“Poche
figure storiche sono state sottoposte a una revisione così radicale come quella
di Crtistoforo Colombo, la cui “scoperta” del “Nuovo Mondo” verrà celebrata
domani con una vacanza in suo nome. In precedenza questo mese i parlamentari
americani hamno riproposto un disegno di legge che sostituirebe il Columbus Day
con un Indigenous Peoples’ Day; molti dei miti ammirativi che lo circondano sono
stati radicalmente smontati. La versione della vita di Colombo con la quale la
maggior parte di noi è cresciuta fu inventata nel primo Ottoceto, ha scritto
Elizabeth Kolbert sul “New Yorker” nel 2002. Colombo non sfidò l’opinione
corrente che la terra era rotonda; al contrario, era uno dei pochi che coltivava
la possibilità che non lo fosse. Le sue coordinate nautiche sarebbero state da
ridere, se non che ha falsificato i numeri che aveva condiviso con la sua
ciurma. Il suo errore peggiore,
naturalmente, riguardò il trattamento dei popoli Nativi, il cui “soggiogamento”
promosse pochi giorno dopo lo sbarco…” (sbarcò “in Venezuela”?). Eccetera.
Per
il Columbus Day, che mette al 9 ottobre invece che al 12, la rivista riesuma, sotto
la testatina “classici”, un lungo testo pubblicato il 14 ottobre 2002, della
sua redattrice Elizabeth Kolbert, intitolato “The Lost Mariner”, il marinaio
disperso, di cui sinteizza il contenuto nel sommario qui tradotto. Sotto il “catenaccio”:
“La fiducia in se stesso che animava Colombo era il suo malfatto”.
Nel
testo manca lo sterminio degli indiani, molte altre infamie ci sono per circa
venti pagine. Molto prima della “cancel culture” – Kolbert (saggista poi
affermatasi col catastrofismo “verd e”, “La sesta estinzione”, “Il cielo
bianco”, premio Pulitzer per questo) e il “New Yorker” sono establihment newyorchese, non le minoranze
della futura cancel culture.
The Extreme Incompetence of Christopher
Columbus,
“The New Yorker”, free online
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