Amore folle, da favola, a Venezia
F&L imbarcati in una storia di amore folle. Di pochi giorni, poche ore, tra il riconoscimento
e l’abbandono. Tra due favole, l’ebreo
errante e la bella addormentata. A Venezia, luogo per eccellenza deputato – “Venezia-la-perla-della-laguna,
Venezia-la-città-degli-amanti, Venezia-l’ispiratrice-di-Byron-Browning-Ruskin-Turner-Bonington-Bsrrès-Mann-D’Annunzio,
senza contare Bernard Berenson” (nonché di “Anonimo veneziano”, il film e il racconto,
vertigine dell’epoca). Una storia vera giocando sul kitsch. Gli ingredienti pasticciando, da post-moderni “naturali”,
d’ironia cioè insopprimibile, tale è il dominio dello scibile disponibile, come
una grammatica semplice, scorrevole, veloce anzi, e attraente. Sempre, un
esercizio in digressioni di cui non si salta una riga – la curiosità in
aggiunta alle palpitazioni: una “storia d’amore” cosi eccitante non si ricorda,
da una coppia, poi, di quasi celibi, perlomeno cinici.
“Una
specie di motivo wagneriano tenuto da mani mozartiane”, vuole questo F&L la
quarta di copertina. Riferimenti d’obbligo, forse, trattandosi di Venezia. No, F&L
sono più modesti, non frastornano e non gorgheggiano, anzi parlano piano e
spedito, una sorta di recitativo come un basso continuo. Una lingua dimessa,
per personaggi scontati, una nobildonna romana che in mancanza d’altro fa l’estimatrice
d’arte per una casa d’aste, e un inglese attempato ridotto a fare la guida
turistica di un operatore di terz’ordine. Che intessono un’avventura anch’essa
modesta, più lasciati che presi – più tutto quello che avrebbe potuto essere e
non è, non può. Per scolpire una Venezia memorabile, bella e brutta
(turistica), vecchia e nuova (turistica),
avvolgente e dettagliata, minuziosa, quasi uno stradario – come “La donna della
domenica” era, gira e rigira, Torino, “L’amante senza fissa dimora” è Venezia,
rancida e vaporosa, piena e vuota, muta ma significante. Anche nelle sfilate di
toponimi, serviti, in fondo, da un “indice sentimentale dei nomi, dei loghi e
delle cose notevoli” - Umberto Eco, che era un patito delle “liste”, se ha
letto questo “Amante” sarà schiattato dall’invidia. Sulla laguna muta si stagliano
una serie di personaggi e situazioni medio-alto borghesi (in quegli anni, Settanta-Ottanta
del Novecento, la caratterizzazione sociale era d’obbligo) che valgono un libro
di storia: tutte le donne che in qualche modo intervengono (“La dona dela domenica”
non nasceva per caso), il portiere d’albergo, il ragazzo d’albergo, i mercanti
d’arte, il gay-professo-che-ama -e-protegge-le-donne, la contessa-delle-buone-cause
– e Chioggia (gli amanti vi fanno una gita: dovrebe fare un monumento a
F&L).
Un
finale esplicativo, alla Poirot, è prolisso (saccente), ma il lettore perdona, è
ben disposto.
Fruttero&Lucentini,
L’amante senza fissa dimora, Oscar,
pp. 304 € 13,50
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