Letture - 536
letterautore
Circasse – La donna
circassa fu a lungo celebrata, nelle corti e nelle lettere, nel tardo
Settecento e nel primo Ottocento. Come tardo caso di schiavitù, ma soprattutto
per la bellezza. La bellezza delle donne circasse, dalla pelle liscia e
levigata, fu consacrata da Rousseau nell’“Emilio”, in contrapposizione a quella
pelosa, bitorzoluta e foruncolosa della donna europea.
Dante – Era “islamico” anche prima di
Asìn Palacios, 1919, e di Maria Corti. Una prima fonte si reputava “Abulola”,
un poeta arabo dell’anno Mille (973-1047), Abul Ala Al Ma’arri, che in una
“Epistola del perdono” narra il viaggio di un amico nell’oltretomba.
Un
cattivo discepolo, lo dice il barone fisico e aforista di Gottinga Lichtenberg,
“Lo scandaglio dell’anima”, p, 255 Bur: “Con molto rispetto Dante Alighieri, nella
sua ‘Commedia’, chiama suo maestro Virgilio. Eppure se n’è servito così male,
come nota il signor Meinhard” ( Johann
Nikolaus Meinhard). Come se Dante non sapesse di chi parlava, commenta il
barone: “È una chiara prova che già allora si lodavano gli antichi senza sapere
il perché”.
Vero
o falso? D ante era molto colto. Però, Dante e Virgilio è un bel tema, specie
dopo l’“islamizzazione” di Dante. Dante poteva avere miglior maestro di Virgilio?
Che aveva fatto fare a Enea la discesa agli inferi – prima dei seguaci di
Maometto?
Virgilio
era molte cose nella retorica. Per Dante, lettore e diagnostico del
“Manoscritto”, contenente le opere virgiliane, è dichiaratamente la fonte del
bello stilo”, il fiume dell’eloquenza e la fonte dell’ispirazione poetica, come
lo connoterà subito nella “Commedia”. Era nella retorica del tempo il poeta dei
tre livelli, come da codifica nella “Rota Vergilii”. Della poesia umile nelle
“Bucoliche”, della medietas nelle “Georgiche”, e della tragedia e l’epica
nell’“Eneide”. Un maestro e un metro, secondo il criterio dominante del πρέπον, il “conveniente”, che legava lo stile alla materia
trattata. Dante indica in Virgilio il suo autore già nel
“Convivio”, IV, 6, 5, come “persona degna di essere creduta e obbedita” - l’auctor, da augeo,
“colui che fa crescere”.
Femminismo
–
“Il primo vero libro di Susan Sontag”, spiega a Nicola Mirenzi sul “Venerdì di
Repubblica” Benjamin Moser, premio Pulitzer per la biografia della scrittrice,
“è un testo fondamentale su Sigmund Frued, ‘The Mind of a Moralist’”, tradotto
col titolo “Freud moralista”. Ma il saggio “porta la firma di suo marito”, dell’allora
suo marito, Philip Rieff: “Susan lo scrisse dopo aver avuto David, a 19 anni”. Poi
il matrimonio andò a male, “e nella separazione (il libro) fu barattato con il
marito: lei gli cedeva il testo, lui il figlio”. Avendo Sontag sposato Rieff a
17 anni, la vicenda sa di etica tribale. Ma succedeva in America, nel 1950, lei
si era laureata a 15 o 16 anni, lui era sociologo, professore all’università.
Inglesi – Sono stati a
lungo inglesi, si sono detti inglesi, per via della lingua, anche gli scozzesi,
che ora si distinguono, i tanti filosofi e scrittori scozzesi. Patrick Brydone,
scrittore scozzese, parla sempre di “noi inglesi” nelle corrispondenze fittizie
che manda dalla Sicilia nel 1770.
Brydone,
gentiluomo di suo, era in Sicilia come chaperon
di un giovane signorotto inglese, lord Fullerton, e usava naturalmente l’inglese,
ma aveva commendatizie massoniche, che dunque più propriamente sarebbero state
scozzesi.
Anche gli irriducibili irlandesi, da Swift
a Oscar Wilde, prima di Yeats, si pensavano ed erano inglesi. Molto inglese era
anche Walter Scott: la “scozzesità di cui fu l’ordinatore era considerata una
eccentricità. – una “invenzione”.
Isolani
–Sono
“per natura” animosi contro i “continentali”? È l’ipotesi di Patrick Brydone
nell’ultima delle lettere che compongono il “Viaggio in Sicilia e a Malta
1770”: “Benché i siciliani siano in generale della gran brava gente e sembrino
dotati di molta filantropia e di cortesia, bisogna pur ammettere che non nutrono
gande simpatia per i loro vicini del continente. È strano”, prosegue Brydone, “e
direi assai poco lusinghiero per la natura umana”, pensando all’Inghilterra nei
riguardi del continente Europa: “Mi sarei augurato con tutto il cuore che noi
inglesi fossimo un’eccezione”. E si consola: “Ora come ora siamo noi i campioni
di questa animosità”, ma non i soli.
Italia - La fisica era
“italiana” nel Settecento. Il barone Lichtenberg, il fisico e scrittore tedesco
del secondo Settecento, che poi inviterà Alessandro Volta, da lui
ammiratissimo, alla sua università, Gottinga, per un’esposizione dei suoi
studi, progettò un viaggio in Italia per avere una conoscenza di prima mano
degli ultimi sviluppi. Ne scriveva in questi termini a un amico il 30 settembre
1784 - prima dell’invito a Volta a Gottinga: “Faccio questo viaggio solo per
allargare le mie conoscenze a vantaggio dell’università, perché oggi l’Italia
è, forse ancora più dell’Inghilterra, la sede della vera fisica”.
