zeulig
Ermeneutica – È la “creazione”
del classico. Semplice. A partire dai testi sacri, figurarsi. Fino alle “edizioni
critiche” – l’opera quale la voleva l’autore. Se ne capisce la voga, in epoca
di postmoderno, e l’alta stima di cui gode – ben più delle opere su cui si
esercita.
Libertà – È palesemente
conculcata dai “diritti” di libertà. Sembra un paradosso, e lo è. Ma non senza
senso: la conculcano i diritti sotto forma di assolutismo, di terrorismo – di anatema
nella pratica dei vecchi panegiristi. Ma non quando sono singoli, o minoranze:
quando sono maggioranze opportuniste, di
conformisti. O quando diventano regole, una “legge della minoranza”.
Slavoj Žižek ne fa una questione morale, ma è una contraddizione
– “La Lettura”, 15 ottobre: “A parole tutto è concesso, nei fatti crescono
censure e divieti dettati dalla cultura woke in nome dell’inclusività” E: “In
nome del permissivismo si attivano tutte le limitazioni: politicamente
corretto, woke, cancel culture e così via…. A
parole siamo per l’inclusione, per la diversità, ma il risultato è una
nuova forma di terrore. Oggi, in nome dell’inclusione, escludiamo le persone
più che mai, il paradosso è che la cancel culture difende sempre la diversità,
l’inclusione”. Non è esatto: è un movimento di rivendicazione, che quindi è
intitolata, per difendersi, ad abbattere. Diverso è lo spirito woke, che invece
è censorio – una sorta di conformismo: è nato come movimento di contestazione,
ma è presto diventato, tra gli stessi contestatori, sinonimo di illiberale.
La chiave delle ambiguità degli ultimi movimenti(in teoria)
libertari è però nell’opportunismo dei media, dell’opinione pubblica. Il
movimento woke non ha più di quindici anni di vita, se prende il nome da una
canzone del 2008. Si è già imposto, e si è già avviato al declino, contestato
al suo interno. La cancel culture ha origini variamente dibattute ma non più in
là del 2014. E dunque? C’è una maniera americana di fare giornalismo – informazione,
opinione, dibattito. E non c’è altro giornalismo se non quello americano – gli altri
“ribattono”: copiano, riscrivono, rilanciano, gonfiano.
Machiavelli – Un “Anti-Machiavelli” è
opera di Federico II di Prussia, se mai ci fu regnante più “machiavellico” - era
anti-Machiavelli a tal punto che perfino uno spirito libero come l’arguto Lichtenberg
si esimeva dal menzionare il segretario fiorentino, pur parafrasandolo.
Carlo Emilio
Gadda in un saggio sull’“Amleto” di Shakespeare, parla di “componente antimachiavellica
del puritanesimo, dell’anglicanesimo, della riforma”. Della Riforma di Lutero,
monaco in armi? Dell’anglicanesimo di Enrico VIII, più mozzatesta che debosciato?
Del puritanesimo, i cu stermini non si sanzionano perché gli Stati Uniti che se
ne dichiararono eredi sono ancora i padroni del mondo.
Machiavelli è una
cattiva coscienza – una cartina di tornasole, di chi si colora di
anti-Machiavelli.
Mercato - Nello scambio ci si dà per un
prezzo, oppure gratis, come nel potlach: dipende dal grado di
soddisfazione. Dunque, il mercato moderno, il mercato, comporta un grado di
soddisfazione zero. Potrebbe essere teoria rivoluzionaria.
Natura – L’uomo è “naturale”,
ne è un composto, ma è un figlio degenere, vuole e sa come indirizzarla, anche
contrastarla. Con la medicina, con l’ingegneria, la chimica, la biologia, col
semplice aratro, e col pensiero astratto.
Si è fatto, Ferraris
l’ha fatto subito, un riesame della condanna della tecnologia di Heidegger dopo
il covid. Di uno che amava la “natura” nel senso di campagna-montagna per il
week-end, e nel senso di arcaismo – la vanga e il carrettiere, insieme col focolare,
la capanna e il costume che sono piuttosto ripari dalla natura. Che la tecnica
diceva una schiavitù. Sarebbe stato no wax, e sarebbe morto – uno dei candidati
a morte per natura. Per l’età. Ma è naturale la morte, come la nascita. E la
malattia. Contro la quale è giusto e buono fare resistenza. Da esseri naturali:
ha insita la sua negazione – l’insubordinazione, il matricidio.
