Verso un nuovo fronte in Cisgiordania
Prolungandosi la guerra a Gaza, tanto
più ora con le pause pure benvenute di tregua, il timore in Europa è che una
situazione analoga, di radicalizzazione, si crei in Cisgiordania. Dove Israele
ha intensificato dal 7 ottobre la colonizzazione, con l’intervento dell’esercito
accanto ai coloni – i morti contati sono oltre duecento, con molti arresti ed
espropri forzosi. La radicalizzazione della Cisgiordania renderebbe la situazione
rischiosa per gli equilibri globali.
I timori che la Farnesina riscontra
a Parigi, soprattutto, ma anche a Berlino, e per alcuni segnali a Londra, è che
la politica di colonizzazione spinta che Israele sta portando avanti in Cisgiordania
dall’inizio della guerra porti a una radicalizzazione palestinese, con o senza
Hamas, anche in questa area. Che è molto più grande di Gaza, e non isolata: un conflitto
vi sarebbe forse più disastroso, sicuramente più denso di rischi. Non c’è una frontiera,
israeliani e palestinesi sono frammischiati, dopo quasi sessant’anni di occupazione
militare israeliana, Siria e Iran potrebbero ritenersi obbligati a intervenire.
L’astensione proclamata dall’Iran
da ogni intenzione di intervento nella guerra lascia sperare che il conflitto a
Gaza resti localizzato. Ma si accrescono i timori generati dal mancato
cambiamento di governo in Israele, malgrado le responsabilità per l’attacco del
7 ottobre: il governo di guerra, benché allargato al centro, è sempre dominato
da Netanyahu e i partiti dei coloni.
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