sabato 6 maggio 2023
Ombre - 666
“la
Repubblica” da Monaco di Baviera, al congresso
del Ppe, i Popolari europei : “A sostegno di un’alleanza tra il Ppe e Fdi ci
sono i geci, i croati e i bulgari. Contro, invece, sono schierati i paesi del
«nord» Europa, Belgio, Olanda e Lussemburgo, con portoghesi e polacchi”.
Tacendo che a favore è il Ppe tedesco, che decide – con quello spagnolo, che è
il secondo più importante.
Il figlio della regina, della regina Elisabetta – a Bagheria
C’è
“Il figlio della regina”, è siculo ma è lui, figlio della regina Elisabetta, e
fa le stesse cose – “è un lupo nottambulo”. “Francisi e taliani” pari sono,
come oggi, litigando. C’è un mondo variegato, per lo più di poveracci, che non
fanno le cose dei romanzi ma quelle di vita ordinaria. Il fattorino di banca,
sette figli, trasferito solennemente da Palermo a Milano. Il “maresciallo di
carrriera nella fanteria,\ congedato per alienazione mentale,\ aveva
fatto la prima e la seconda guerra mondiale”, con dodici medaglie. Su una tela di
“sicilitudine” diversa, velenosa, di chiacchiere vuote e nessuna compassione - qual è di fatto, si può attestare. Un “Invito a cena”
con sospetto di cannibalismo.
“Racconti
in versi” è il sottotitolo. In lingua, di versi sciolti, al ritmo teatrale. Con
un’appendice in siculo e in lingua, di ballatette cantabili, in ottonari e
settenari rimati. Un tentativo di Ignazio Buttitta di uscire dal cliché del cantastorie vernacolare. Con una nota e un
poemetto dallo stesso titolo del libro, per dire il desiderio: “La mia vita
vorrei scriverla cantando”. Limitandosi poi a evocare la balia che lo inchiodò
alla preghiera notturna. Fino alla prima amante, “una vecchia bigotta,
visionaria”.
Racconti
fantasiosi, ma di aneddoti reali, singolari. Con la prefazione di Roberto Roversi,
che però conferma Buttitta e lo consacra
teatrante: il libro “è molto spettacolare,
l’attore è sempre in scena, adattando la voce, fingendosi diverso”, one man’s band, “ma è lui, lì, con la
sua (bella) faccia che ride, ruumoroso, sapiente”. E in conclusione l’elogio, in lingua, del
paese – “c’è un paese straordinario in Sicilia.\ è Bghneria, il paese di Renato
Guttuso.\ Eccelle in tutti i campi”.
La
ballata, in siculo e in lingua, “I fratelli Cervi” introduce una nota di
Zavattini, che racconta, nemmeno per scusarsene, come non sia mai andato a
trovare papà Cervi, siamo nel 1968, anche se “Campegine dista una ventina di
chilometri dal mio paese, basta salire in una delle tante auto” - o
dell’inutilità delle prefazioni (“le prefazioni sono un vizio”, lui stesso premette).
Ignazio
Buttitta, La paglia bruciata,
Universale Feltrinelli, p. 165b pp.vv.
venerdì 5 maggio 2023
Baruffe lepeniste - Darmanin vuole fare Meloni
Gérald Moussa Darmanin, pupillo del
presidente Macron, parte del suo partito En Marche, ora Renaissance, fin dalla
creazione nel 2016, è in corsa per la successione a Macron. E in questa aspettativa
deve dimostrarsi muscoloso - quello che non sa essere in Francia, con le tante
violenze di piazza.
Da un buon quarto di secolo le presidenziali
in Francia si decidono al secondo turno: tutti contro uno. L’uno sono i Le Pen,
il padre e poi la figlia. Tutti sono tutti gli altri. Vince chi al primo turno
rimane in gara contro i Le Pen. Dopodiché il gioco è fatto: al secondo turno
avrà i voti di tutti, contro Le Pen.
Il copione è ora in discussione perché
all’ultima applicazione, a giugno, Macron ha rischiato al primo turno, vincendo
di poco il ballottaggio, benché presidente uscente, contro Mélenchon, della
nuova sinistra. Contro questa sinistra non più ingessata (socialista) e anzi piazzaiola, Darmanin deve quindi provare a scavare un po’ nel voto della
destra moderata, i Républicains ex gollisti, e meglio ancora nella destra
lepenista, stanca di fare l’opposizione.
Di fatto Darmanin vorrebbe essere
Meloni: rubare voti alla Lega-Le Pen.
I prigionieri in Germania non erano resistenti
Si fa confusione sui 600 mila italiani,
militari e non, che finirono in Germania dopo l’8 settembre, in larga parte
prigionieri di guerra, oppure al lavoro forzato, da renitenti alla leva. Erano
per lo più addetti ai lavori in agricoltura, per sopperire alla mancanza di
manodopera tedesca, tutta ai fronti di
guerra, compresi gli adolescenti.
La scelta dopo l’occupazione per gli
italiani adulti era o combattere o prigionieri in Germania. Per un italiano era
una non scelta – si contano quelli che si arruolarono. In Ucraina e in Croazia
invece la Germania aveva trovato una risposta larga, con arruolamenti sia nella
Wehrmacht sia nelle SS combattenti.
La Repubblica Federale ha poi pagato a
questi combattenti le pensioni di guerra. Anche nella forma reversibile, a mogli e figli.
Appalti, fisco, abusi (225)
Non si
riesce a riformare il. “codice degli appalti”, quello che fa durare le opere
pubbliche venti e trenta anni, e spesso le lascia incompiute. Il suo pilastro,
il “massimo ribasso”, è una stupidaggine –subito dopo l’assegnazione si fa
causa, la prima di tante, con Tar, Consiglio di Stato, e ritorno – per
ricominciare subito dopo, dopo la prima tranche.
È evidente che il giuridicismo non funziona. Perché allora non si cambia?
Perché ci prospera la burocrazia. Ci prospera in senso lato, con beneficio
economico oltre che di potere – il potere si esercita per interessi privati e privatissimi.
Curioso
che in tante revisioni della spesa pubblica, per esempio di Cottarelli, che pure
ha pensato e pensa di se stesso come un presidente del consiglio in
aspettativa, non si rilevi questa che è la falla più grossa dei conti pubblici:
le opere, gli appalti, il “codice” degli appalti. Di furfanterie alimentate
dalla legge - dal giuridicismo, dal leguleismo.
Dovendo
fare benzina in autostrada, capita che le stazioni di servizio fai-da-te addebitano
l’ammontare massimo utilizzato prima o dopo il personale utilizzo. Poi, il giorno
successivo lo cancellino, cancellino l’anomalia. Ma non del tutto. Con
l’ammontare massimo ne addebitano infatti uno modesto, 18-20 euro. E questo non
lo cancellano. Costringendo, oltre che alla perdita dei 18-20 euro, a cambiare
carta – una procedura faticosa e lunga. Si clonano le carte con una frequenza
spaventosa alle stazioni di servizio. Sono extra
legem?
Il “primo russo” era africano, un po’
Il
“primo russo” di Dostoevskij era africano – mezzo africano: Puškin. In un brillante
saggio sul primo romanzo (incompiuto) di Puškin, “Il negro di Pietro il Gande”,
la giovane slavista afroamericbana della Penn State University analizza sentimenti
e risentimenti del lignaggio africano di Puškin. Il suo bisnonno materno
essendo stato un ragazzo africano del lago Ciad, sponda odierno Camerun,
vittima di una razzia, cresciuto alla corte di Pietro il Grande, da questi personalmente
accudito, come figlioccio, ed elevato socialmente, col grado di generale, e un
matrimonio nella vecchia nobiltà dei bojari.
Jennifer
Wilson, The First Russian, “The New
York Review of Books”, 22 settembre 2022, free online
giovedì 4 maggio 2023
Cronache dell’altro mondo – democratiche (231)
Biden è il candidato di Wall
Street, l’America ricca vota di nuovo per il presidente. Partita la campagna
per le primarie democratiche, in vista delle presidenziali 2024, il fondo spese
del presidente ha già in cassa cospicui contributi.
Tra i più sostanziosi quelli di:
Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, patrimonio valutato in 2 miliardi di dollari; Alexander Soros,
trentasettenne figlio di George Soros; Haim Saban, il centesimo uomo più ricco
del mondo secondo la classifica “Forbes”, patrimonio 2,9 miliardi, un
israeliano nato ad Alessandria d’Egitto naturalizzato americano, musicista e
imprenditore tv; Jeffrey Katzenberg, cofondatore di Dream Works, 1 miliardo;
Charles Myers, fondatore di Signum Global Advisors, 1 miliardo; Donald Sussman,
dello hedge fund Paloma - che paragona Biden a Franklin D. Roosevelt.
Biden è il candidato preferito
degli ambienti finanziari. Alle passate presidenziali, almeno trenta grandi
finanziatori della sua campagna avevano attività finanziarie, secondo
un’inchiesta della Cnn – avevano “legami con Wall Street”, virtualmente “tutte
le grandi istituzioni di Wall Street”.
L’amore povero e ricco, tra i ghiacci
Una storia d’amore, delicatissima. Malgrado la disgrazia cupa, incombente. Tra spiriti semplici. In un mondo di solitudini. Una campagna aspra, una comunità quasi primitiva. Nonché, sottotraccia, ma più notevole per essere oprtacdi una scrittrice, il fantasma della virago, la donna americana, il cuore duro, distruttore.
Un racconto lungo, longform, che a ragione in più edizioni si ripropone. Questa è la prima del dopoguerra, periodicamente ristampata, nella traduzione di Greti Ducci, Bur 1963, che tiene banco dunque da sessant’anni.
La
sorpresa di questo racconto lungo è il tono West, da epica povera del West. Di
una scrittrice molto italianata e molto francesizzata. In un New England che si
conosce come la parte più classica e più europea degli Stati Uniti, più colta e
anche più turistica, di lusso, ed è invece anche agreste, montuosa, tutta granito
d’estate, “un paesaggio squallido e triste”, dal “terribile clima”, ghiaccio
d’inverno, ed era come abbandonata, isolata, ancora un secolo fa. Un racconto a cui Wharton teneva, che ha dotato di una introduzione.
Edith
Wharton, Ethan Frome, Bur, pp. 149 €
10
mercoledì 3 maggio 2023
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (524)
Giuseppe Leuzzi
“Romanziere
del Sud” lo scrittore americano Tom Wolfe, che faceva il gusto negli anni
1960-1970 (specie con la formula del
“new journalism” da lui coniata, la cronaca raccontata, che avrà autori celebri,
Truman Capote, Gay Talese) diceva di scrittori di forte realismo, alla
Faulkner. Alla Alvaro, diremmo, Domenico Rea, Scotellaro, per il poco che ha
potuto scrivere. Non Sciascia, realista con dispiacere – secondo questo criterio
non è un “romanziere del Sud”.