Non è possibile
un complesso di Edipo in riguardo alla natura non essendoci triangolazione, ma
un matricidio sottoforma di Edipo sì.
Postmoderno – La cultura
come gioco, al meglio, o più probabilmente come restauro, evocazione, ripetizione,
imitazione, capacità manuale o intellettuale di rifare il già fatto, e più
complicato è il rilievo, il calco, il ricamo, più eccelso il risultato. Al meglio
è ermeneutica, senza il distacco che si pretende dall’ermeneuta, da attori e
non da commentatori. Come un arrangiamento in musica: c’è in musica il compositore,
e c’è, anche molto bravo, l’arrangiatore.
Storione
familiare - Il “romanzo familiare”,
deve precisare la Treccani, non è quello comunemente inteso, di saga familiare,
per lo più di fantasia, di nonni, zii e bisnonni, del nome, del “casato”, delle
origini. Il vezzo di raccontarsi la propria vita, cioè inventarsela, anche col
suggello della documentazione “rigorosa”, ora esercizio comune, universale e
prevalente, anzi unico, anche in conversazione, sempre più intesa come
esibizione di sé. È invece, per come introdotto e definito da Freud nel 1908,
il complesso di fantasie, consce e inconsce, che alcuni pazienti nevrotici avevano
sviluppato in età preadolescenziale, immaginandosi famiglie differenti,
castelli invece di appartamenti, e genitori nobili e potenti, ai quali probabilmente
i genitori che li attorniavano li avevano sottratti in qualche modo truffaldino.
Con, a seguire, immagini di liberazione: del young adult che si liberava e, attraverso varie peripezie, si ritrovava
in un qualche empireo, giardino, fattoria, castello. Era, in sostanza, una ribellione
infantile, nell’immaginazione: il rifiuto-cancellazione dei genitori, entrambi
o uno dei due, effetto delle delusioni inevitabili che padri e madri infliggono,
anche senza volerlo, ai figli, alla libera fantasia del bambino e del ragazzo. “È
dunque”, nelle sintesi che la Treccani fa di Freud, “un fattore positivo della
crescita, poiché stimola la creatività fantastica, sfida l’autorità dei
genitori, aiuta l’emancipazione e il distacco, favorisce la costruzione dell’identità
di genere maschile e femminile, orienta i desideri amorosi verso figura nuove,
fuori dalla trappola del pensiero edipico”. Comunque, un “genere” ubiquitario, predente e ricorrente
nelle letterature di ogni luogo e tempo, miti, leggende, favole.
Treccani, in
edizione evidentemente aggiornata all’ultimo trend, è pessimista sulla funzione terapeutica della storia familiare
oggi. Per le “dolorose e fallimentari ricerche dei veri genitori che così
spesso intraprendono, anche in età adulta, i figli adottati e di unioni
atipiche”. Ma non, di più e più numerose, per le ricostituzioni dell’infanzia,
così correnti nelle letteratura della memoria, e nei tinelli domestici, dopo
Proust, e nella autonarrazioni dilaganti, dai grandi romanzi alle “presenziate”
in tv, di personaggi anche minimi, e all’autodialogo, al parlare con se stessi,
che sempre più sostituisce la conversazione, uno scambio-confronto sempre meno
o non più praticato-bile?
Verità - La menzogna comincia con la vergogna, che è l’occultamento di ciò
che si ha. Liberandosi dalla vergogna ci si libera dalla menzogna. E una legge
se ne ricava.
Georg Brandes, il valorizzatore danese
di amico di Nietzsche, lo rimproverava nella sua prima lettera: “Lei è molto tedesco. Il suo spirito, di regola
così brillante, sembra venire meno quando la verità è nella sfumatura”. Ma non si tratta di pieghe,
anfratti, o sfumature: la verità è un esercizio di equilibrio sul filo. Con reti
di protezione, nessuno muore per sbaglio, ma difficile, sottile. E forse inutile
- è un’esibizione?
È un esercizio continuamente
in corso, per tutti, anche il problematico violento che anima questa stagione
di femminicidi.
zeulig@antiit.eu
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