sabato 26 agosto 2023
Cronache dell’altro mondo – marinare (245)
La salsa Rao vale tre miliardi di dollari, secondo Campbell Soup, che l’ha appena comprata – esattamente 2,7 miliardi.
L’informazione economica pronta
Non c’è più informazione
economica: investigativa, o comunque informata, di giornalisti che sanno di che
si tratta. Si fa informazione rituale, ripetitiva, per frasi fatte: la manovra,
il bilancio, ora il Pnrr – o Bruxelles che minaccia l’Italia. E si scrive
quello che gli addetti stampa dicono .Beyoncé ha fatto l’1 per cento del pil in
Svezia, con tanto di panini venduti, notti in tende, notti all’Ymca, viaggi in
treno? Bello, amche Max Gazzé, nel suo piccolo, al Sud. I vari specialisti di
relazioni pubbliche, all’immagine, alla promozione, alla pubblicità, eccetera,
non devono più faticare, nemmeno spremersi troppo le meningi per “vendere” il
loro prodotto, artista, evento, azienda.
L’informazione è finalmente “fatta”,
cioè arriva già confezionata. Gratis, si suppone – un tempo gli uffici stampa
facevano grossi regali, la Fiat mandava anche un’auto sotto casa. Anche se non
ci sono più uffici stampa, costano troppo - e poi gli addetti volevano il contratto
giornalistico: ci sono consulenti all’immagine, al brand, alla promozione, etc.Tutto
si fa per crescere – per gli affari.
Il diritto al suicidio e all’eutanasia
“Il
nobile illuminista che teorizzò il diritto all’eutanasia” è la presentazione. Il “nobile
illuminista” è definitivo – trancia la testa al toro, come si dice: obiezioni?
Quello che bisogna sapere è che Alberto Radicati, conte di Passerano e
Cocconato, nobiluomo piemontese dalla vita travagliata (1698-1737), come spiega
Frédéric Ieva nella postfazione, sostiene il diritto al suicidio. Come legge di
natura e di libertà.
Pubblicò
il suo saggio a Londra. Dove la “Philophical Dissertation upon Death” uscì
assortita dal sottotitolo: “Composed for the Consolation of the Unhappy by a
friend of Truth”, scritta da un amico della
verità per la consolazione degli afflitti.
Piero
Gobetti l’avrebbe proclamato “Primo illuminista della Penisola”. Giorello lo
presenta inquadrandolo nel pensiero illuminista europeo. Si ripubblica, dopo tre
secoli di trascuranza, in clima di “buona morte” – per la seconda volgta in
pochi anni: era già uscito, con la setssa curatela, nel 2011, sotto la sigla
editoriale Indiana.
Radicati
aveva debuttato, dopo un infelice matrimonio ventenne, con una satira degli
ambienti ecclesiatici, che sostenevano la moglie, un racconto della sua
“conversione”, pubblicato convenientemente non a Torino ma a Londra, col titolo
“A Comical and True Account of the Modern Cannibal’s Religion”. A Londra si era
esiliato per paura dell’Inquisizione, benché
protetto dal re Vittorio Amedeo II (che tuttavia impose la confisca dei suoi
beni, non avendone autorizzato l’espatrio). Di formazione francese, si fermerà
però a Londra. Dove pubblica nel 1732 la “Dissertazione”, tradotta in inglese.
Non senza conseguenze: il governo del pur liberale tollerante Walpole lo farà
carcerare per apologia di reato.
Il diritto al suicidio e anche all’eutanasia Radicati giustifica su
basi filosofiche con riferimento al Deus
sive Natura di Spinoza, dell’io-sono-Dio. Contro sant’Agostino, o il
suicidio come omicidio di
se stessi.
Alberto
Radicati di Passerano, Dissertazione
filosofica sulla morte, Il Saggiatore, pp. 120 € 14
venerdì 25 agosto 2023
Sulla pelle dei migranti
“Migranti,
scontro Schlein-Meloni. «Disumani»”, titolo del “Corriere della sera” ieri a
tutta pagina. Poi, in un mini-catenaccio: “La segretaria a Reggio Emilia, dove
i dem hanno lamentato i tanti arrivi di migranti”. A Reggio Emilia, alla Festa
dell’Unità.
