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Cortellesi straripante, comica e tragica
Un
drama-comedy sul maschilismo, a Roma,
ancora occupata dagli Alleati. Un po’ triste ma non disperato - il peggio del
marito manesco è un balletto: l’uomo ha bisogno di ballare per colpire la
moglie.
Mimando
il neo-realismo, bianco e nero e schermo quadrato, su un tema zavattiniano –
che non si può dire – Cortellesi sceneggiatrice, oltre che regista, ricostruisce
Roma nel 1945, con gli americani, i caseggiati, le famiglie, le amicizie, le code
al panificio, le malelingue, i suoceri importuni, i fidanzamenti pomposi, le
visite di condoglianze per un caffè, e altre minuzie, basandosi sui ricordi,
dice, di madre e nonne. Non un film sul maschilismo in realtà, il
marito-Mastandrea è una macchietta, sempre esagerato: saluta la moglie con un
ceffone alzandosi la mattina (è la primissima scena), fa il balletto, è ridotto
un cencio dal padre autoritario che gli occupa la casa, s’inginocchia in piazza
disperato quando il padre muore…. Il quadro cupo e violento è di fatto lieve,
per l’aneddotica, e per l’esito della storia: la rivincita delle donne è sottile,
fiabesca – una vera scena da film neorealista. Cortellesi insomma non rinuncia alla sua cifra, di solida anche se lieve ironia - alla sua maschera di stupore. Una autoconsacrazione
Il
miracolo del film è il successo grande di pubblico. Di una certa età, ma sempre
affollato, a tre settimane dall’uscita. C’è Roma com’era, un amarcord quindi.
Ma questo vale per Roma, e a Roma per i romani che c’erano, mentre il film è
visto ovunque. La chiave del successo è probabilmente Cortellesi stessa come protagonista:
regge tutte le scene, in una moltitudine di espressioni. Forse avvantaggiata
dal controluce dell’attrice-notoriamente-comica. Ma l’effetto è magnetico.
La
regia è aggiornata alle ultime tendenze. Con la scena quadrata appunto, e il
ripristino dei “titoli di testa”, la
scena che li precede, che introduce il film e mette lo spettatore sulla sua
lunghezza d’onda.
Paola
Cortellesi, C’è ancora domani
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