lunedì 11 settembre 2023

Un paese di pastori nel primo Novecento, e il padre di Alvaro

Nel 1942, in ricordo del padre  venuto a morire che aveva costruito per lui “un futuro da poeta”, e quindi non ne apprezzava l’opera, benché di successo, Corrado Alvaro mise assieme un volume, con  le “Poesie in grigioverde (1914-1916)”, già pubblicate nel 1917, più 25 liriche sparse degli anni successive, 1917-1921, di persone e cose di famiglia e di paese, e il poemetto dell’anno precedente  che dà il titolo al volume. Ma, soprattutto, assortì la raccolta di un lungo ricordo del padre, “Memoria e vita”, con la famiglia, la madre, il nonno materno, i fratelli, le sorelle, la conformazione e gli usi del paese. Memoria è vita, si direbbe: il ricordo è affettuoso e riconoscente, malgrado la burberia di facciata, per l’uomo invadente.
Un documento anzi perfino commovente di rispetto filiale. Il matrimonio dei genitori era stato una mésalliance: la famiglia della madre, pastori, quindi ricchi secondo il catalogo censuario locale, assolutamente non voleva il piccolo dipendente pubblico. Il matrimonio si fece – “quando io nacqui mia madre aveva sedici anni”. Ma il nonno materno, alto, enigmatico, ammise poche volte alla sua presenza il nipotino Corrado, senza mai confidenza. Il padre passò la vita a farsi perdonare. Dopo morto, “scoprimmo che mia madre non sapeva quasi dove fossero le cose di cui disponeva la casa, poiché il marito ne aveva tenuto l’ordine  per quarantasei anni, cercando di non darle un solo pensiero né una cura molesta”.
Una memoria accurata anche della vita di paese, San Luca, sospeso tra la Montagna (Aspromonte) e il mare, estremamente interessante dal punto di vista storico. Una testimonianza a futura memoria e una sorta di indagine antropologica sul campo. Di un paese, un mondo, all’alba del Novecento. Degli adulti e dei ragazzi.
Il padre apre la scuola che non c’era – per imparare a leggere si è dovuto trasferire da uno zio, “che aveva una scuoletta”, sull’altro versante aspromontano, sul Tirreno. I fratelli del padre tutti emigrati, negli Stati Uniti e in Australia. Il pranzo di san Giuseppe, dei ricchi per i poveri. E il Carnevale, con l’inversione dei ruoli, tra i padroni ricchi e i poveri. La passeggiata serale di mano col babbo sull’aia vuota. La povertà della casa, che pure si voleva distinta. La povertà: “Non avevamo medici, né farmacisti, né avvocati”. “Senza botteghe”, altro che “un’osteria e un negozio di manufatti, tenuti da forestieri, gente di Amalfi” – anche qui gli amalfitani, nella miseria, come nell’opulenta Gioia Tauro sul versante opposto dell’Aspromonte. Il pane non si comprava, né i generi alimentari: “Ognuno aveva le sue provviste annuali d’ogni cosa che serve al vivere. Era una vergogna comperare il pane, il segno della vera povertà”. I tre figli maschi mandati a fare gli studi in collegio dai gesuiti a Mondragone, con varia artifci per riuscire a pagare la retta.
Una ventina di pagine, questo memoriale, ancora sorprendenti, ogni riga sapida. Vivo anche delle dinamiche paesane, tra rispetto e invidie, tra ricchezza (anomala: pastorale) e povertà. E per la caratterizzazione variamente articolata del padre, oltre che della vita di paese. Uno che “faceva tutto lui”, specie nei confronti dei figli, come della moglie. E scrivendo le lettere per tutti gli emigrati, era a conoscenza di tutti i fatti e segreti del paese. Un padre fisicamente gemello del figlio, e caratterialmente all’opposto, onnipresente, determinato, apodittico.
Anne-Christine Faitrop-Porta,  che si è assunta la fatica di recuperare editi e inediti di Alvaro, fa precedere “Memoria e vita” e le raccolte poetiche da una introduzione ampia, su due temi: “Corrado Alvaro poeta”, e la Calabria, “paradiso terrestre dell’infanzia” dello scrittore.  Che lo dice in “Memoria e vita”: “Avevo passato dieci anni in quel mucchio di case presso il fiume, sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti verso il mare. I primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei più vasti e lunghi e popolati. Il paese era gramo e povero in confronto alla ricchezza del mondo, e a me pareva il più ricco e il più vario” - un paese che allora contava novecento abitanti. Correda poi “Il viaggio”, come organizzato da Alvaro , di altre liriche sparse, 62, e sei prose poetiche, da lei recuperate su varie pubblicazioni.
L’edizione si completa con una bibliografia delle antologie scolastiche curate da Alvaro, per ragioni “alimentari”, da lei con qualche difficoltà archivistica ricostruita, e con una bibliografia critica abbastanza nutrita.
Corrado Alvaro, Il viaggio, Falzea, pp, 315 € 18

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