Cerca nel blog

mercoledì 15 novembre 2023

Secondi pensieri - 528

zeulig


Dialettica
- Il triangolo dialettico non è ridicolo: sponda, controsponda, carambola. Qui siamo e qui restiamo.
 
Essere
– È  divenire, certo, è in progress.
Divenire, cioè tutto scorre, ma da dove a dove? Da nessun inizio a nessuna fine - dal nulla al nulla? È la macchina del vento. L’essere, certo, è il divenire, ma non per questo più consistente, e nemmeno logico.
Ciò che non è è ciò di cui non si può dire. Lo dice Wittgenstein ma lo sapeva gia Parmenide, in Platone. Questo è il paradosso dei paradossi, per chi si di-letta di logica, che non ha mai inventato nulla, nemmeno nel senso di tro-vato. L’origine ama nascondersi. L’ignoranza, meglio nasconderla.
 
Marxismo
– Era minato, ben prima del crollo del sovietismo, dagli stessi suoi seguaci , anche se eretici. La filosofia della prassi di Gentile liberava il marxismo dalle incrostazioni, naturalistiche, pa-leo materialiste, idealiste, e con Gramsci delineava il marxismo migliore: la filosofia è rivoluzione. Ma i risultati non hanno cessato di essere catastrofici, sia pure sotto la specie fascista-sovietica: la filosofia del primato del divenire, o della rivoluzione totale, si è rovesciata nel nichilismo.
Il nichilismo si imputa a Nietzsche ma il poveretto non c’entra, impazzì per essersi battuto contro questo avvento per lui chiarissimo. Heidegger semmai, che ne è l’esegeta, ne è anche testimone, se non attore. Una filosofia che, aspettando la rivoluzione, non spiega la storia è un errore o un trucco, non spiegandosi i totalitarismi se non come una parentesi. Mentre una civiltà che al suo culmine stermina ebrei, zigani, kulaki e ogni indifeso, deve far riflettere.
Anche perché, se il sovietismo si è dovuto arrendere al mercato, al consumismo, il fascismo essenzialmente si è sconfitto, per l’impazienza di Hitler. Dopo essere stato fenomeno mondiale, dice bene Croce: “In tutto il mondo contemporaneo si è celebrato il Superuomo e il Duce”. E dunque non si può liquidarlo. E non nel senso dell’irrompere nella storia dell’Anticristo, il diavolo, il male assoluto, ma in senso storico: non è la barbarie dei pochi, è la mostruosità di una cultura si vuole rivoluzionaria, radicalmente nuova, antiborghese, irreligiosa, di massa. Alla fine del tempo non c’è la perfetta società socialista, ma magnaccia e iene ridenti. 
 
Nichilismo - Heidegger, intricandolo, l’annienta. Annienta il niente, dietro, sopra, sotto di esso prospettando profondità e anzi abissi. Ma questa saracinesca tra l’io e la vita, tra l’io e la verità, e la disarticolazione conseguente dell’io, hanno radice filosofica? O non sono una vendetta della realtà sull’io factotum? Di certo si radicano nel grasso. Il nichilismo viene con l’affluenza, là dove e quando, per la prima volta nella storia, la borghesia ne è il motore, la creazione della ricchezza. Il nichilismo è filosofia da sazietà. Quando la malattia e la fame sono vinti, il filosofo e il poeta si guardano l’ombelico e si annoiano. Pensano il pensiero del pensiero, la lingua della lingua, la poesia della poesia. E gli gira la testa, se scopano si contano le pulsazioni. Si filosofa ora nella brousse, negli Urali, e forse nel Gobi.
Il nichilismo è categoria reazionaria, l’abominio dell’esistente, non innova, non libera, e non esplora. “Esser-là” nell’esistenza, lo diceva Jean Paul per scherzo. Il nichilismo d’autore suona falso. Per l’argomen-to da che pulpito la predica, non del tutto volgare. Tale è la cura che la scrittura richiede, per creare, diffondere, spiegare: non è roba da stanchi, o angosciati. Un professore universitario, quali sono i filosofi oggi, ha poi impegni pratici doppi, con le fotocopiatrici e le sessioni d’esame.
Si trova nelle pieghe più sorprendenti, per esempio il nichilismo gesuita. O di Brecht, cresciuto dai gesuiti, figlio di amministratore delegato, che ne mantiene il nichilismo radicale, nel furore pedagogico.
 
Oggettivo – Il termine chiave del lessico marxiano, ora defunto ma dominante fino al crollo  del sovietismo, sta per “destinale”, “destino”? Nella lettura del marxista Canfora nel ciclo di conferenze tematiche “Le parole della storia” (sul tema “libertà”, dopo “Risorgimento” e “fascismo”), tenuto a Bari, riprodotta sul “Corriere della sera”. Indica l’insieme dei “«condizionamenti» che stanno alla base di decisioni apparentemente «libere»”. Questo già nella classicità,  quando l’articolazione della società tra “liberi” e  “schiavi” consentiva ai privilegiati, pochi secondo alcune scuole,per esempio gli stoici, di essere “liberi” – “da vincoli, condizionamenti, bisogni fittizi, ambizioni, etc.”. Per questo la libertà è “una faticosa marcia”, “un processo perenne che non avrà mai fine pur essendo ineludibile e necessario”. Un pessimismo o messianismo che Marx avrebbe sicuramente avversato: la libertà è qui e ora, a ogni istante in ogni avversità, oggettiva oppure no. In uno stesso paesaggio ma con approccio diverso – di azione e non di riflessione, di riflessione per l’azione.
 
Verità - È “nelle sfumature”, spiega George Brandes a Nietzsche nella prima lettera che gli scriveva: “Lei è molto tedesco. Il suo spirito, di regola così brillante, sembra venire meno quando la verità è nella sfumatura”.
Brandes, di nascita Cohen, poi filologo anche italianista, e punto di riferimento dei letterati danesi primo Novecento (“scoprì” Karen Blixen, ne valorizzò I raconti), veniva dalla frequentazione di Kierkegaard, certo meno epigrammatico di Nietzsche.
 
Si può essere bugiardi e dire la verità.
La verità è che non c’è la verità.

zeulig@antiit.eu

Nessun commento: