Il Sud riscoperto, dal di dentro
“Quarantamila
anni” fa “un cratere grande come l’intera città
si era aperto fra Marechiaro e Capo Miseno. L’eruzione vomitò fuoco,
incendiò gli Appennini e sparò ceneri fino in Siberia, generando un tale
raffreddamento del clima che forse contribuì all’estinzione dell’uomo di
Neanderthal e fece trionfare la razza più evoluta di Cro-Magnon”. È di Napoli
che si parla, che fa “storie” a sé, che si tratti di un terremoto delle razze umane
o dello scudetto. Ma la cosa è possibile, oltre che suggestiva, quindi è certa.
Nella
Penisola il terremoto è la normalità, benché rimossa: “Quel tuono in Do minore
abitava stabilmente la spina dorsale
dell’Italia e la rappresentava più del suo inno nazionale, ma gli italiani non
lo sapevano e, quel che è peggio, preferivano non saperlo”. Quel che è peggio?
È possibile, il Male non ha limiti.
Rumiz,
che fa qui un viaggio nei terremoti, nell’Italia dei terremoti, non ne fa un
male. Ne fa la scoperta. Il viaggiatore dei Balcani, cui lo disponeva
(destinava?) la sua città, Trieste, ma più dell’Italia, dell’Italia sconosciuta
agli italiani – rimossa, trascurata, dimenticata – e più autentica,
l’Appennino, le Alpi non sciistiche e non “turistiche”, risale la penisola
lungo le sue linee di faglia –la raccolta dedicando “a Roberto De Simone”, il
trascurato della migliore Tradizione napoletana, “e alla terra che l’ha cresciuto”.
Un
viaggio nel Sud di fatto - al Nord sono riservate poche note, da ultimo. Che
Rumiz tratteggia ad abundantiam nei
linguaggi, gli umori, le sensibilità, e come oggi usa nei sapori. Una ricognizione
di capacità affabulatoria vivissima. Si torna bambini leggendolo, golosi di
storie , sempre magiche o diaboliche. Rumiz sa raccontare anche le parole:
disastro, rischio, desiderio – e il “pezzo da novanta”, l’altezza di Orlando
nell’opera dei pupi. Dolente: un Rutilio Namaziano dei nostri giorni, cantore
malinconico dell’ “Europa al tramonto”.
Con
una serie di personaggi ordinari-straordinari, di ambienti poco frequentati, in
Sicilia, Calabria, Basilicata, Irpinia, A
bruzzi, Molise, nella stessa battutissima Napoli, estesa a Ercolano. Con figure
anche memorabili, quale Ludivico Corrao, grande comunista, e principe dei tempi
andati, che da solo progetta la “sua” Gibellina ricostruita dopo il terremoto e
rimasta inabitata tanto è inospitale –
con la macabra fine a opera del giovane domestico bengalese.
La
risalita dello Stretto di notte, da Reggio a Cannitello, su uno sloop da 12 metri, là dove le
“piattaforme” continentali Europa-Africa s’iconrrano, è una sinfonia
drammatica. Come, in breve, la morfologia (la poesia) dei venti, Libeccio,
Tramontana, Grecale, nello Stretto. La presenza della Grande Madre ovunque, di
madonne più spesso “nere”. E l’insistito parallelo tra la sicilianità e la
napoletanità, la malinconia e la danza, un mondo dalla tonalità in La minore e uno
in Sol maggiore. Il terremoto è “il ruggito del Minotauro”, rinchiuso nel
labirinto. Con la scoperta che la Padania, tettonicamente, è Africa. E una misurata
ma ineliminabile denuncia dell’imprevidenza – “non so perché ci chiamano «il
Paese dei furbi»”.
In
nota Rumiz precisa che “il racconto trae spunto da una serie di viaggi compiuti
dal 2009 al 2023, alcuni dei quali narrati come reportage su «la Repubblica»”.
Il titolo è di Monica, la sua nuova compagna.
Da
leggere-gustare come voleva Voltaire, una vita da lettore, con la matita in
mano. Con un triste epicedio, anticipato alla pagina 60: “Niente come l’assenza
di precauzioni antisismiche svelava il
tramonto della memoria e al tempo stesso la scomparsa del futuro dalla mente
degli italiani”.
Un
viaggio nei terremoti dal “muro di Ancona” del comico Ferrini in giù che è
anche la scoperta di “una gloriosa pluralità negata dall’idea di nazione”. Ma
forse solo dall’idea leghista, che Rumiz non nomina mai ma che non può non
averlo segnato, uno spirito aperto qual è. Proiettandolo da un paio di decenni
sulla disprezzata Italia “minore”, dopo decenni da grande inviato nelle grandi
questioni continentali.
Paolo
Rumiz, Una voce dal Profondo,
Feltrinelli, pp. 287 € 18
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