Più che agli scrittori, la definizione
di Wolfe calza alle scrittrici, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Alice
Walker, Harper Lee, Eudora Welty. In Italia a Deledda – oggi a Murgia, Di
Pietrantonio? Non con la stessa pietas –
amore (accettazione) di se stesse.
Sudismi\sadismi
Delle lettere al giornale “la Repubblica” sceglie
quella del solito siciliano che si lamenta della Salerno-Reggio Calabria, tutta
cantieri a suo dire, code etc. Mentre non è vero, è forse la migliore
autostrada da qualche tempo in Italia. I cantieri sono limitati al tratto
Cosenza-Altilia Grimaldi, nella valle stretta del Savuto, 30km,. che il
rifacimento della Salerno-Reggio vent’anni fa aveva trascurato. Andare in
Sicilia è lungo, ma che dire, p. es., della Firenze-Roma? Il Meridione è un complesso,
d’inferiorità.
Sui siti dei media calabresi la retata europea dei
narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia
Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo
specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.
Il Sud non esiste
Sembra
impossibile, che si sia fatto un processo lungo vent’anni, che ha posto sotto
accusa i Carabinieri e lo Stato in generale (perfino la presidenza della Repubblica)
sulle accuse di un “papello” del figlio di Ciancimino, un pluricondannato per
mafia, detto “papello” perché non documentato: una divagazione (si spera non
dettata, a scambio con i “benefici di legge” dei “collaboratori di giustizia”).
Ma si è fatto. E ancora c’è gente, soprattutto giornalisti e giudici, che non
ci credono veramente, ma dicono di credere, che lo Stato si vendetta alla mafia.
E
non è un atto ostile del Nord contro il Sud. Lo Stato-mafia è invenzione del
Sud a suo carico. Per la carriera di pochi, tra Palermo e Napoli: una decina di
giudici e giudichesse, che tuttora ne ricavano ricche comparsate in tv, un paio
di giornalisti tournés scrittori, e qualche editore milanese lieto di tanto
scandalo.
Un
Sud violento, in questo caso. Della mafia come affare. E non per cinismo, non
solo: soprattutto per spregio, cosa non si fa per piacere a “Milano”. Il Sud,
al meglio, “non esiste, si direbbe a Roma.
Si è profeti oltralpe
Si
esegue in tarda prima italiana a Roma, al Parco della Musica con l’orchestra di
Santa Cecilia, il “Vangelo
eterno”, il poemetto del poeta ceco Jaroslav
Vrchlický musicato da Leoš Janaček. Sul Terzo Regno
di Gioacchino da Fiore Il Monaco profeta si ritrova “qui, sulla rupe scoscesa
in Calabria,\ dove i lupi nelle caverne ululano\ sfidando I venti”. Ma poi la
Calabria è il luogo che gli allarga la vista: “Ho abbassato gli occhi\ dagli
altri cieli di Calabria\ verso l’oscurità del mondo…”.
Il “Vangelo
eterno” è del 1914, testo e musica, della paura della Guerra. Gioacchino è
figura della speranza ben diffusa nella cultura tedesca, cui Praga all’epoca
ancora aderiva. E perdura la Calabria come nome mitico, di una natura naturans.
Gioacchino si
può pensare come uno dei tanti suoi conterranei che fanno fortuna altrove – e solo
altrove, quasi un destino. Di lui, persona pia e mente eccelsa, lo studioso
dell “Apocalisse”di san Giovanni, e del
tempo della storia (che ribalta) di sant’Agostino, profeta del Terzo Tempo,
quello dello Spirito, dopo quello del Figlio e quello del Padre – un mondo di
purezza e libertà, il tempo dell’amore, e quindi di maggiore grazia divina (i
temi degli ultimi due papi, Benedetto XVI e Francesco) - nessuno si è incaricato
di promuovere la beatificazione. Ci ha pensato nel 2001, a distanza di quasi un
millennio, l’arcivescovo di Cosenza mons. Agostino, ma in questi venti anni non
un passo avanti è stato fatto.
Milano in buona coscienza
È
– più che volersi? – diversa? L’archivista e storico Fausto Fonzi cinquant’anni
fa, prima di Bossi, prospettava in un voluminoso saggio, di quasi seicento
pagine, “Crispi e lo ‘Stato di Milano’”. Milano come Stato, che fece guerra a Crispi tra il 1893 e
il 1896, a una politica militarista ed espansionistica, nel nome del
moderatismo, e la vinse – o piuttosto non vinse Menelik, a Adua?
Anche
Giorgio Rumi, pacioso storico cattolico, ha “una alterità lobarda” nella
raccolta “Perché la storia. Itinerari di ricerca”.
Finzi
accredita a Milano anche la nascita dei aprtiti democratici dell’era che sarà
chiamata di Giolitti – fino a Mussolini nel 1922: il socialismo riformista di
Turati e la democrazia cristiana di
Meda. Ma il socialismo italiano era stato napoletano, siciliano, genovese, prima
e più che milanese. E lo stesso i cattolici in politica contro il “non possumus”,
quelli del conte Gentiloni, uno dei “cattolici del papa”, marca di Ancona.
