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Novecento rivoluzionario e distruttivo
È
la voce “narrativa” che Magris compilò per la Treccani nel 1979, quarantenne ma
già autorevole. È un’analisi, di fatto, del Novecento, attraverso alcuni suoi
narratori, Thomas Mann, Musil, Woolf,
Joyce,
Svevo. Una anatomia del secolo.
La
dissoluzione dell’epica, e di ogni altro ordine, fino alla crisi del soggetto.
In realtà, in filigrana, l’autoritratto di un secolo di traumatismi. Tecnici,
politici e militari. Tali da annientare il positivismo fideistico dell’
Ottocento. Delle “magnifiche sorti e progressive”. Dell’individuo – del poco o
molto narcisismo concesso all’essere umano. Dissolto nelle “mobilitazioni
totali”, o “rivoluzionarie”, di guerre senza limiti, esterne e interne, per
durata e distruttività. In cui la narrazione si concentra sull’io, anche nelle
storicizzazioni di Musil e Thomas Mann, ma sui toni del compianto.
Con
molte assenze, inevitabili? Di Proust – e di ogni altro francese che pure
sarebbe stato in tono con l’anamnesi, Camus, Sartre. Degli americani, che tanta
parte hanno avuto nella narrativa del secolo, in America e fuori. E di Garcia
Marquez, o Borges, in aggiunta ad Amado, che esaurisce il resto del mondo.
Claudio
Magris, Narrativa, Treccani pp. 168
€ 10
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