sabato 9 settembre 2023

Secondi pensieri - 522

zeulig


Confine –Ridotto a segno tipografico, è la nozione probabilmente più curiosa dell’essere umano,  dell’essere in generale. Che per essere ha bisogno di un confine – di un limite, di una delimitazione-definizione. Dovrebbe essere estraneo alla concezione del mondo come a sé stante, da big bang a big bang, qualcosa che si moltiplica - s’incrementa o semplicemente muta - senza sosta, avendo l’illimitatezza come suo distintivo, il vecchio panteismo, e invece è ad esso connaturato.
Kant distingue tra limite e confine. Si possono superare i confini, questo è il proprio degli esseri viventi, specie degli umani, che lavorano al progresso – miglioramento degli assetti “naturali” (preordinati, precedenti).  Ma nella creatività, la sperimentazione di nuovi possibili, è necessario che vi siano dei limiti. Che i possibili cioè siano delimitati da presupposti – che non siano distruttivi, che non siano violenti o immorali.  
Heidegger argomenta al contrario, che nel limite l’essere prende senso. Ma è un sofisma: non si vede perché l’essere dovrebbe essere limitato, oppure limitarsi. In questa direzione semmai prende senso come spazio di libertà, come inveramento della nozione di libertà. Che non può essere illimitata e anzi il confine o il limite lo necessita, altrimenti è distruttiva. Cioè il contrario della libertà, che non si vuole aggressiva – la libertà è relativa, in rapporto ad altre entità.

 
Il concetto del possibile è un’esercitazione ininterrotta, e il fondamento dello sviluppo umano – delle conoscenze, delle possibilità. Un confine elastico, teoricamente all’infinito, ma necessario, per il bisogno di una continua revisione-riscontro. Ogni previsione è un’esercitazione del possibile, cioè dei limiti della realtà.
 
La limitatezza si direbbe semmai il fondamento del creato, di un mondo nato e non auto propulsivo. Nato, per autocombustione o per direttiva, con delle regole, fisiche, fisiologiche, logiche. Un caso sono, da cinquant’anni a questa parte, le tante analisi sui limiti necessari alla crescita economica e sui limiti (vincoli) della natura: non tutto è permesso, non tutto è possibile. Il limite incorporando nel nuovo concetto della sostenibilità. Ma sempre c’è stato un calcolo del possibile. Prova ne sia, in sociopolitica ma anche in logica, l’esigenza di limiti per un governo corretto del mondo – limiti al potere. L’esigenza della legge, che è il governo dei limiti - misura e sanzione del possibile. 
 
È un esercizio di fine tuning. Di conoscenza o comprensione dei fenomeni e di giudizio critico – di decisioni accorte, di mezzi cioè indirizzati al fine voluto, una scelta tra varie opzioni, più o meno limitate. È la misura. Di cui si rileva la mansione oggi con facilità, nella contemporaneità, tra mercato (“arricchitevi”, accumulate) , consumi, e diritti. Che si presenta come una forma, un’epoca, di iperindividualismo, ed è invece grettezza, limitatezza, per mancanza di senso del limite – il limite, paradossalmente, acuisce l’intelligenza del mondo, la disposizione e la capacità di comprendere.
 
Libertà – Funziona come la conoscenza in Kant, limitata. La mente organizza attraverso le categorie l’esperienza sensoriale, ma la classificazione è necessariamente limitata (come la scienza), non permette di conoscere il reale in se stesso – il reale è il nostro reale, a mano a mano che la percezione del reale a sé stante procede.
“Le forme elementari della vita religiosa” di Durkheim vede la libertà sorgere con i tabù, con i limiti alla disponibilità perfino alla conoscenza (analisi). Tabù-limiti che Simmel può dire condizionanti per l’esistenza di una società, in quanto la caratterizza e insieme la delimita, la contorna. All’esterno ma anche all’interno, come funzionamento – molta sociologia è stata all’opera in tal senso, da Max Weber a Talcott Parsons.
 
In epoca di presunta massima libertà il “Corriere della sera”-Milano sente il bisogno di una tre giorni di riflessioni e spettacoli in tema. Partendo da un supplemento di ben 56 pagine di giornale. Dove però non sembra ci sia molto. Barbara Stefanelli apre ammonendo che “in tempi di incertezza ci si illude di poter essere liberi in solitudine. E invece la libertà si definisce insieme nel confronto”. Ma le storie del festival sono di solitudini orgogliose, e di successi più o meno artistici, compresi gli-le influencer, che invece sono pressioni commerciali camuffate –adeguate alla comunicazione via social.

Mefistofele – “Come l’etimologia stessa suggerisce è il Portatore di Luce, il benefattore dell’intelligenza e del sapere”, Quirino Principe, “La musica è una cura senza farmaci”, intervista con Antonio Gnoli sul “Robinson” 19 agosto – “Lucifero ha insegnato a disobbedire a chi ci vietava di cogliere i frutti della conoscenza”. Bene, si sapeva. Lucifero “ha anche altri nomi: Dioniso, Prometeo, Thot”. Bene anche questo. Ma, chiede  Principe al suo intervistatore, “Le sembra giusto che Dio ci privi del nostro diritto alla pur minima parvenza di felicità concedendoci in cambio soltanto una beata ebetudine nell’al di là”? Una “parvenza di felicità” quale sarebbe la conoscenza.
Ma è Dio, o il Dio della Bibbia? Ha altri nomi, altri modi di essere.
 
Specchio – Come spettacolo, spectaculum, e speculazione? “C’è molta affinità tra lo spectaculum e lo speculum”, Quirino Principe nell’intervista succitata: “L’essere rappresentato in uno spettacolo è affine alle forme che ci appaiono in uno specchio, e ciascuna di quelle forme è una parvenza, un fantasma, uno spectrum”.

zeulig@antiit.eu

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