Junius – Lo pseudonimo
adottato nel 1917 da Luigi Einaudi (“per il fastidio di firmare ogni volta con
lo stesso nome anche le lettere di carattere politico che incominciai allora ad
indirizzare, fuori del solito campo economico, al direttore del Corriere della
sera”), precisava il 24 settembre 1944, era tratto da un classico politico inglese,
“The Letters of Junius”, apparse a
Londra nel 1772, e d’incerta attribuzione. Einaudi, che lo precisa per dire che
non si rifaceva a Rosa Luxemburg, la quale aveva già in uso lo pseudonimo (“quando
lanciò dal carcere prussiano la Junius brochure” – “caso mai amendue plagiammo
istintivamente uno pseudonimo notissimo nella grande letteratura politica
inglese”), ritiene che fossero opera di Sir Philipp Francis,, uomo politico del
tempo, ma precisa che “ancora nel 1867 si poteva pubblicare una lista di 40
nomi” di possibili autori.
Latino
–“10
agosto 1769. Quando condussi Sir Francis Clerke dal professor Förtsch, che
allora era prorettore, questi gli fece pomposamente e con retorica precisione
un lungo discorso in latino. “Quando ebbe finito di parlare”, è Lichtenberg che
racconta, “Lo scandalo dell’anima”, B 214, “gli dissi: «Vostra Magnificenza,
gli inglesi non capiscono il nostro latino». Non sembrò molto alterato”. Era
l’inglese dell’epoca.
Longanesi – “Egli trova
facilmente il ridicolo in tutto. È la forza dei deboli”, C. Alvaro, “Quasi una
vita”, 1943. A proposito di una battuta sui bombardamenti: “Ci stanno rovinando
gli originali delle fotografie Alinari”.
È lo stesso autore di alcuni manifesti di
propaganda di guerra”, prosegue Alvaro.
Maggio – Era un mese
infausto ai matrimoni. Patrick Brydone lo nota in Sicilia, dove viaggiava nel
1770, ma come di una credenza comune. “Come la maggior delle nazioni europee
anche i siciliani evitano con cura di sposarsi nel mese di maggio, e
considerano i matrimoni celebrati in quel periodo estremamente infausti”. Colpa
dei romani, dice il viaggiatore e scrittore scozzese: “Questa credenza
superstiziosa risale al tempo dei romani, e forse anche più in là: gli autori
classici ne parlano spesso, anzi sono stati loro a trametterla in quasi tutti i
paesi d’Europa”.
Pirandello
–“Pirandello
non dubita mai che qualunque idea gli venga in mente non sia importante. Fra le
sue carte non ha niente di inedito”, C. Alvaro, “Quasi una vita”,1936. E l’anno
dopo: “Pirandello aveva la spietatezza della castità. E così un forte disgusto
della natura umana, e accentuate ripugnanze fisiche”. La tarda relazione con
Marta Abba, stretta sul piano artistico ma fredda su quello umano, di cui si fa
colpa all’attrice, come di una carrierista sfruttatrice, avrebbe altra radice.
Sesso
–
Era un fenomeno elettrico nel Settecento – “Lichtenberg”, il fisico di Gottinga
che fu anche scrittore, “si diverte spesso a mettere in relazione l’elettricità
e il sesso”, nota il curatore dei suoi aforismi e delle sue lettere, Anacleto
Verrecchia. A proposito di Patrick Brydone, lo scrittore e naturalista scozzese
che nel 1974 pubblicò un “Viaggio in Sicilia e a Malta”, dove a un certo punto,
a Catania, proponeva di applicare il parafulmine, appena scoperto da B.
Franklin, alle acconciature voluminose delle signore, annotava, al frammento
D511: “”Brydone propone il parafulmine per la testa delle dame. Un parafulmine
per la loro… sarebbe meglio”.
Spinoza
–
È professore di spinozismo il Diavolo di Flaubert, ne “La tentazione di Sant’Antonio”.
Di Flaubert che si vuole – la critica vuole – spinozista. In realtà lo era
l’amico intimissimo di Flaubert, Le Poittevin, sul quale il Diavolo del “Sant’Antonio”
è modellato, nell’aspetto e nei modi e al quale l’opera sarà tardivamente dedicata
(era morto nel 1848, mentre Flaubert pensava di avere finito la sua “prima
opera”, che poi gli prenderà 27 anni).
Traduzioni – “Pensate alla capacità
di fare traduzioni automatiche di un libro di 500 pagine in un minuto e con un
buon risultato”, Giorgio Parisi, il fisico premio Nobel, a proposito dell’intelligenza
artificiale. Quanta letteratura in meno – bisognerà aggiornare i criteri letterari?
Ma non solo le traduzioni, anche la
“scrittura” è a rischio.
Werther
–
Fu stroncato all’uscita da Lichtenberg, che pure rispettava Goethe e se ne
voleva amico - e coltivava personalmente
l’idea del suicidio, ma alla modo degli asceti indiani e non per Schwärmerei, per sentimentalismo eroicizzante
- in questi termini, nella sintesi del suo curatore Anacleto Verrecchia:
“L’odore di una focaccia è una ragione migliore per rimanere al mondo che non
tutte le argomentazioni addotte dall’’eroe goethiano”.
letterautore@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento