lunedì 11 dicembre 2023

Il Sud riscoperto, dal di dentro

“Quarantamila anni” fa “un cratere grande come l’intera città  si era aperto fra Marechiaro e Capo Miseno. L’eruzione vomitò fuoco, incendiò gli Appennini e sparò ceneri fino in Siberia, generando un tale raffreddamento del clima che forse contribuì all’estinzione dell’uomo di Neanderthal e fece trionfare la razza più evoluta di Cro-Magnon”. È di Napoli che si parla, che fa “storie” a sé, che si tratti di un terremoto delle razze umane o dello scudetto. Ma la cosa è possibile, oltre che suggestiva, quindi è certa.
Nella Penisola il terremoto è la normalità, benché rimossa: “Quel tuono in Do minore abitava stabilmente  la spina dorsale dell’Italia e la rappresentava più del suo inno nazionale, ma gli italiani non lo sapevano e, quel che è peggio, preferivano non saperlo”. Quel che è peggio? È possibile, il Male non ha limiti.
Rumiz, che fa qui un viaggio nei terremoti, nell’Italia dei terremoti, non ne fa un male. Ne fa la scoperta. Il viaggiatore dei Balcani, cui lo disponeva (destinava?) la sua città, Trieste, ma più dell’Italia, dell’Italia sconosciuta agli italiani – rimossa, trascurata, dimenticata – e più autentica, l’Appennino, le Alpi non sciistiche e non “turistiche”, risale la penisola lungo le sue linee di faglia –la raccolta dedicando “a Roberto De Simone”, il trascurato della migliore Tradizione napoletana, “e alla terra che l’ha  cresciuto”.
Un viaggio nel Sud di fatto - al Nord sono riservate poche note, da ultimo. Che Rumiz tratteggia ad abundantiam nei linguaggi, gli umori, le sensibilità, e come oggi usa nei sapori. Una ricognizione di capacità affabulatoria vivissima. Si torna bambini leggendolo, golosi di storie , sempre magiche o diaboliche. Rumiz sa raccontare anche le parole: disastro, rischio, desiderio – e il “pezzo da novanta”, l’altezza di Orlando nell’opera dei pupi. Dolente: un Rutilio Namaziano dei nostri giorni, cantore malinconico dell’ “Europa al tramonto”.
Con una serie di personaggi ordinari-straordinari, di ambienti poco frequentati, in Sicilia, Calabria,  Basilicata, Irpinia, A bruzzi, Molise, nella stessa battutissima Napoli, estesa a Ercolano. Con figure anche memorabili, quale Ludivico Corrao, grande comunista, e principe dei tempi andati, che da solo progetta la “sua” Gibellina ricostruita dopo il terremoto e rimasta  inabitata tanto è inospitale – con la macabra fine a opera del giovane domestico bengalese.
La risalita dello Stretto di notte, da Reggio a Cannitello, su uno sloop da 12 metri, là dove le “piattaforme” continentali Europa-Africa s’iconrrano, è una sinfonia drammatica. Come, in breve, la morfologia (la poesia) dei venti, Libeccio, Tramontana, Grecale, nello Stretto. La presenza della Grande Madre ovunque, di madonne più spesso “nere”. E l’insistito parallelo tra la sicilianità e la napoletanità, la malinconia e la danza, un mondo dalla tonalità in La minore e uno in Sol maggiore. Il terremoto è “il ruggito del Minotauro”, rinchiuso nel labirinto. Con la scoperta che la Padania, tettonicamente, è Africa. E una misurata ma ineliminabile denuncia dell’imprevidenza – “non so perché ci chiamano «il Paese dei furbi»”.
In nota Rumiz precisa che “il racconto trae spunto da una serie di viaggi compiuti dal 2009 al 2023, alcuni dei quali narrati come reportage su «la Repubblica»”. Il titolo è di Monica, la sua nuova compagna.
Da leggere-gustare come voleva Voltaire, una vita da lettore, con la matita in mano. Con un triste epicedio, anticipato alla pagina 60: “Niente come l’assenza di precauzioni antisismiche  svelava il tramonto della memoria e al tempo stesso la scomparsa del futuro dalla mente degli italiani”.
Un viaggio nei terremoti dal “muro di Ancona” del comico Ferrini in giù che è anche la scoperta di “una gloriosa pluralità negata dall’idea di nazione”. Ma forse solo dall’idea leghista, che Rumiz non nomina mai ma che non può non averlo segnato, uno spirito aperto qual è. Proiettandolo da un paio di decenni sulla disprezzata Italia “minore”, dopo decenni da grande inviato nelle grandi questioni continentali.
Paolo Rumiz, Una voce dal Profondo, Feltrinelli, pp. 287 € 18 

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