Putin europeista
Nel
quarto di secolo in cui è stato, da capo del governo o capo dello Stato, al
comando in Russia, e prima naturalmente della guerra all’Ucraina, Vladimir Putin
è sempre stato europeista. Paradossale ma vero. Da ex spia a Dresda, pronunciò in tedesco il discorso
al Bundestag nel settembre 2001, privilegio raro. Strinse rapporti economici molto
stretti con la Germania, e in parte con l’Italia, e politici con la Francia. Mentre
gli oligarchi dei suoi anni, amici e nemici, eleggevano Londra a piazza finanziaria
privilegiata.
L’Europa
è stata negli anni di Putin il tema privilegiato di tutti, più o meno, i think thank politici russi, e l’unica
prospettiva. Mai la Russia sarebbe stata così europea, con libertà di movimento
e di opinione, come in questi anni (gli assassinii politici si tende in Russia
a non inputarli a Putin, non personalmente). Nell’anno e mezzo dall’attacco all’Ucraina
il revirement verso Cina, India e l’ambito
Brics è considerato un palliativo (dei Brics la Russia è parte costituiva, ma
come categoria economica, e come foro di opinione, non come realtà economico-politica,
non antitetica all’Occidente).
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