martedì 5 dicembre 2023

Biden per l'espulsione dei palestinesi

“Non corriamo alla catastrofe” è il titolo, un invito. Ma doom è anche destino, e anche condanna.
Il titolo è una presa di posizione. Netta, contro il “colonialismo” israeliano nei confronti dei palestinesi. Anziska, specialista di studi ebraico-israeliani all’University College di Londra (London University), è noto per due ricerche. Una sulla diplomazia israelo-americana intesa a prevenire la costituzione di uno Stato Palestinese, “Preventive Palestine: A Political History from Camp David to Oslo”. E una sull’invasione israeliana del Libano (basata sui documenti desecretati nel 2012, a trent’anni dai fatti), che documenta l’asse Israele-Falange libanese (milizie cristiane) nell’invasione del Libano del 1982, e nel massacro di Sabra e Chatila (pubblicata sul sito della rivista il 17 settembre 2017).
Sotto forma di intervista, lo storico spiega la critica del sionismo, inteso come colonizzazione e creazione di uno Stato etnico, dall’interno della tradizione ebraica, di studi ebraici. L’intervista riprende anche lo studio che ha reso Anziska noto, la sottile distinzione tra “autonomia” palestinese e “sovranità”, che ha portato agli accordi di pace-imbuto di Oslo. E si conclude con la disamina della risposta dell’amministrazione Biden “all’assalto su Gaza” – non sul 7 ottobre.
Di quest’ultimo aspetto Anziska,  ritenuto un’autorità per lo studio delle “ambiguità” delle amministrazioni americane che da Camp David (1974) portarono a “Oslo”, all’accordo firmato a Washington nel 1993, su iniziativa e in buona misura a opera americana, dà una disamina inedita. “Nessun altro presidente americano ha attivamente permesso e materialmente appoggiato la pulizia etnica israeliana in scala così massiccia. Qualcuno ha sostenuto che il calcolo di Biden, dopo i brutali massacri di Hamas il 7 ottobre, era di dare a Israele un forte abbraccio (bear hug), di mostrare ai leader di Israele che non c’è alcuna fissura tra il loro paese e gli Stati Uniti, guadagnandosi quindi lo spazio per governare modi e misure della punizione del governo Netanyahu. Ma gli atti dell’amministrazione Biden, e le sue proprie parole, compreso l’imperdonabile dubbio retorico sul numero delle morti palestinesi a Gaza, rendono quell’assunto difficile da sostenere. Biden ha autorizzato il più alto tasso di vittime nella storia del conflitto, giacché il nord della striscia di Gaza diventa inabitabile e infetto, e non ha fatto nulla per contener e le espulsioni forzate e gli assassinii nella Cisgiordania”.
A giudizio dello storico, Biden ha per questo “minato i valori e l’influenza” americana nel mondo.  Ma ha altri elementi di fatto per basare questa asserzione: “In questi ultimi due mesi ci sono state plurime indiscrezioni sui trasferimenti senza precedenti dell’amministrazione Biden di armi letali a Israele senza un vero controllo – che hanno portato alle dimissioni del dirigente del Dipartimento di Stato  Josh Paul – e anche le prime rivelazioni che la Casa Banca ha sostenuto il trasferimento dei civili fuori di Gaza”.
È forse per interventi come questo che il dipartimento di Stato oggi annuncia il blocco dei visti per i “coloni estremisti” israeliani in Cisgiordania. 
Seth Anziska, Let Us not Hurry to Our Doom, “The New York Review”

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