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Debutto con Fellini
Agosto,
mese vuoto in città, si popola di figure ed eventi, eccezionali per essere ordinari.
La vecchia fiamma Rita nel ricordo, nella scena della separazione, a Parigi.
Cristina, giovanissima inserviente al caffè, compagna di avventure. L’adolescente
che si sente colpevole. L’amico poliziotto, violento, vittima di violenza. I
genitori in campagna dai genitori, dove il riemerge la conpagna d’infanzia –
che presto riscompare.
Una
narrativa frammentaria, d’immagini, figurine. Esercizi di narrazione, con l’aria
del vissuto, personale. Una serie di stacchi, in soggettiva, che pure rimandano
alla “Dolce vita” - alle persone e gli eventi semplici del film, attorno al
protagonista.
Una
“Dolce vita” minimal. Come la scrittura,
che gli amici dello scrittore vogliono “acida e straniante”. Il primo libro di
narrativa, trent’anni fa, di Carbone, fino ad allora filologo apprezzato,
ancorché giovane, specializzato alla Sorbona.
All’inizio
e alla fine due memorie grate della sua città, Reggio Calabria. Alla mano della
mamma sul lungomare, un volta che si riprodusse in cielo lo specchio miracoloso
della Fata Morgana. E il primo, intensissimo, innamoramento (segreto, non
dichiarato) al liceo – “una vecchia costruzione a un piano, squadrata”, che “aveva
resistito anche al terremoto”. Con una
nota di Albinati – sul cui esempio Carbone aveva scelto di insegnare nel carcere
di Rebibbia, rinunciando formalmente alla carriera universitaria.
Rocco
Carbone, Agosto, Rubbettino, pp.152
€ 15
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