astolfo
Ignatius Sancho – È stato il primo africano a esercitare il diritto
elettorale in Gran Bretagna, nel 1776. Schiavo affrancato, negoziante di
coloniali, musicista, polemista, per l’abolizionismo, in innumerevoli lettere,
e in due drammi.
Era nato nel 1729 su una nave negriera in rotta
verso l’America. La madre morì subito dopo l’arrivo al mercato di destinazione,
nella Nuova Granata, la colonia spagnola oggi suddivisa fra Colombia, Ecuador, Panama
e Venezuela. Il padre si suicidò subito dopo. Il gentiluomo cui il bambino era
stato venduto se lo portò con sé a Londra – Ignatius, così battezzato da nome
del vescovo spagnolo, aveva due anni – e lo lasciò in affido a tre sorelle di
Greenwich. Che lo soprannominarono Sancho perché così si immaginavano il Sancho
del “Don Chisciotte”. Con loro Ignatius visse per diciotto anni. Alla maggiore
età passò nelle case di Lord Montagu (John Montagu, secondo duca di Montagu),
un gentiluomo che frequentava le tre sorelle di Greenwich, e aveva provveduto a
fargli apprendere lettura e scrittura, consigliato personalmente le letture da
fare, avendo rimarcato nel giovane africano una forte disposizione alla
letteratura.
Ignatius servì in varie case dei Montagu come
maggiordomo. Nel 1768 Thomas Gainsborough ne fece il ritratto, tra una posa e
l’altra di Lady Montagu per il suo proprio, famoso, ritratto. Ebbe anche la possibilità
di sposarsi, con una giovane africana delle Indie Occidentali – con la quale
avrà sette figli. E nello stesso 1768 scrisse una lettera presto famosa a
Lawrence Sterne, per invitarlo a unirsi al movimento abolizionista – Sterne fu
sorpreso dalla coincidenza, poiché stava scrivendo una scena a Lisbona che era
dispiaciuta al suo viaggiatore, di disprezzo verso un africano, rispose eloquentemente
a Ignatius, e rese pubblico lo scambio. Ignatius divenne così un personaggio
pubblico.
Lord Montagu lo aiutò anche ad affrancarsi, come commerciante,
con un suo proprio negozio di coloniali. Ignatius divenne presto parte prominente
del movimento abolizionista della schiavitù, con varie pubblicazioni letterarie
(saggi, drammi), e lettere a giornali – firmate talvolta “Africanus”.
Il negozio gli servi anche come salotto, che personaggi
in vista frequentavano: lo stesso Gainsborough, l’attore shakespeariano David
Garrick, il violinista torinese Felice Giardini, molto famoso a Londra, tra gli
altri. Ignatius si dilettava infatti anche di musica – autore di una “Theory of
Music” di cui però non resta traccia, e di quattro collezioni a stampa di
canzoni e danze.
In quanto “provvisto di mezzi propri”, aveva il
diritto di votare, e lo esercitò, nel 1776 e nel 1780 – l’anno in cui morì.
Divenendo per questo molto popolare, come “lo straordinario Negro”, etichettato
come il primo africano a esercitare il diritto di voto.
Newgate
Calendar – Era il bollettino inglese delle esecuzioni capitali.
Mensile, inizialmente pubblicato dal direttore della prigione londinese di New
Gate. A metà Settecento la testata fu piratata da piccoli editori che vi
pubblicavano chapbooks, brevi storie,
molto colorite, di crimini e criminali per qualche verso famosi, specie per la
crudeltà. Pubblicazioni economiche, che presto divennero le più diffuse.
Red
Letter Scare – Il panico della “lettera rossa”, si diffuse a
Londra nel 1924, alla vigilia delle elezioni parlamentari. Una lettera da Mosca
che sarebbe stata scritta e inviata da Zinov’ev, in qualità di presidente
dell’Internazionale Comunista, al Comitato Centrale del partito Comunista
britannico per incitarlo a un’attività di agitazione a fini di sovversione
politica. Una lettera pubblicata dai giornali con grande clamore quattro giorni
prima del voto, che allarmò molto il pubblico, suscitando un’ondata di
repulsione contro il laburismo, oltre che contro il partito Comunista. Un documento
fabbricato, probabilmente dal Secret Intelligence Service britannico (Sis), per
favorire il partito Conservatore al voto – che poi vinse, contro le previsioni.
Ruggero Vasari – Immaginava un secolo fa una sorta di intelligenza artificiale. Si
ricorda per essere stato, con Vinicio Paladini, l’artefice dei contatti stretti
fra la cultura italiana e quella russa nei primi decenni del Novecento. Autore
di drammi futuristi espressionisti, ebbe uno spicchio di notorietà con “L’angoscia
delle macchine”, un dramma che prefigurava l’universo totalmente meccanizzato
di molte distopie successive.
