù, rivela un dibatito quotidiano, attivo, su inflazione, cause e
rimedi)?
Un po’ è l’indigenza dell’opinione
pubblica, dei mezzi d’informazione. Ma soptrattuto pesa l’indigenza del
dibattito politico. In senso alto, dei sindacati oltre che dei partiti, e degli
intellettuali, gli economisti, gli opinionisti: è come se l’Italia vivesse nell’acquario.
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