Torna
a onore della città dirsi buona socialista (rifornista) e buona popolare o
democristiana. Di ripudiare la violenza. Di volere la democrazia, uguale per
tutti. Ma di propriamemte milanese nella storia politica c’è la Lega, con l’autonomia
differenziata oggi come già col celodurismo di Bossi, portato da Milano 1, il
terrorismo rosso, nel ricordo di Gaetano Bresci?, Mussolini, la giustizia sommaria
o politica. Senza contre la Borsa “parco buoi”.
Oggi come 150
anni fa
“La Calabria è
essenzialmente il paese delle rovine: la fisionomia geologica del suo
territorio, i monumenti degli uomini e dei secoli fan risaltare in ogni passo
le tracce di questa caratteristica malaugurata. Nelle sue contrade giacciono
seppellite sotto a frantumi d’ogni genere la Magna Grecia con tutte le sue
città, leggi, scienze, arti, scuole, istituzioni; il medio evo con tutt’i suoi
castelli feudali, vizi e virtù, diplomi e titolo di gloria e di vitupero; l’età
moderna con tutte le opere novelle del suo risorgimento, stabilimenti
religiosi, accademie, arti. Il popolo calabrese che vive su tante macerie, non
è esso stesso che una vasta rovina! […] Sembra che tutt’i grandi agenti di
distruzione si siano data la posta per rappresentare le scene del loro dramma
sanguinoso: le guerre intestine dell’antiche repubbliche; il sistema di
universale assorbimento della vecchia Roma; le scorrerie di tanti barbari,
Goti, Saraceni, Turchi, Pirati, e di altri popoli più moderni ancora, non meno
prodighi di sventure, dispensate però come tesori di carezze affettuose: e poi
il tempo che lentamente corrode; i tremuoti spaventevoli così spesso disastrosi
e funesti; le più scarmigliate passioni e le più apate [sic!], malattie di
contagio e di effetti tristissimi, come l’ira fremente dei partiti, e la rabbia
municipale, la torpida ignavia, e il gelido indifferentismo, il melenso egoismo
e il turpe guadagno, il vertiginoso delirio delle false dottrine, e il
capriccio delle novità e della goffa imitazione, tutto concorse…”
Da “Poliorama
Pittoresco 1857-58”, p. 114 – ripreso da Vito Teti, “Il senso dei luoghi”.
Calabria
Nella serie di guide fotografiche SIME
la Calabria figura in copertina come Terra Incognita. In effetti, soprattutto
ai calabresi.
Ha il record
italiano degli omicidi (dati del quinquennio 2016-2020): quasi uno (0,96) per
centomila abitanti. Una ventina l’anno. Senza essere specialmente facinorosa,
non come in contesto urbano – il parcheggio, il vicino di casa, l’ubriachezza
(specie quella giovanile, delle cronache di Roma, Milano, Napoli). È perché si
possiedono trope armi, denunciate e non.
Di fatto, c’è un
che di brutale, accanto alla mitezza. Si legge con raccapriccio la vicenda del
ragazzo Davide Ferrario, ridottto im coma vegetativo, cioè praticamente ammazzato,
a pugni, da una famiglia di Crotone - da una famiglia Passalacqua, madre,
fratello, figlio, figlia. Anche per la stupidità – la violenza è spesso stupida. Ma sia il Comune
che la Provincia sono parte civile.
Cresce e matura
solo in Calabria, e in un punto specifico, Villa San Giovanni-Villa San Giuseppe, l’anona o chirimoya . Che ricorre curiosamente nella cronaca
della Conquista (spagnola dell’America Latina) di Ah NakukPech, signore di
ChacXulub Chen, da cui la cronaca prende il nome. Una storia “indigena” della
Conquista, riferita al Chiapas, in Messico al confine col Guatemala: “Il 1519
fu il primo anno che vennero gli spagnoli qui”, tra Cozumel e Chichén Itzà:
“Quell’anno giunsero a Chichén i mangiatori di anone”. I locali non le
mangiavano?
Ha avuto, come è
inevitabile, vicende storiche varie nei secoli. Ma con un marchio bimillenario.
Nell’impero romano quello dei Bruzi infidi e violenti. Nel Medio Evo dei “fustigatori
di Cristo”. Nel Sei-Settecento di “popolo di Giuda”. Come annotava lo storico
Umberto Caldora sessant’anni fa, in apertura di “Calabria Napoleonica”: “Se i Bruzi della Calabria antica, infatti, erano visti come
ribelli e infidi dai Romani, essi verranno ritenuti addirittura fustigatori di
Cristo nel Medioevo. Se in età controriformista e barocca la Calabria sarà per
i missionari gesuiti una parte significativa delle Indie di quaggiù,
la cultura spagnola del tempo giungerà a identificare Giuda come calabrese”.
Reggio Calabria esce da un
dodicennio di amministrazione controllata dopo un periodo di spese incontrollate
con sindaci di destra, Scopelliti e Arena – quest’ultimo dichiarato decaduto
per sospetto di mafia. Falcomatà figlio, di famiglia già Ds e poi Pd, saldamente
legato (a suo tempo) a Renzi presidente giovane del consiglio, è riuscito a
evitare il dissesto (fallimento) e affrontare un difficile risanamento. Ora il
Comune può nuovamente programmare il suo futuro, ma si parla solo di liti, tra
assessori e ex assessori al bilancio, dello stesso partito (Pd): la città può attendere.
