Aggrappati alla Madonna, contro il postmoderno
C’è
una statua, e un festa annuale, a Melbourne, al Reggio Calabria Club, della
Madonna della Montagna, la stessa che si venera a Polsi, in Calabria, nell’Aspromonte.
Ce ne sono due di fatto in Australia, sempre a Melbourne: la seconda è tenuta
nel sobborgo di Hawthorn, al Capistrano Social Club, degli emigrati dal paese
di Capistrano, un picolo borgo in provincia di Vibo, che non fa mille abitanti
(da cui tutti sono emigrati evidentemente, giacché una seconda festa della
Madonna della Montagna è celebrata dai Capistranesi emigrati in Canada, a Toronto).
Ma questa non è considerata nel saggio: la Madonna non è la stessa di Polsi,
anche se si chiama della Montagna, riproduce la Madonna della chiesa di Capistrano
in Calabria, e preghiere e rituali non
sono quelli di Polsi. La festa australiana segue gli stessi trituali (le
penitenze, le invocazioni, le offerte) di quella aspromontana, e si celebra più
o meno negli stssi giorni, i primi di settembre.
Non
è un fatto di folklore. Papalia, specialista di storia diplomatica alla Monash
University, è anche cultore della storia e la cultura della diaspora italiana
in Australia. E la persistenza del rito sa legare perspicacemente a De
Martino, al postumo “Storia e
metastoria. I fondamenti di una teoria del sacro”, testo poco frequentato ma
lineare (un tardissimo recupero, del 1995), e ad “Apocalissi culturali e
apocalissi psicopatologiche”, il saggio pubblicato su “Nuovi Argomenti” nel
1964. Le persistenze, staccate dal riferimento, dalle radici, rischiano un
“caotico relazionarsi”, “in una vicenda di assurde coinonie”. La correlazione
di De Martino è “assurda”, poiché coinonia ha significati solo positivi, di
solidarietà, corresponsabilità, partecipazione fraterna, quindi non può essere
assurda, forse strana. Ma Papalia la utilizza al contrario: “Sviluppi più recenti
della ricerca etnopsichiatrica hanno evidenziato l’impatto traumatizzante
dell’emigrazione”, lo hanno caricato di effetti ben più rilevanti e persistenti
di quanto si è abituati a pensare. Aggrapparsi alla tradizione (anche religiosa,
di pratica religiosa, oltre che linguistica, culinaria, parentale) è come per
il naufrago trovare uno scoglio, per quanto puntuto. È anche una forma di
resistenza, argomenta Papalia, al postmoderno, al vezzo di vivere
nell’inconsistenza.
L’argomento
è svolto da Papalia anche a contrariis,
in notazioni per lui marginali (ma ripetute) che sono per il lettore forse la
parte più sorprendente del suo saggio: la religiosità di questi calabresi,
degli italiani in genere, con le Madonne, i voti, le processioni, i canti, le feste
con la banda e i fuochi d’artificio, è mal sopportata dalla chiesa cattolica in
Australia – ma non solo in Australia, si direbbe. Cita in apertura un
cappuccino, Patrick Colbert: “Ho notato che quando gli Italiani si spostavano
da un’area all’altra, la parrocchia cattolica da cui si partivano mostrava più
un senso di sollievo che di rimpianto. La Chiesa, sembra, ha sempre considerato
i migranti un problema piuttosto che un fenomeno naturale di mobilità umana”.
Papalia lo spiega da storico: “La storia dell’integrazione religiosa italiana in paesi come gli Usa e
l’Australia, dove il modello egemonico apparteneva alla chiesa cattolica
irlandese, mostra molti tentativi della chiesa cattolica locale di scoraggiare
la pratica religiosa italiana a favore del modello di culto irlandese”. Feste,
processioni, funerali sono considerati roba da pagani, e comunque uno spreco.
Un altro monaco, benedettino, offre a Papalia un’altra testimonianza
significativa: “Mi preoccupava, allora, di vedere il denaro attaccato alle
statue o sprecato in fuochi d’artificio;…perché non scandalizzassero gli
australiani, ho tentato di ridurre “Feste” e “Messe da morto”, ma non sono
scomparse. Sono parte di una cultura profondamente sedimentate: santa Rita,
sant’Antonio, «Madonna e Rosari», pellegrinaggi, e altre pratiche
devozionali - per non ricordare l’attaccamento ai morti, con le messe da
requiem…”. Peccato, grave?
Gerardo
Papalia, Migrating Madonnas,
“Flinders University Languages Group Online Review”, free online
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