domenica 3 dicembre 2023

La guerra del petrolio di Kissinger

Un punto non è stato ricordato nei necrologi diffusi di Kissinger, che però è stato cruciale per l’Europa e nell’area del Mediterraneo – di marginalizzazione dell’Europa e di crescita strabiliante del mondo arabo-islamico: l’esplosione dei prezzi del petrolio, a un mese dalla sua nomina a segretario di Stato. In una con la guerra del Kippur scatenata dall’Egitto di Sadat.
I corsi del petrolio da un anno e mezzo erano lamentati dalle compagnie petrolifere. I costi di produzione erano sempre bassi, ma la redditività e la capitalizzazione delle compagnie erano deboli. E non permettevano di finanziare la ricerca mineraria negli Stati Uniti.
Con gli idrocarburi a basso costo infimi (al petrolio si accompagna il pezzo del gas) si era finanziata l’economia europea. La dipendenza si rivelerà un cappio dopo la crisi dell’ottobre 1973, prosciugando le riserve monetarie di molti paesi europei, tra cui l’Italia (nel 1975, ridotte le riserve in Banca d’Italia a quasi zero, si dovette ricorrere a un prestito dalla Germania). L’effetto fu neutro per l’economia americana, sostanzialmente autosufficiente per le fonti di energia: il gallone di benzina aumentò, ma non di molto, mentre l’industria petrolifera, per tre quinti americana, si ricapitalizzò vistosamente.
Nel 1972 e nel 1973, alle assise periodiche dei paesi produttori di petrolio un diplomatico americano di nome James Akins, “collaboratore del consigliere nazionale per la sicurezza Henry Kissinger”, ne era diventato la vedette, applaudito, tra risate e manate. Interveniva sempre, e spiegava che il petrolio era sottovalutato, e che non c’erano mercati alternativi di fonti di energia al petrolio.
A fine 1973 il neo segretario di Stato Kissinger nominava il 1974 “l’anno dell’Europa”.

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