Non è facile fare il sindaco
a Reggio? Giuseppe Falcomatà, figlio d’arte (il padre Italo è stato il sindaco
della Primavera di Reggio – c’era perfino la scala mobile tra i diversi piani
della città, a gradoni sullo Stretto - a cavaliere del Duemila), è lui stesso inibito,
condannato in primo grado un anno fa per abuso d’ufficio, avendo ceduto un
albergo storico confiscato a un imprenditore amico. Doveva aprire un’asta –
elementare, ma ci vuole un po’ di senno.
Sui siti dei media calabresi la retata europea dei narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.
leuzzi@antiit.eu
Quando la virago faceva paura
Il
romanzo della vita “suburbana”, il genere che avrebbe dominato la narrativa
americana negli anni 1960 e oltre, in libreria e al cinema: la vita di coppia,
la casa nuova, la community, le liti,
l’alcol, i figli sperduti o perduti. Una narrativa socio-urbanistica. Ma con
grandi ambizioni nel caso di Dick, che parte dall’alto: “Io sono fatto di
acqua” è l’incipit, “non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non
esca fuori. Anche i miei amici sono fatti di acqua…” - ancora meglio l’incipit
che sarebbe stato cassato, il “paradosso del cretese”, o del mentitore:
“Lasciate che vi racconti tutto di me. La prima cosa è: sono un bugiardo
patologico”.
Chi
parla è Jack, uno dei tre personaggi portanti del romanzo. Il principale si rivelerà
Fay, sorella di Jack, che anch’essa parla in prima. In terza invece suo marito
Charley. Fay cresce a dismisura, soda, tosta, vorace, capricciosissima. Con un
che di autobiografico, se a Fay si sovrappone Anne, la moglie pro tempore
di Dick, la terza, sposata nel 1959 e divorziata sei anni dopo, dopo anni di
liti, a romanzo ormai finito. Con l’autore nella doppia veste dell’artista
inconcludente (Jack) e del marito servizievole e oltraggiato (Charley).
Scrivendo le memorie dei suoi anni con lo scrittore, “Search for Philip K.
Dick”, nel 1996, l’ex moglie Anne Rubinstein parlerà come Fay: il romanzo è stato
concepito dopo un intenso rapporto fisico. È il romanzo, anche, della virago temutissima, la donna americana.
Un
romanzo degli esordi, di un Dick trentatreenne indeciso tra la fantascienza e
la narrativa di caratteri. Molto semplice e molto svelto. Uno dei migliori del
genere, borghese suburbano, se non il migliore – anche se il genere conta
calibri come Salinger, Mailer, e naturalmente Philip Roth. Il più scopertamente
critico, beffardo - insieme con il contemporaneo, e altrettanto sfortunato,
Richard Yates, “Revolutionary Road”: le “Confessioni” sono uscite a distanza di
anni, in edizione minima, semisconosciuta, e sono state riprese in chiave di
opera omnia nel revival Dick di fine Novecento,.
Philip
K. Dick, Confessioni di un artista di
merda, Fanucci, remainders, pp. 231 € 8
martedì 2 maggio 2023
Letture - 519
letterautore
Bicenzone
–
Sono le cambiali in dialetto napoletano,
in alcuni testi lievi dell’abate Galiani, l’economista. Derivato, secondo Antonio Altamura,
specialista del dialetto napoletano (“una lingua”), dai “tempi in cui
giungevano (a Napoli) da Besançon i primi avvisi di tratte e cambiali per merci
acquistate in Francia”.
Colonie – Hanno generato
serie fantastiche di francobolli: grandi, colorati, esotici. Pondichéry e Chandernagor,
Zanzibar, con lo yacht Hohenzollern, come il kaiser, Trinidad&Tobago ancora con
la faccetta della regina Elisabetta.
Crasso – Viene da Crasso,
come non pensarci, Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco della Roma repubblicana,
e probabilmente della storia, se il suo patrimonio poteva essere valutato da Plinio
il Vecchio in 200 milioni di sesterzi, oggi qualche trilione di dollari. Il nome
prende il senso comune
dal desiderio dell’arcimilionario romano di ulteriormente arricchirsi con le
prede di guerra, nonché
di nobilitarsi militarmente, che lo portò nel 53 a.C., a sessant’anni, a proporsi
per la “pacificazione”
della Siria. Una vittoria militare gli avrebbe meritato il “trionfo”, il segno
di massima
distinzione aristocratica – suo padre, console, l’aveva ottenuto per meriti militari.
Dalla Siria,
dove si distinse per il primo saccheggio del tempio di Gerusalemme, pensò di conquistare
la Partia - più o meno l’attuale Persia. E gli finì male: il suo
interprete-guida tra i
Parti
lo fece perdere nel deserto, lui e le sue legioni, girando in tondo, finché, stremati, non divennero
preda facile. La sua testa fu mandata al locale signorotto, che gli versò oro
fuso in gola, pronunciando la solita frase famosa: “Saziati di ciò che bramavi in vita”.
Destra-sinistra
–
La sessuofobia le accomunava, accomunava le estreme, non molto tempo fa, ancora nell’ultimo
Novecento. Racconta Ruggeri, il cantante,
a Renato Franco sul “Corriere della sera”: “Ricordo una volta in tram, avevo un
album di David Bowie, venni fermato da alcuni «compagni» che mio chiesero:
«Perché ascolti quel frocio qualunquista?». In quegli anni la sinistra era
omofoba, oggi non lo ricorda più nessuno ma era così”.
Mamma
mia - “Grazie all’albumn e alla franchise
(licenza. N.d.r.) Mamma mia, gli Abba sono stati in grado di dominare l’industria
della musica”, è il blurb promozionale
del docufilm sul gruppo svedese.
Manomorta – Anche l’appropriazione
dei beni pubblici, questo esercizio fondamentale della cosiddetta borghesia, in
Italia viene da Crasso, il corrotto-corruttore per antonomasia, al punto che
nessuno vi faceva caso. Di famiglia illustre, ebbe padre e fratello maggiore trucidati
dai partigiani di Cinna nella guerra
civile dell’87 a.C.. Quando Cinna a sua volta fu trucidato e Silla vecchi tornò
in campo, Crasso dalla Spagna dov’era esiliato armò una legione per
ricongiungersi con lui a Roma. Nella lunga marcia si appropriò personalmente di
gran parte del bottino di guerra. Ottenne un successo militare nella battaglia
di Porta Colline, fuori Roma (contro truppe avversarie composte soprattutto da
Sanniti), quello che chiuse la guerra avviata da Silla, e nelle proscrizioni
susseguenti si attribuì la cura degli espropri. Che fece a vantaggio suo e dei
suoi amici.
La fortuna era già considerevole ma non
gli bastò. E a Roma inventò i “pompieri”: gli incendi nella città di legno
erano giornalieri, i suoi uomini intervenivano, e se il padrone dell’immobile
acconsentiva a cedergliene la proprietà, intervenivano, altrimenti se ne
stavano a guardare, applaudendo al fuoco
divoratore.
Fu console, più volte. Quando la sua
ricchezza fu minacciata dalla rivolta “di sinistra”, di Spartaco, organizzò una
repressione radicale. E nel 60 si prese il. potere politico, promuovendo il triumvirato
con Pompeo e Cesare. Si fece proconsole nella grassa Siria, dove saccheggiò il
tempio di Gerusalemme. E nel 53 puntò a estendere le depredazione nei confinanti
territori dei Parti, parte del moderno Iran, dove fus comfitto e ucciso.
(Curiosamente, anche il ricchissimo
Crasso ebbe il suo processo per una questione di donne, non una minorenne, nel
suo caso, né una sex worker, ma una
vestale, accusatrice ancora più insidiosa, che lo denunciò per molestie: Crasso
di difese asserendo che, per quanto lo riguardava, la vestale era sempre
vergine, e che lui solo un contatto aveva avuto, per comprarne i beni a buon
prezzo).
Manzoni
–
Si dà il romanzo storico come diffuso e dominante nei suoi anni formativi,
sull’onda del successo di Walter Scott a partire da “Waverley”, 1814. E molti
si lanciarono nel genere. Puškin per esempio ci provò in tutti modi, anche se spesso non portò a termine le
ricerche - e i racconti a esse legati. Ma è anche vero che la storiografia, il modo
di fare storia, era nel primo Ottocento
molto discusso. Anche per effetto delle sue trasposizioni romanzate.
Si vuole che “la sventurata rispose”, la
storia della ”Monaca di Monza”, l’abbia tratta da un fatto di cronaca – un’importante
mostra è stata allestita su questo alla Villa reale di Monza. Alla Stendhal - da
cui però Manzoni era alieno. Un precedente analogo, anche se i particolari sono
diversi, è invece il romanzo dell’inglese Aphra Benn, “Storia di una monaca” – un
romanzo del secondo Seicento, ancora noto a fine Settecento-primo Ottocento.
Otto
cilindri –
Si volevano a otto cilindri le macchine americane gran turismo ancora negli
anni 1970, dopo la crisi del petrolio. Mentre le grandi macchine europee, Rolls
Royce, Mercedes, spiega Jack, uno dei personaggi del romanzo “suburbano” di
Philp K. Dick, “Confessioni di un artista di merda”, andavano a sei cilindri.
Proust
– Si
potrebbe dire un benpensante. L’omosessualità che praticava nei bordelli (arrivando
a fornire, a uno di questi da lui particolarmente apprezzato, il mobilio di maman, l’odiosamata), e anche nella “Ricerca” nel personaggio
femminilizzato di Albertine, ridicolizza nel barone Charlus.
E si profonde, e la testimonia nella
“Ricerca” e in altri scritti, nella pietà religiosa, cristiana, cattolica.
Sull’omosessualità, maschile e femminile,
punterà la pubblicità, come novità della sua narrazione, prude, scandalosa, per promuovere le vendite. Ma sarà nel 1926, quando lui era morto da un pezzo.
Russia
–
Si è voluta anche scandinava, invece che slava - vuole essere tutto ma non sa che? Nel primo Ottocento, digerita la
modernizzazione, o “germanizzazione”, del paese a opera di Pietro il Grande a
fine Seicento (Pietro era anche quello che aveva sconfitto infine gli Svedesi),
discusse se le origini della cultura russa andavano ricercate nel mondo slavo o
in quello scandinavo. L’argomento è ancora trattato da Puškin nel tìracconto “La
storia del villaggio di Goriukhno”.