Oggi
“la Repubblica” recupera, Reggio Emilia e Schlein: “No a un’Italia disumana”. Allargando
l’obiettivo: “Sindaci del Pd in allarme: «Le città rischiano di esploder»”. Con
un catenaccio allarmistico: “Al Nazareno i primi cittadini in sofferenza per l’emergenza
sbarchi. Gori, Bergamo: «Basta slogan sull’accoglienza». Biffoni, Prato: «Minniti
cercava soluzioni»”. E a seguire la pagina dei sondaggi di Ilvo Diamanti: “Ancora
oggi il 40 per cento dei cittadini italiani è preoccupato per i migranti. Torna
a crescere la paura dello straniero”.Non è una questione di slogan, di
razzismo, ma qualcuno ancora non lo sa.
Si
fanno oggi anche i conti di quanto la Ue ha contributo all’accoglienza in Italia:
“Roma ha beneficiato di 1,98 miliardi di aiuti negli ultimi otto anni”. Senza
dire che Roma che è uno dei maggiori contribuenti del bilancio Ue. E che la Turchia,
su decisione della Germania, un paese a minoranza turca, ha beneficiato di 12
miliardi. In aggiunta ai miliardi versati dai migranti per poter salpare da
Smirne per Gioiosa e Crotone, dal secondo maggiore porto turco, supercontrollato,
non da un oscuro attracco nel deserto.
Il mondo com'è (465)
astolfo
George
Bridgetower – George Augustus Polgreen Bridgetower, 1778-1860, polacco-africano,
fu un musicista britannico. Compositore, ma soprattutto famoso come violinista.
Come tale impressionò molto a Vienna Beethoven, che eseguì con lui la prima della
sonata per violino che poi intitolò a Kreutzer – la Sonata per violino n. 9 in la
minore. Bridgetower dovette leggere la parte del violino del secondo movimento
sulla copia di Beethoven al piano, e cambiò anche una notazione, con
soddisfazione di Beethoven, che si sarebbe alzato in piedi a esclamare, “Noch einmal,
mein lieber Bursch!”, ancora
una volta, caro ragazzo caro. La composizione Beethove intitolò allora al
ragazzo: “Sonata mulattica composta per il mulatto Brischdauer, gran pazzo e
compositore mulattico”. Poi Bridgetower ebbe un diverbio con una signora amica
di Beethoven, e Beethoven gli tolse il saluto e la dedica – la sonata dedicò
poi a Kreutzer, che come si sa non la eseguì mai, considerandola “troppo
difficile”.
Col mondo asburgico Bridgetower era già in qualche
modo legato. Essendo nato a Biala Podlaska, in Polonia, nella tenuta di un
principe Radziwill, preso il quale i suoi genitori servivano. Del principe, Hieronim
Wincenty, prese un nome al battesimo, registrato come Hieronimo Hippolito de Augusto,
di padre “principe africano”. La madre, Maria Anna Ursula Schmidt, era tedesca
di Svevia, ma risultava al battesimo del figlio “gentildonna polacca di
qualità,”, del “nobile casato polacco degli Schmidt”. Maria Anna era domestica
, al seguito di Sophie von Turn und Taxis, sposa del Radziwill. Il padre si
supporrà a Londra, dove la coppia di genitori si trasferirà al seguito del
figlio, essere stato un West Indian, delle Barbados. L’anno successivo alla
nascita di George, passerà al servizio
del principe Esterházy, il patrono di Haydn.
George Augustus fu un bambino prodigio. A dieci anni
in tournée a Parigi, Londra, Bath e
Bristol. A tredici anni passò sotto la protezione del principe reggente, il futuro
re George IV, che ne fece completare l’educazione musicale, con vari maestri,
tra essi il dalmata Giovanni Giornovichi.
