Il cinema non è una cosa seria
Il
cinema del cinema, in formato grande, gigante. Di un’arte che si vuole
semplice, perfino noiosa a fare - sminuzzata, ripetitiva. Ma richiede molti
soldi, per un investimento a rischio elevato. E consuma chi la fa, dai
produttori agli artisti e alle maestranze, tutti nevrotizzati (alcolizzati,
drogati, sessuomani, ludopatici, violenti). Qui li consuma a maggior ragione, perché
siamo nei secondi anni 1920, del passaggio al sonoro. Quando cioè le stelle del muto all’improvviso
divennero ridicole o incapaci, di voce ineducata
o sgradevole.E malgrado tutto arte popolare per eccellenza, di linguaggio e
costo accessibile a tutti: due ore di luce, di sogno, per pochi spiccioli, anche
per gli animi semplici – indeducati, poveri.
Chazelle,
regista del cinema-spettacolo, di immagini, musica, danza e parole, tenta il
capolavoro assoluto. Tre ore di eccessi. Aperti da un’orgia porno-alcolica-drogata-violenta
nel deserto della California, espressione della ricchezza folle, stravagante,
del cinema muto che si faceva con quattro soldi. A fronte del cinema come sogno
del giovane messicano addetto ai servizi meniali. E su questa antinomia va
avanti.
Alcune
scene sono strepitose. Quelle dei titoli di testa, dell’elefante alla festa, e
poi dell’orgia nel palazzo nel deserto. O della ragazza di provincia, povera e
ambiziosa, che subentra per caso in un set alla star indisposta e diventa per il
solo temperamento una diva - una prova strabiliante, per tutta la durata del film, di Margot Robbie. Magistrale quella dei primi ciak del sonoro. Ma un’occasione
sprecata, probabilmente al montaggio – il giovane regista sembra non aver voluto
rinunciare a niente di quanto aveva girato, anche se ci azzecca poco. Per un racconto
che in definitiva resta sfocato, dispersivo. Se non, involontariamente, come
critica dell’american way of life, soldi
e alcol, di cui Hollywood sarebbe eponima – a fronte, in continuazione, di una
ipotetica Europa virtuosa.
Con
un tributo muto, mostrato, non detto, a Harvey Weinstein – è questo che è
costato al film un qualche premio dei tanti cui è stato candidato?: un
produttore compare sui ciak e alle feste dallo sguardo ragionevole, non ubriaco
né “fatto”, rispettoso di attori r registi, con le fattezze del produttore
condannato per violenza sessuale.
Damien
Chazelle, Babylon, Sky Cinema Due,
Now
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