Russia-Germania - I bojari
(boiardi) che Pietro il Grande obbligò all’europeizzazione, ne parlavano come di
una “germanizzazione”. Nel grande pranzo della famiglia di bojari al cap. 4 del
romanzo incompiuto di Puškin, “Il negro di Pietro il Grande” – la famiglia dove
il bisavolo africano dello scrittore verrà accasato dallo zar – si critica la
modernizzazione forzata di un personaggio, reduce peraltro dalla Francia, con i
“meeesyou, le mamzel e i pardò”, e come “non il primo e non l’ultimo a tornare
alla santa Russia dal quelle terre tedesche senzadio come un completo buffone”.
La modernizzazione di Pietro il Grande guardava a Parigi quanto ai modi in
società e al linguaggio (all’Italia per l’architettura e le arti figurative), e
alla Germania (con Olanda) per le tecniche industriali e di costruzione.
Due generazioni più tardi, quando in effetti
molti tedeschi, fino a un paio di milioni, si stabilirono in Russia, aderendo ai piani di ripopolazione di
Caterina II, si trattava per lo più di contadini, emigranti per bisogno (gli
emigranti “economici” di oggi) – sceglievano la Russia invece delle Americhe, o
delle colonie: i tedeschi del Volga, i tedeschi del mar Nero o di Crimea, i
tedeschi di Bessarabia (poi Romania, poi Ucraina e Moldavia). Grandi masse che
nel secondo Ottocento-primo Novecento riemigrarono verso il Nord America, e
verso il Paraguay. Ma una robusta minoranza è rimasta in Russia: circa 600 mila
russi si definivano di etnia tedesca all’ultimo censimento, e quasi tre milioni
tedescofoni.
Selfie
–
Fanno parte dello storytelling personale,
inteso come auto-narrazione, auto-rappresentazione. È l’esito di uno studio
dell’università di Tubinga, di un gruppo di lavoro guidato da Zachary Niese.
Pubblicato sulla rivista “Social Psychologic and Personality Science”: le foto scattate
da altri ci ricordano un momento della nostra vita, le foto fatte dalla nostra
prospettiva personale aiutano invece a ricostruire le sensazioni provate
durante un evento.
Un’estensione dell’autobiografia, intesa
come autocelebrazione. La diaristica minore che prolifera come gramigna - e
sembra esaurire tutta la letteratura: non c’è altra editoria, evidentemente non
ci sono altri lettori, solo gente che si specchia negli eventi minimi, comuni. E
che è all’origine della decadenza della letteratura – non ci sono più linguaggi
ma rappresentazioni (autorappresentazioni di preferenza). Sul principio dell’onanismo.
letterautore@antiit.eu
Botticelli oggi andrebbe sui social media
La
discussa pubblicità del governo per promuovere il turismo, con la creazione dell’account
“Venere” in cui la Venere di Botticelli è rimodernata come una Instagram
Influencer, non sorprende il collaboratore della rivista per Tecnologia e Cultura.
L’immagine “rimodernata” della Venere di Botticelli è parte di una campagna
pubblicitaria da nove milioni di euro, che forse sono troppi, e ha sorpreso
molti italiani come “una modesta caricatura del patrimonio culturale”
dell’Italia. Ma, “dal punto di vista mitologico la cosa non è del tutto impropria:
che altro potrebbe fare la dea della bellezza, il desiderio, la prosperità oggi
se non moltiplicare i likes sui social media?”
Kyle
Chayka, Italy’s Newest Influencer,
“The New Yorker”, free online
lunedì 1 maggio 2023
Problemi di base da corsa - 746
spock
Ferrari fa festa - è arrivata terza?
Ferrari corre per il
terzo e quarto posto – c’è un campionato Ferrari a parte?
Tutte più veloci della Ferrari, le Red Bull, che sono una
marca di bevande, e l’Aston Martin d’annata con cui il re d’Inghilterra va a
incoronarsi?
Ferrari perde le gare e moltiplica gli utili: c’è un nesso?
O non sarà Ferrari il marchio di spumante invece che l’auto
da corsa?
Ma Ferrari corre in pista o in Borsa?
Fino a quando Ferrari abuserà del nome dell’ingegnere delle
macchine da corsa che l’inventò?
spock@antiit.eu
La prima monaca di Monza
“The
History of tyhe Nun” è il titolo originale. Con un sottotitolo che dice tutto: “The
Fair Vow-breaker”, la bella che ruppe i voti. La ribelle Aphra Benn, romanziera
polemica, la primissima romanziera moderna, fa la moralista. L’edizione
italiana presenta il racconto come denuncia della “repressione del desiderio
femminile”. Che sarebbe nelle corde della
“scostumata” Benn. Ma qui il racconto costruisce in chiave moralista: il
desiderio viene punito per sua colpa.
La
prima pagina è di perorazione femminista, quale ci si attende dall’autrice: ”Senza
dubbio, le donne sono per natura più costanti
e giuste degli uomini, e se i loro primi amanti non insegnassero loro il trucco
dello scambio sarebbero colombe, che non abbandonerebbero mai il loro compagno,
e, come le mogli indiane, salterebbero
vive nelle tombe dei loro amanti deceduti, per farsi seppellire presto con loro”.
