“Io capitano”. dal lato Eritrea
Dopo
quello sui migranti dalla Nigeria a “Roma”, via Niger, compreso il traffico di
prostitute, documentato un paio d’anni fa dalla stessa rivista, un altro
documento che non abbiamo mai letto nelle pur sovraeccitate cronache della
disperazione dei media italiani – nessuno si avventura in Africa, che pre non dista molto. Il traffico
di migranti dall’East Africa, qui dall’Eritrea e l’Etiopia attraverso il Sudan
e la Libia verso l’Italia - un reportage di otto mesi di inchiesta. Quella parte di esso, la più remunerativa,
organizzata da un Kidane, un piccolo malvivente eritreo senza mestiere che
poco alla volta è diventato un ras della tratta, avidissimo (molto organizzato
in tutte le tappe della traversata, a ognuna rincarando la psta, e con le
famiglie a casa) e brutale. Da Dubai, dove ora banchetta. Con
un’organizzazione che dire mafia è poco.
Curioso
cha la parte iniziale del reportage sembra il soggetto del film di Garrone, “Io,
capitano”, sulle avventure di due giovani amici per la pelle, solo eritrei
invece che senegalesi. Nelle stesse
tratte, gli stessi luoghi in Libia, gli stessi maltrattamenti, con la sola
sostituzione del Sudan al Niger, la tappa degli orrori intermedia. In Libia luoghi e personaggi, anche le scene, sono gli stessi. Garrone conosceva la storia di Kidane. Non ne aveva bisogno, la storia è quella, da venti e più anni ormai.
Ed
Caesar, The Kingpin who kidnapped
migrants for ransom, “The New Yorker”, free online
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