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Polanski fa la festa al Millennio
Una
celebrazione di Fine Millennio ritardata ma di gran lusso. Al Palace Hotel di
Gstaad. Un lusso da pazzi, i convenuti di Polanski fanno a gara negli
spropositi: Mickey Rourke gonfiato dalla chirurgia plastica, o Sydne Rome, John
Cleese e Barbareschi, una Fanny Ardant spiritosamente in maschera, per una volta nel genere grottesco. Mostra anche la Russia, sempre eccessiva, anche nella violenza, con il cameo documentario di Yeltsin che lascia il potere, al giovane Putin, che promette rigore e libertà.
Un
addio tronfio e stupido al Novecento e al Millennio - che invece ci ritroviamo, e nel
nostro piccolo pratichiamo, senza soluzione di continuità. Non è piaciuto ai
critici (perché prodotto da Barbareschi? oggi in prima visione, veniva
presentato stamani con “voto del pubblico” mediocre, due-tre stelle su cinque),
ma è un godimento. Perché “non sembra” un film di Polanski? È un film di
Polanski, che è sempre stato irriverente, verso tutte le storie e le realtà che
filmava, anche le più serie. Per una filosofia che non si saprebbe contraddire:
è sempre la stessa storia, di passioni e idiozie, più o meno avvertite, e
camuffate. L’arte compresa, Polanski è il regista dell’ironia nell’arte,
dell’arte che non presume di se stessa, che qui, forse più che negli altri suoi film, porta alla caricatura.
Uno
sberleffo irriverente e simpatico di Polanski novantenne al cinema, che è illusione. Alla ricchezza, che non sa vivere. Sceneggiato con Jerzy Skolimowski, 85
anni, col quale aveva fatto il suo primo film, sessant’anni fa, “Il coltello nell’acqua”.
Roman
Polanski, The Palace
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