Sarà attivo, come concertista e come compositore, soprattutto in Gran Bretagna. Dove si sposò, a 48 anni, nel 1816, con una inglese. Riducendosi l’attività concertistica, viaggerà spesso in Italia, dove la sua unica figlia viveva.
Joseph
Chevalier – Il “Mozart nero”, vissuto poco, dal Natale del
1745 al 30 giugno 1799, ma abbastanza per esaltarne la fama, come violinista e
compositore. Autore di numerose opere, le più note “La Chasse”, eseguita con
successo a Parigi al Théatre des Italiens,
e “La Fille Garçon”, un’opera comica, sul personaggio ora politicamente
corretto della ragazza-uomo, travestita, a lungo esca di varie peripezie,
avventurose, amorose, da ridere – come pure il viceversa, del maschio in abiti
femminili: per un paio di secoli dall’avvento del teatro moderno, in molti
luoghi (Ginevra, p.es.) o per alcuni
aspetti considerato immorale o blasfemo, i ruoli femminili in scena erano
tenuti da uomini. Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges il nome intero.
Boulogne da Georges Boulogne, il piantatore francese della Guadalupa che ne fu
il padre, o il padrino di battesimo. Figlio di una schiava africana, fu poi
condotto dal padre-padrino in Francia a sette anni, e istruito nelle diverse
arti. Eccelleva in equitazione, fioretto e danza. Fu a 15 anni, abile nei
tornei, Gendarme della Guardia regia, di Luigi XVI. Al violino accompagnava la regina
Maria Antonietta al cembalo. Fu nominato a 28 anni, nel 1773, direttore
dell’orchestra parigina Le Concert des Amateurs. In predicato per diventare
direttore dell’Opéra. E dell’orchestra della Loggia Olimpica – come Mozart,
anche Chevalier era massone.
In disgrazia alla rivoluzione, per i precedenti di
corte, morirà solo e povero. Ma, a differenza di Mozart, ebbe sepoltura, nella
chiesa di Sainte Marguerite.
Donnaiolo, subì un aggressione da ignoti, per conto di un vecchio generale la cui moglie aveva sedotto - ma senza conseguenze. Fu attivista contro la schiavitù e per la riabilitazione della gente di colore.
Guigliottina
– Il medico che la propose e da cui prende il nome,
Joseph-Ignace Guillotin, lo fece a fini umanitari: essere decapitati era privilegio
dell’aristocrazia, invece che impiccati, strangolati, bastonati dentro il
sacco, squartati, etc.. Era stato da giovane novizio gesuita, con accesso a quattro
ordini minori e alla tonsura. Poi, a 24 anni, massone nella Loggia delle Nove Sorelle,
che si pregiava tra i suoi membri di Voltaire, Franklin, i pittori Vernet e
Greuze, il duca d’Orléans. Nell’intervallo era stato vincitore di una borsa di
studio di 60 mila lire, somma ingente, alla facoltà di Medicina di Parigi, era
stato laureato, era stato insignito della cattedra di Anatomia, Patologia e
Fisiologia. Aveva fatto parte, tra l’altro, della commissione reale d’indagine
sul magnetismo animale, la teoria di Mesmer, insieme con Franklin, ambasciatore
americano a Parigi, Lavoisier e l’astronomo Bailly. Deputato di Parigi agli
Stati Generali del 1789 che sfoceranno nella rivoluzione, fu lui a suggerire la
sala della Pallacorda ai deputati del Terzo Stato che non avevano dove riunirsi
– dove poi l’astronomo Bailly propose il. “giuramento della Pallacorda”, che
vincolava i deputati del Terzo Stato, maggioranza alla Assemblea Nazionale, a
votare insieme – in sostanza a fare dell’Assemblea un organo del Terzo Stato, lasciando
in minoranza, esclusi dalle decisioni, clero e nobiltà. Il giuramento è del 20
giugno 1789. Il 6 ottobre il dottor Guillotin presentava la modifica al codice
penale in materia di esecuzione della pena capitale: divieto di confisca dei
beni del condannato, restituzione del corpo alla famiglia, estraneità della famiglia
alle colpe del condannato. E un art. 1, approvato l’1 dicembre, che stabiliva:
“I delitti dello stesso genere saranno stabiliti con lo steso genere di pena,
quali che siano il rango e lo stato (socio-politico, n.d.r.) del colpevole”. Le
esecuzioni erano allora diversificate: impiccagione per i ladri, rogo per eretici e falsari, squartamento per i regicidi. La decapitazione, con l’ascia, era privilegio
degli aristocratici, come meno affliggente. In questo senso il dottor Guillotin
la raccomandava, su un preambolo che illustrò a voce e che, secondo i
trascrittori, sarebbe suonato così: “Con la mia macchina, vi faccio saltare la
testa in un batter d’occhio e voi non soffrite”. Ma erano resoconti non
benevoli, la proposta del dottore era caduta nel ridicolo, oggetto di ironie e
satire, nei giornali e nel pubblico. Seppure con qualche ritardo, però, il 3
giugno 1791 la proposta diventò legge.