A Berlino
nel 1923 conobbe e frequentò la poetessa Ol’ga Fëdorovna Revzina, che l’anno dopo
sarà inviata da Mosca a Roma - era una spia – all’ambasciata sovietica, e sarà
da lui introdotta negli ambienti delle avanguardie artistiche , il Teatro degli
Indipendenti dei Bragaglia, i circoli, le riviste – con lo pseudonimo di “Elena Ferrari” il “colonnello”
Revzina divenne anche poetessa di nome.
“Poeta, drammaturgo e gallerista cosmopolita,
Vasari frequenta gli ambienti dell’avanguardia di Berlino e Monaco all’indomani
della Prima guerra mondiale, fungendo da vero e proprio ambasciatore del futurismo
italiano all’estero e ponendosi come ponte culturale con circoli espressionisti”
(Antonella d’Amelia, “La Russia oltreconfine”, 117-118). A Berlino, luogo di transito
dopo la rivoluzione d’Ottobre di scrittori e artisti russi (Šklovskij, la
futura Esa Triolet, Remizov, Belyi, Erenburg, Berdjaev, Bulgakov, molti esiliati
sul “piroscafo dei filosofi”), animato da molte avanguardie artistiche dopo la
sconfitta, Vasari animò nel quartiere di Charlottenburg la galleria d’arte Casa Internazionale degli Artisti, ispirata al
modello berlinese della Casa delle Arti russa, e vi espone Boccioni, Depero,
Prampolini, Pannaggi. Fondò e diresse il periodico “Der Futurismus”, per sostenere
il primato del futurismo italiano nell’innovazione teatrale e dell’architettura
scenica. Mentre per la rivista “L’impero” mandava corrispondenze approfondite sulle
avanguardie russa, tedesca e francese. Nel 1922 aveva organizzato a Berlino, a
marzo, una mostra che fece epoca, “la Grande Mostra Futurista”, al Graphische
Kabinett, una elegante galleria sul Kurfürstendamm, dove ai futuristi italiani
aveva affincato artisti di altri paesi, specialmente russi. Vera Idel’son vi aveva
esposto un quadro astratto, intitolandolo “Compenetrazioe degli io del poeta Vasari”.
Con
Vera Idel’son Vasari avviò un rapporto stretto, coinvolgendola in numerose
iniziative futuriste. Soprattutto a Capri. Dove nel 1924 organizzò al Quisisana
una rappresentazione di “teatro
sintetico” con Marinetti rimasta negli annali per i fischi. E l’anno dopo,
sempre al Quisisana, un “Superbalfuturista”, sempre con Marinetti, che invece
divertì.
È
attorno a “L’angoscia delle macchine” che raggiunse notorietà negli ambienti teatrali,
e più inteso il rapporto con Vera Idel’son. Nel 1924 “L’angoscia delle
macchine” doveva andare in scena al Dramasticher Theater di Berlino, regista
Fred Antoine Angermayer, costumi e scene di Vera Idelson, ma il teatro fece
bancarotta prima. Idel’son allora adattò scene e costumi per la VolksBühne, il
teatro del popolo, ma il progetto poi abortì (bozzetti e costumi saranno pubblicati
l’anno dopo dal periodico d’avanguardia “Der Sturm”, con un numero speciale
dedicato al dramma di Vasari). Idel’son non si diede per vinta: essendosi
spostata a Parigi nel 1926, il 27 aprile 1927 metteva in scena “L’angoscia delle
macchine” al teatro Art et Action. Con due recensioni entusiaste: una su
“L’Impero”, anonima ma molto ampia e in stile Vasari, e una, anch’essa
entusiasta, a firma Giuseppe Mazzesi, su
“La Gazzetta”, il giornale di Messina, di cui Vasari era originario. “Ampliando
il diapason tematico dei drammi di Karel Čapek (“R.U.R”, 921) e Romain Rolland
(“La Révolte des Machies”, 1921) e del film muto italiano “L’uomo meccanico”,
1921, Vasari descrive un mondo del futuro meccanizzato , in cu su una stazione
aerospaziale tre despoti, Bacal, Singhar e Tonchir, dominano un regno delle
macchine e un popolo di robot” (Antonella d’Amelia, cit.).
Oltre
che di Idel’son, si deve a Vasari anche l’avvicinamento all’arte italiana di
Niklaus Strunke, l’artista lettone che, a Berlino con una borsa di studio del
suo paese, è convinto da Vasari a studiare e operare in Italia.
Su
wikipedia Vasari vanta la bio più scarna, una riga – legarlo alla nobile famiglia
Basile-Vasari di Santa Lucia del Mela (Me).
astolfo@antiit.eu
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