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L’intelligenza perduta dell’Occidente
Viviamo le guerre come “notizie
di guerra”. E nient’altro. Come propaganda. Niente cause, niente sviluppi o
esiti possibili, niente sugli eventi stessi, come accadono. Solo chiacchiere.
In Italia, per la povertà dell’informazione, inabissata da decenni ormai
nell’irrilevante, ma anche fuori, sui media internazionali.
Nonché l’Europa, nemmeno gli
Stati Uniti sembrano avere più una bussola politica, un assetto decisionale e
un orientamento dell’opinione conseguente all’analisi dei fatti, facendosi
forza solo dei servizi di “intelligence”,
parola nobile per spionaggio. Dei servizi americani, e di quelli inglesi che
sono i più inetti al mondo - quando non si fanno forza con le armi. Dall’11 settembre
all’Iraq e al Russiagate, con l’Ucraina e il Negev. Ma già con l’appoggio a
Khomeiny contro lo scià in America - quanti lutti dall’accoppiata
Carter-Brzezinzki. O i presuntuosi servizi inglesi, che si credono 007, e a Beirut
tenevano Kim Philby, uno spione dei russi. Fino alle “primavere arabe” di Hillary
Clinton-Obama. Si direbbe “l’invenzione del radicalismo islamico”, mimando lo
storico Hobsbawn, una stupidaggine. Ma è un delitto.
Non se ne può fare colpa ai
servizi. Efficienti o inefficienti sono sempre spionaggio, che conta lo zero
virgola negli affari internazionali. Il problema è che non c’è un Occidente,
non c’è un’idea di politica “occidentale”. C’è solo, in Occidente, l’America, che
cortocircuita l’Europa, la Fortezza Europa”. Questa è l’unica costante discernibile
da trent’anni a questa parte. Anche mandandola al fronte, economico e, ora,
politico.
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