Il dottore rifiutò l’incarico di approntare la
macchina – l’incarico fu affidato allora al primario di chirurgia, Antonin
Louis. Furono adattati dei meccanismi già in uso in Italia e in Inghilterra. In
particolare se ne occupò, a fini industriali e commerciali, un Tobias Schmidt,
un tedesco fabbricante di pianoforti. E la prima esecuzione con la lama a caduta libera avvenne
dopo meno di un anno dalla legge, il 25 aprile 1792, in place de Grèves, poi
sinonimo di ghigliottina, vittima un ladro, Pelletier.
L’uso della ghigliottina fu seguito qualche ano dopo da un dibattito. Il 9 novembre 1795 il dottore tedesco Sommering scriveva su “Le Moniteur” che la coscienza del condannato rimane viva dopo la decapitazione, per qualche istante, e che quindi il decapitato non muore senza dolore. Il dottor Cabanis, materialista, rispose sostenendo il contrario, che niente sopravvive alla morte. Ma il tema ebbe ampia discussione. Il dottor Guillotin, imprigionato durante il Terrore, scampò alla ghigliottina perché Robespierre morì prima. Praticherà la medicina, e s’illustrerà in epoca napoleonica come sostenitore del vaccino contro il vaiolo – ci fu allora un vastissimo movimento no wax: il 2 marzo 1805 presentò il vaccino anche al papa, Pio VII, allora esiliato a Parigi, implorandone la benedizione. Morirà nel 1814, di 77 anni.
Italia – Formazione recente, con i quattro quarti, ma non con un passato. Secondo la catalogazione di Ernst Jünger, “La forbice,” , p.28, che rileva la persistenza di popolazioni da tempo scomparse. I popoli e le civiltà perdurano. Come ci sono terreni instabili geologicamente, “in maniera simile si comportano, da un punto di vista geomantico, quelle regioni in cui il mito non si è ancora raffreddato…. Se ci recassimo a perlustrare questi luoghi con un apparecchio simile a un contatore Geiger, potremmo rilevare potenti eruzioni. I terreni migliori sono quelli in cui dominarono popoli che, come i Celti, gli Etruschi e gli Aztechi, sono certamente scomparsi da un punto di vista politico, e tuttavia continuano ad abitare quelle terre. E poi ancora l’Asia minore, prima di Alessandro, e addirittura prima di Erodoto. Alicarnasso, il Libano con il sangue di Adone, l’antica Persia”. Non l’Italia, non Roma.
Maréchal Niehl – Il nome della rosa più famosa è quello del comandante alleato della battaglia di Sebastopoli, un anno di assedio, dall’ottobre del 1854 al settembre del 1855, uno dei macelli bellici più assurdi e sanguinosi che si siano praticati. Nonché promotore di un fucile che avrebbe atto meraviglie, per il quale rischiò la vita, poiché gli esplose in mano. La cosa affliggeva Stevenson, e non senza ragione: il maresciallo beneficia di una biografia molto lusinghiera, ma presiede a molti disastri, come uomo sul campo del Bonaparte poi Napoleone III. A cominciare dall’assedio di Roma nel 1849, e poi di Sebastopoli. È fatto maresciallo “sul campo” a Solferino, nel 1859, nella battaglia vinta dagli italiani e svenduta da Napolone III all’Austria. Dopo la débâcle di Sadowa nel 1866, il suo imperatore lo fece anche ministro della Guerra. Morirà nel 1869, lasciando la Francia impreparata all’invasione di Bismarck.
