Tutti sapevano, Pacelli è un falso scopo
“Nel
settembre 1942, mentre Dell’Acqua minimizzava le voci sulla Shoah, monsignor
Giovanni Battista Montini usava per la prima volta la frase “sterminio che si
sta facendo degli ebrei” in un documento prodotto all’interno della segreteria
di Stato” – Giovanni Coco, relazione al convegno “La Santa Sede e la Seconda
guerra mondiale”, Pontificia Università Gregoriana, Roma. Quindi non si può
sostenere che il papa non sapesse.
Ma
non solo monsignor Montini, il mondo sapeva a quella data. Anzi, quanti non sapevano?
Astolfo
ne traccia le denunce, nel corso del 1942, l’anno di avvio della “Soluzione
Finale”, in “La morte è giovane”, romanzo in via di pubblicazione:
“La
prima, prevalente e duratura sensazione dei sopravvissuti al ritorno, che prendeva
mesi e peripezie, trascurati, nei casi migliori, dalle polizie alleate, fu l’isolamento.
Chi non muore annega nell’indifferenza: “Non sapevo a chi raccontarla”, dice
Primo Levi. Per anni gli scampati hanno avuto anche questo incubo, isolati
nelle loro stesse famiglie, perfino in quelle ebraiche. Nessuno che credesse o
partecipasse alla loro tragedia, li ascoltasse e li accettasse, ne perdonasse
le inevitabili turpitudini, ne sciogliesse nella comprensione la durezza del
cuore che lo sterminio sistematico induce, la elevasse a protesta, desse al
ricordo e alla sopravvivenza rilievo politico. La guerra si vuole dimenticarla,
anche configurando un dovere di resistenza: in Israele i sopravvissuti sono
stati subito e per sempre reietti, disprezzati perché erano stati ad aspettare
Hitler, lasciandosi portare come pecore al macello invece di organizzarsi e
resistere.
“Ma a lungo
lo sterminio non fu parte della guerra. L’obbrobrio del nemico è parte della guerra,
e a un certo punto la resa incondizionata e la colpa collettiva emersero. Non
lo sterminio, che pure si sapeva atroce, non c’era bisogno d’inventarlo o
simularlo. Jan Karski lo denunciò subito: il 10-12
agosto del ‘42 Witold Pilecki, della resistenza interna a Auschwitz, ne diede
testimonianza scritta, e lui diligente ne fece
parte ai capi religiosi e politici in Occidente. Il governo polacco in esilio già
ne aveva dato prove. La resistenza polacca lo documentò a ottobre del ’42. Le Nazioni
Unite lo dettagliarono a dicembre. Il New
York Times ne aveva riferito il 30 giugno e il 2 luglio. “Nell’autunno del ‘42 c’erano state le prime
condanne dei persecutori. Nelly Sachs sapeva nell’esilio a Stoccolma, nel
‘43, quando scrisse “il tuo corpo è fumo nell’aria”, l’epicedio per il
“fidanzato morto”, il giovane che mai la amò. Malaparte, ospite gradito a Varsavia
del Re tedesco di Polonia Hans Frank, lo diceva e lo scrisse nel ‘43, degli
ebrei morti in massa, nel ghetto e fuori, per fame, impiccagione, mitra, dei vagoni
piombati, delle ragazze ristrette nei postriboli. A fine ‘43 circola in
Svizzera un Manuale del maggiore
polacco: Jerzy Tabeau, evaso da Auschwitz,
vi stima in mezzo milione gli ebrei già eliminati nei lager. Ma la consegna è del silenzio: i russi, che liberano Auschwitz
a gennaio del ’45, ne parlano a maggio, senza menzionare gli ebrei”.
Si
dà molto credito alla “scoperta” di Coco negli archivi vaticani, dell’appunto
di Montini e di una lettera del gesuita tedesco Lothar König al suo amico
Robert Leiber, anch’egli gesuita, segretario di papa Pacelli. Come segno della pavidità,
se non della connivenza, del papa. Non è la prima volta. Per anni, per decenni
il dibattito sulle responsabilità e le correità è stato puntato sul Vaticano, a
opera di alcuni ricercatori preconcetti, senza alcuna effettiva ricerca, e dopo
il furbissimo Rolf Hochhuth, drammaturgo autore di un solo dramma, “Il vicario”,
1963, sul quale ha poi vissuto di rendita, dove la colpa non è più della
Germania ma “del papa” – non propriamente Pio XII Pacelli, la chiesa.
Che
significa sapere, tutti sapevano. Come si fa allora a rendere la chiesa di Roma
corresponsabile dello sterminio? Si può,
per motivi politici. Come il furbo Hochhuth per non menzionare la Germania – in
una sottile vena negazionista, forse il macello non era così efferato. Oppure per tacere, continuare a
tacere, della “soluzione” più spaventosa e crudele della “questione ebraica”, nonché
della Resistenza polacca, fra le tante tentate prima dello Zyklon B e dei forni:
le Einsatzgruppen, con i sottostanti Einsatzkommandos. Erano truppe
speciali di sterminatori, che radunavano ebrei e sospetti polacchi in piazza e
li mitragliavano, a migliaia, composte da tedeschi della Gestapo e, in gran
numero, da volenterosi lituani e ucraini.
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