Un paese di pastori nel primo Novecento, e il padre di Alvaro
Nel 1942, in ricordo del padre
venuto a morire che aveva costruito per lui “un futuro da
poeta”, e quindi non ne apprezzava l’opera, benché di successo, Corrado Alvaro mise
assieme un volume, con le “Poesie in
grigioverde (1914-1916)”, già pubblicate nel 1917, più 25 liriche sparse degli
anni successive, 1917-1921, di persone e cose di famiglia e di paese, e il
poemetto dell’anno precedente che dà il
titolo al volume. Ma, soprattutto, assortì la raccolta di un lungo ricordo del
padre, “Memoria e vita”, con la famiglia, la madre, il nonno materno, i
fratelli, le sorelle, la conformazione e gli usi del paese. Memoria è vita, si
direbbe: il ricordo è affettuoso e riconoscente, malgrado la burberia di
facciata, per l’uomo invadente.
Un documento anzi perfino commovente
di rispetto filiale. Il matrimonio dei genitori era stato una mésalliance: la famiglia della madre,
pastori, quindi ricchi secondo il catalogo censuario locale, assolutamente non
voleva il piccolo dipendente pubblico. Il matrimonio si fece – “quando io
nacqui mia madre aveva sedici anni”. Ma il nonno materno, alto, enigmatico,
ammise poche volte alla sua presenza il nipotino Corrado, senza mai confidenza.
Il padre passò la vita a farsi perdonare. Dopo morto, “scoprimmo che mia madre
non sapeva quasi dove fossero le cose di cui disponeva la casa, poiché il
marito ne aveva tenuto l’ordine per
quarantasei anni, cercando di non darle un solo pensiero né una cura molesta”.
Una memoria accurata anche della
vita di paese, San Luca, sospeso tra la Montagna (Aspromonte) e il mare, estremamente
interessante dal punto di vista storico. Una testimonianza a futura memoria e
una sorta di indagine antropologica sul campo. Di un paese, un mondo, all’alba
del Novecento. Degli adulti e dei ragazzi.
Il padre apre la scuola che
non c’era – per imparare a leggere si è dovuto trasferire da uno zio, “che
aveva una scuoletta”, sull’altro versante aspromontano, sul Tirreno. I fratelli
del padre tutti emigrati, negli Stati Uniti e in Australia. Il pranzo di san
Giuseppe, dei ricchi per i poveri. E il Carnevale, con l’inversione dei ruoli, tra
i padroni ricchi e i poveri. La passeggiata serale di mano col babbo sull’aia vuota. La povertà della casa, che
pure si voleva distinta. La povertà: “Non avevamo medici, né farmacisti, né
avvocati”. “Senza botteghe”, altro che “un’osteria e un negozio di manufatti,
tenuti da forestieri, gente di Amalfi” – anche qui gli amalfitani, nella
miseria, come nell’opulenta Gioia Tauro sul versante opposto dell’Aspromonte.
Il pane non si comprava, né i generi alimentari: “Ognuno aveva le sue provviste
annuali d’ogni cosa che serve al vivere. Era una vergogna comperare il pane, il
segno della vera povertà”. I tre figli maschi mandati a fare gli studi in collegio
dai gesuiti a Mondragone, con varia artifci per riuscire a pagare la retta.
Una ventina di pagine, questo
memoriale, ancora sorprendenti, ogni riga sapida. Vivo anche delle dinamiche
paesane, tra rispetto e invidie, tra ricchezza (anomala: pastorale) e povertà.
E per la caratterizzazione variamente articolata del padre, oltre che della
vita di paese. Uno che “faceva tutto lui”, specie nei confronti dei figli, come
della moglie. E scrivendo le lettere per tutti gli emigrati, era a conoscenza
di tutti i fatti e segreti del paese. Un padre fisicamente gemello del figlio,
e caratterialmente all’opposto, onnipresente, determinato, apodittico.
Anne-Christine
Faitrop-Porta, che si è assunta la
fatica di recuperare editi e inediti di Alvaro, fa precedere “Memoria e vita” e
le raccolte poetiche da una introduzione ampia, su due temi: “Corrado Alvaro poeta”,
e la Calabria, “paradiso terrestre dell’infanzia” dello scrittore. Che lo dice in “Memoria e vita”: “Avevo passato dieci anni in quel mucchio di
case presso il fiume, sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti
verso il mare. I primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei
più vasti e lunghi e popolati. Il paese era gramo e povero in confronto alla
ricchezza del mondo, e a me pareva il più ricco e il più vario” - un paese che allora contava novecento abitanti. Correda poi
“Il viaggio”, come organizzato da Alvaro , di altre liriche sparse, 62, e sei
prose poetiche, da lei recuperate su varie pubblicazioni.
L’edizione si completa con una bibliografia delle antologie scolastiche curate da Alvaro,
per ragioni “alimentari”, da lei con qualche difficoltà archivistica
ricostruita, e con una bibliografia critica abbastanza nutrita.
Corrado
Alvaro, Il viaggio, Falzea, pp, 315
€ 18
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