Raffles – Il centro direzionale con questo
nome che da Singapore sta invadendo le grandi città cinesi (un complesso di
torri da venti e più piani, a uso abitazione, uffici, negozi, sport, svaghi)
sfrutta il nome dell’alter ego – uno dei tanti - di Sherlock Holmes, il bandito
gentiluomo A. J. Raffles.
Un personaggio da Ernest William Hornung,
scrittore ora dimenticato, inglese, ma subito allora famoso, nel 1898, per
l’invenzione del personaggio. E per la fortunata serie letteraria che vi
imbastì sopra, proseguita fino al 1909, e composta da 26 racconti, 2 commedie
teatrali e un romanzo. Raffles, il “ladro gentiluomo”, abile nei travestimenti
e nelle tecniche, un po’ dandy,
distaccato, di vita lussuosa, non ruba per bontà ma per sé, quando ha definito
il denaro del precedente furto. Un tipo si direbbe non simpatico, e invece
Hornung lo fa – lo ha fatto, adesso non morde più – popolare.
Hornung era cognato d Conan Doyle, avendone sposato una
sorella.
La Raffles City di Pechino è lo spazio più in voga della capitale della Cina. Un complesso di torri, appena inaugurato, a uso promiscuo, abitazione, lavoro, svago, sport, commercio. A somiglianza della più celebre Raffles’ City di Singapore, già ripresa a Shangai. Sfrutta il nome del personaggio di Hornung, ma anche di un albergo di antica tradizione a Singapore, la “Cina di fuori”.
Hornung aveva
derivato il nome del suo ladro gentiluomo dall’albergo allora di lusso di Singapore,
il Raffles Hotel - luogo di molte avventure del personaggio: una costruzione
neoclassica di fronte al mare, tuttora in attività, realizzata da una società,
i Sarkies Broters, e intitolata a sir Stamford Raffles, il fondatore di
Singapore.
Su Raffles si sono fatti numerosi film, già a partire dal
cinema muto. Tra i primi “Raffles,
the Amateur Cracksman”, 1905). In Italia, il personaggio fu adattato per
lo schermo a partire dal 1911. Dal regista e attore Ubaldo Maria Del
Colle, che lo interpretò in una fortunata serie di pellicole. E da Ernesto
Maria Pasquali, che ne produsse vari episodi per la sua Pasquali Film. Sulla
scia del successo di pubblico di Arsenio Lupin, altro grande ladro.
Quando Caserta era top player
Quarant’anni
fa, grazie anche al vivaio, e alla gestione Maggio, di un imprenditore
che riuscì a realizzare un palasport nuovo di zecca in cento giorni, la squadra
di basket Juvecaserta divenne protagonista del massimo campionato, vincitrice di
una Coppa Italia e del campionato 1990-91, e del basket europeo.
La
storia è appassionante. Soprattutto per la parte avuta dagli atleti locali,
oltre che per la saggia gestione societaria e tecnica. Che disegnava un futuro diverso per
una città e un ambiente che di lì a poco, anni 1990, saranno già abbandonati e
ridotti a periferia criminale di Napoli. Un tempo delle speranze che Antonio
Pascale e Francesco Piccolo hano fatto rivivere nei racconti – un tempo, nei
lunghi trasferimenti da Roma al Sud, in vetture senza l’aria condizionata, si
poteva lasciare la macchina incustodita a Caserta per andare a rinfrescarsi…..
anche dentro il parco della Reggia, allora aperto e zampillante, in tutte le fontane.
