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Gazaficazione
Ha un nome sinistro ma è la
politica israeliana. Un’opzione politica allo stato, della destra che governa
Israele dall’assassinio di Rabin in poi, ma di fatto è stata ed è “la” politica
israeliana nella Cisgiordania occupata. Anche ai tempi del premierato del premio
Nobel per la Pace Shimon Peres, e dello steso Rabin: la compartimentazione della
Cisgiordania, fra israeliani e palestinesi.
Si parla di “gazafication” come “modello
di gestione” dei ridotti compartimentati in cui Israele ha rinchiuso i palestinesi
che abitano la Cisgiordania. Con introduzione, in aggiunta alla divisione e ai
controlli amministrativi, di barriere fisiche (muri, posti di blocco, altre
barriere, e controlli di polizia sugli spostamenti). E con la copertura dell’esercito
israeliano.
La “gazafication” era in atto prima
della guerra. La frontiera di Israele con Gaza era sguarnita il 7 ottobre perché
l’esercito era soprattutto impegnato nella Cisgiordania, per sostenere i coloni
israeliani nella caccia alle comunità palestinesi. L’intervento dell’esercito
in Cisgiordania non è infatti di polizia, è armato. Dall’inizio della guerra sono
stati contati circa 350 morti palestinesi in Cisgiordania, e tremila feriti, quasi
tutti a opera dell’esercito israeliano, vittime civili. Prolungandosi la guerra
a Gaza, contrariamente alle precedenti occupazioni israeliane del territorio, consumate in poche ore, si accresce la “gazafication”
della Cisgiordania.
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