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Altezza – È, sarebbe,
importante nella ritrattistica – e nella biografia? Sì - bisogna aggiornare la
lista avviata nella rubrica n. 534 del 18 ottobre. Pasolini era alto 1,67,
Fellini 1,83, Totò 1,63. Anna Magnani era 1,60, Meloni è 1,63.
Eugenia Barruero – La “maestrina della penna rossa” di De Amicis ha una targa a Torino, a
Largo Montebello 38, dove visse – lo ricorda “La Lettura”, con l’ultimo dei “Percorsi
Geografie”, dedicato agli scrittori a Torino. Visse a un paio di isolati da
dove Nietzsche impazzì. Morì a 98 anni, nell’aprile del 1957 – un personaggio
che più ottocentesco non si può nell’Italia del boom. Giovanissima maestra faceva tirocinio nella scuola, allora chiamata
“Moncenisio”, in via Cittadella, dove Ugo, il secondo dei figli dello
scrittore, frequentava le elementari. Il compito della tirocinante era di
aiutare i più piccoli a rivestirsi prima di uscire e a stare ordinati in fila: “A
questo tira su il bavero, a quell’altro abbottona il cappotto perché non
infreddino, li segue fin nella strada perché non si accapiglino”. Una ragazza,
subito dopo il diploma, era la cocca dei più piccoli: “Tormentata continuamente dai più piccoli che le fanno
carezze e le chiedono dei baci tirandola pel velo e per la mantiglia”. Quando “Cuore” fu pubblicato aveva già
26 anni, e insegnava a Volpiano, dove resterà per tutto la vita attiva. A Largo
Montebello si ritirò alla pensione, in casa di una nipote. Deve l’appellativo alla
prima immagine che “Enrico Bottini”, il narrante di “Cuore” alias di De Amicis, terza elementare, padre ingegnere, un ragazzo
destinato agli studi, ne dà: “Quella giovane col viso color di rosa, che ha due
belle pozzette, e porta una gran penna rossa sul cappellino”. Un ritratto o
tutto lusinghiero e quasi innamorato: “È sempre allegra, tiene la classe
allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che
canti”.
Cinema
– È
un paraocchi, copre le immagini sotto forma di esibirle, insistente? È l’idea
di Kafka: “La velocità dei movimenti e il rapido mutare delle immagini ci
costringono continuamente a passare oltre. Lo sguardo non si impadronisce più
delle immagini, sono le immagini che si impadroniscono dello sguardo e allagano la coscienza. Il
cinema mette l’uniforme agli occhi”.
Kafka lo confidava, da “scrittore visivo”,
che raccontava per immagini, nei colloqui con Janouch: il cinema “è un
giocattolo grandioso, ma non lo tollero, forse perché sono troppo visivo”.
Destra-sinistra
–
La cultura dominante nella storia della Repubblica, nei media (editoria, giornali,
televisioni - Rai, Sky, la stessa Mediaset), nell’accademia, nell’opinione
pubblica, è di sinistra, gli autori sono di destra. Berardinelli ne abbozza un
elenco nella sua rubrica sul “Venerdì di Repubblica”: “Marinetti e D’Annunzio,
Pirandello e Pound, Heidegger e Eliot, Schmitt e Jünger, Céline e Gadda, Borges, Tolkien, Nabokov e
non pochi altri” – Hamsun, Pessoa, Simenon, per esempio, o il marginalizzato
Berto.
La cultura però si vuole di sinistra solo
in Italia – da qui il mito del fascismo perenne? Ma Céline, come Pound, Hamsun, e Jünger, ha affascinato nel secondo
Novecento il radicalismo antiborghese. Che ora, nel’era del mercato, dell’arricchitevi,
è sospetto, e portato a capo d’accusa (è popuilismo nazionalismo, identitarismo,
etc.), un ma quarant’anni fa, anche venti, era “rivoluzionario”.
Famiglia
-
“È l’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e
i loro figli; è un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società”,
Claude Lévi-Strauss, “Razza e storia e altri studi di antropologia”, 1967.
Lettura – Introduce all’immortalità,
da qui la sua attrattiva? “La lettura è un’immortalità all’indietro” secondo
Umberto Eco, in un ricordo online, già pubblicato su “L’Indice”, di Achille
Mauri. “Mi piace concludere ricordando una sua celebre frase”, scrive Mauri: “Chi
non legge, a settant’anni avrà vissuto una sola vita, la propria. Chi legge avrà
vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò
Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…. Perché la lettura è un’immortalità
all’indietro”.
“Moby Dick” – Il romanzone è “narrare
la vita in controluce alla morte”, Claudio Magris.
Occhio – È impuro? Freud,
che non era un voyeur, lo accosta
all’organo genitale (nel saggio “Il perturbante”), per definizione
(freudiana) impuro.
Salgari – “Fra queste mura
Emilio Salgari\ visse in onorata povertà” è la prima cosa che ricorda la lapide
sulla sua ultima abitazione a Torino, in Corso Casale 205. Che termina col
distico “la sua genialità avventurosa\ il suo doloroso calvario”.
Sprecare – È un po’ pregare
– Gianfranco Ravasi, “Breviario” 19 novembre. Cioè, ne è l’opposto, ma da una radice
comune. Il cardinale lo spiega in un’agile, fenomenale, rilettura del terzo dei
favolelli di Calvino,”Il cavaliere inesistente” – “non ci sono altri giorni che
questi nostri giorni. Che mi sia dato di non sprecarli”, chiede Agilulfo, il cavaliere
senza corpo, tutto armatura: “«Sprecare», come «deprecare», «imprecare» è la
degenerazione del termine «pregare» (in latino paecor, domandare, imprecare, attendere da Dio)”.
Straniero
–
Siamo noi, ognuno è straniero? Nessuno lo è storiella che Eduardo Galeano (“El
cazador de historias”) dice di avere udito in un bar di Barcellona in Spagna: “Il
tuo dio è ebreo, la tua musica è nera, la tua macchina è giapponese, la
tua pizza è italiana, il tuo gas è
algerino, il tuo caffè brasiliano, la tua democrazia è greca, o tuoi numeri
sono arabi, le tue lettere sono latine, io sono il tuo vicino e tu mi chiami
straniero?”
letterautore@antit.eu
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