La
seconda è però una perorazione contro lo spergiuro, quale sarebbe infrangere i
voti. Soprattutto quelli monacali, “sacri”: “Potrei da sola, a mia sola
conoscenza, dare un centinaio di esempi delle conseguenze fatali della violazione dei voti sacri”. Sembra uno spoiler,
un’anticipazione del plot, ma il
racconto non per questo perde mordente, il ritmo e gli incastri tengono – è semplice,
oltre che breve, poco accade, ma memorabile
L’intento
è edificatorio. Essendo stata a sua volta “designata come umile novizia in una
casa di devozione”, la narratrice si rende conto che la scelta dei voti dovrebbe essere fatta
in età adulta. Con cognizione di causa. E non per un “disegno dei genitori”. Non potendo “fare le leggi, né modificare gli
usi”, conclude, si affida allora alla penna. Ma parliamo di monasteri ricchi per
persone ricche e belle, con parlatorio privato, anche se dietro una grata.
Un racconto gotico in chiave
realistica, di vita ordinaria. Una giovane giglio di purezza e angelo di
bellezza, crescita in convento, da un padre amorevolissimo e da una zia badessa
ricchissima, ammiratissima da migliori giovani di Fiandra, finisce per
avere, senza sua colpa, due mariti. Una storia lenta, ripetitiva, per tre quarti del racconto, che assume nelle
ultime pagine ritmi velocissimi e drammaticissimi. Un po’ schematici –
schematizzati, non raccontati, non sviluppati: lo stesso canovaccio è in
Manzoni molto più drammatico (curioso che la somiglianza dei due racconti non
sia stata rilevata). Ma di un noir prima
del noir, ben prima.
Una autrice che si viene rivalutando. Come prima scrittrice professionale inglese
(una delle prime, in realtà), nel secondo Seicento. E come donna di liberi
costumi, con amanti di ambo i sessi – per questo celebrata da Vita
Ssckville-West, con una biografia romanzata, “The Incomparable Astrea”, e da
Virginia Woolf, che la ricorda brevemente in “Una stanza tutta per sé”:- il
prototipo del genere queer in voga, o
del no gender. In realtà donna determinata, che altre ritualità
semmai ha introdotto tra i letterati inglesi. Figlia di un barbiere e di una
levatrice, finita non si sa come nel Suriname, allora inglese, contestato agli
olandesi. Stuartiana convinta, nell’età della Restaurazione, di Carlo II (ora
si incorona il terzo Carlo….). Nata Aphra Johnson, prese il nome da un marito
Johan Benn di cui altro non si sa – forse mercante olandese incontrato nel Suriname.
Prima
di diventare famosa come poetessa, romanziera e drammaturga ha una vita di sua
invenzione, posteriore. Compreso probabilmente il passaggio come novizia in convento, spinta da genitori per definizione ricchi e potenti. Ma in Suriname c’è stata, ha scritto da lì molte
lettere, conservate. Carlo Il l’avrebbe mandata
spia a Anversa, contro gli olandesi, nome d’arte Agente 160, oppure Astrea, durante
la Seconda Guerra Anglo-Olandese – primo autore inglese a volersi spia, moda
perpetuata fino agli anni 1970. Salvo tornare a Londra dopo pochi mesi, a sue
spese. E finire in prigione per debiti, malgrado la protezione regale,
asserita. Probabilmente cattolica per molti indizi, tra essi l’attaccamento agli
Stuart. Fu attiva anche in politica, tra i Tories, a Westminster, oltre che
fertile scrittrice. Tutto in 49 anni di vita.
Il
suo nome è stato perpetuato a lungo solo per il romanzo “Oroonoko”, il primo romanzo europeo moderno, e il
primo (e a lungo l’unico) storicamente fondato. Molto “contemporaneo” anche questo: il romanzo di un principe africano ridotto in schiavitù, nel Suriname.
Aphra
Benn, La monaca, Lorenzo dei Medici
Press, pp. 80 € 14
domenica 30 aprile 2023
Problemi di base - 745
spock
“Nessuno può guardare nell’anima di un altro”, Hannah
Arendt?
“Il vero miracolo è lo spirito”, id.?
“Il male non conosce pietà”, Svetlana Aleksievič?
“Si possono insegnare la menzogna e il male tanto quanto la
verità”, id.?
Il calo delle nascite è “una perdita di speranza
nell’avvenire”, papa Francesco?
“Poche coppie sono infelici come quelle troppo orgogliose per ammettere la propria infelicità”, P.D.James?
spock@antiit.eu
La moneta sarà digitale, meglio unifomarla
L’età
della cartamoneta è al tramonto, la moneta sarà digitale. C’è stata l’era della
carta moneta, dal primo Settecento (dalla “bolla” di Law), c’è, ci sarà presto,
è in corso il passaggio, la moneta digitale. Si dice digitale delle banche
centrali, si dice crypto delle monete pirvate. Il tonfo recente delle
criptovalute ha lasciato gli investtori colpiti dalle perdite e sicuramente in
dubbio. Ma il futuro della moneta è sicuramente digitale. C’è solo un dubbio: come
sarà? “.
Il
problema è che “non tutte le forme di moneta digitale si riveleranno praticabili”.
Ci saranno quindi altri crolli. Il nuovo mercato va regolato. È quello che si
sta facendo. Ma con un problema ulteriore: ogni autorità monetaria sta procedendo
indipendentemente, e l’esito saranno probabilmente monete digitali o sistemi di
pagamento di tipo diverso. Il che rallenterà la transizione e la renderà
confusa.
Si
dovrebbe arrivare all’inevitabile uniformizzazione dei regolamenti prima. Con
grossi risparmi e forti benefici per tutti.
Gita
Bhatt, Reimagining money in the age of
crypto and central bank digital currency, Imf “F&D, Fince and
Development”, settembre 2022, free online
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