Biden per l'espulsione dei palestinesi
“Non corriamo alla catastrofe” è il titolo, un invito. Ma doom
è anche destino, e anche condanna.
Il
titolo è una presa di posizione. Netta, contro il “colonialismo” israeliano nei
confronti dei palestinesi. Anziska, specialista di studi ebraico-israeliani all’University
College di Londra (London University), è noto per due ricerche. Una sulla
diplomazia israelo-americana intesa a prevenire la costituzione di uno Stato
Palestinese, “Preventive Palestine: A Political History from Camp David to
Oslo”. E una sull’invasione israeliana del Libano (basata sui documenti desecretati
nel 2012, a trent’anni dai fatti), che documenta l’asse Israele-Falange libanese
(milizie cristiane) nell’invasione del Libano del 1982, e nel massacro di Sabra
e Chatila (pubblicata sul sito della rivista il 17 settembre 2017).
Sotto
forma di intervista, lo storico spiega la critica del sionismo, inteso come
colonizzazione e creazione di uno Stato etnico, dall’interno della tradizione
ebraica, di studi ebraici. L’intervista riprende anche lo studio che ha reso Anziska
noto, la sottile distinzione tra “autonomia” palestinese e “sovranità”, che ha
portato agli accordi di pace-imbuto di Oslo. E si conclude con la disamina
della risposta dell’amministrazione Biden “all’assalto su Gaza” – non sul 7
ottobre.
Di
quest’ultimo aspetto Anziska, ritenuto
un’autorità per lo studio delle “ambiguità” delle amministrazioni americane che
da Camp David (1974) portarono a “Oslo”, all’accordo firmato a Washington nel
1993, su iniziativa e in buona misura a opera americana, dà una disamina
inedita. “Nessun altro presidente americano ha attivamente permesso e
materialmente appoggiato la pulizia etnica israeliana in scala così massiccia.
Qualcuno ha sostenuto che il calcolo di Biden, dopo i brutali massacri di Hamas
il 7 ottobre, era di dare a Israele un forte abbraccio (bear hug), di mostrare ai leader di Israele che non c’è alcuna
fissura tra il loro paese e gli Stati Uniti, guadagnandosi quindi lo spazio per
governare modi e misure della punizione del governo Netanyahu. Ma gli atti dell’amministrazione
Biden, e le sue proprie parole, compreso l’imperdonabile dubbio retorico sul
numero delle morti palestinesi a Gaza, rendono quell’assunto difficile da
sostenere. Biden ha autorizzato il più alto tasso di vittime nella storia del
conflitto, giacché il nord della striscia di Gaza diventa inabitabile e
infetto, e non ha fatto nulla per contener e le espulsioni forzate e gli assassinii
nella Cisgiordania”.
A
giudizio dello storico, Biden ha per questo “minato i valori e l’influenza”
americana nel mondo. Ma ha altri elementi
di fatto per basare questa asserzione: “In questi ultimi due mesi ci sono state
plurime indiscrezioni sui trasferimenti senza precedenti dell’amministrazione Biden
di armi letali a Israele senza un vero controllo – che hanno portato alle dimissioni
del dirigente del Dipartimento di Stato
Josh Paul – e anche le prime rivelazioni che la Casa Banca ha sostenuto il
trasferimento dei civili fuori di Gaza”.
È forse
per interventi come questo che il dipartimento di Stato oggi annuncia il blocco
dei visti per i “coloni estremisti” israeliani in Cisgiordania.
Seth
Anziska, Let Us not Hurry to Our Doom,
“The New York Review”
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