La
Rai la celebra di malavoglia, affidandola a Rai 2, in seconda serata, d’agosto. Una miniserie di
sei episodi. Ma anche gli autori, bisogna dire, si accontentano di poco. Di
Piccolo e delle memorie, prolisse ma solo occasionalmente vivaci, in tema. All’ombra,
come dice già il titolo, di strapaese. Della “napoletanità” eterna, di una
cultura metropolitana assurdamente celebrativa: provincializzata, ripetitiva, inerte.
Gianni Costantino, Scugnizzi per sempre, Rai 2, Raiplay
giovedì 24 agosto 2023
Problemi di base - di lettura (764)
spock
“Se uno legge troppo, avrà poco tempo per pensare”, R. L. Stevenson?
“I libri sono ben
buoni per se stessi, ma sono un potente
pacifico sostituto della vita”, id.?
“Leggere i classici è meglio che non leggere i classici”,
Italo Calvino?
Quanto legge il bibliotecario?
E il bibliomane?
Chi legge?
spock@antiit.eu
Tra i vini alla viola, alla mandorla
Sono solo i capitoli
centrali, VI-XXX del volume di Orioli
“In Viaggio”: quelli dedicati alla Calabria - a partire da Noépoli in
Basilicata, tale è la sorpresa che il borgo lucano sucita nel viaggiatore:
Albidona, Castrovillari, Civita con Spezzano e gli ammiratissimi albanesi di
Calabria, Morano, Sibari, Cosenza, San Giovanni in Fiore e la Sila, Longobucco,
San Demetrio Corone, Crotone, Catanzaro, Tiriolo, Taverna, Caulonia, Gioiosa
Ionica, Mammola, Reggio, Pentedattilo,
Bova.
Un racconto pieno di
curiosità. Benché tardivo, nel 1933. Di un viaggio che il libraio–editore
fiorentino (a lui si devono le Lungarno Series, degli scrittori angloamericani
di Firenze tra le due guerre) intraprese con Norman Douglas, da tempo suo
compagno di vita benché vivesse a Capri (si accompagnavano da tempo, dal 1922,
“Pino” già di 38 anni, Douglas di 54) e con due redattori della casa editrice
londinese Chatto&Windus che
pubblicherà “Moving Along” (“In Viaggio”) nel 1934, Ian Parsons e Charles
Prentice.
Con un pizzico del brio e
della sintesi di Norman Douglas di “Old Calabria”, un quadro storico di molte
realtà viene tratteggiato in breve, per più aspetti e riscontri perspicuo. Al sodale e
compagno Douglas Orioli spesso direttamente si si rifà. A nche perché è quello
che decide gli spostamenti, e spesso la narrazione, con i ricordi di luloghi,
fatti e eprsone, e con le vecchie conoscenze che rintraccia via via. Erano anche anni in
cui il Sud finalmente “si muoveva”, benché sotto il fascismo, in fatto di
comunicazioni, alfabetizzazione, occasioni di lavoro. Più di un “americano”
Orioli e i suoi amici incontrano, ritornato, per avviare un’attività al paese.
Un racconto sempre
lusinghiero, ammirato anche – eccetto che per Mattia Preti, che Orioli aborre. “L’amabile, Caulonia”. I profumi “delle folgoranti erbe aromatiche” – ma a Mammola, nomen omen?, l’erica è talmente profumata che sa di naftalina. Molti ragazzi speciali, naturamente, ma solo
di garbo e intelligenza. A Crocchi (Gioiosa Jonica) il tabaccaio apre solo di
domenica. A Gioiosa Gabriella li serve in tavola, una venere scalza, che al
garbo coniuga la bellezza.
Pochi,
stranamente, gli uccelli: “Si possono vedere più uccelli in un pomeriggio
inglese che in dodici mesi in Calabria”. I vini invece, sono varii, non
“standardizzati”, e apprezzati – il
tributo è costante ai vini e alla cucina. Ovunque “stoviglie, di terracotta
naturale, di bellissime forme”. Senza mai indulgenza al “colore”, di cui
solitamente sono impastati questi racconti di viaggi. I briganti, breve
stagione, sono solo mozza teste.
Gli
arbëreschë soprattutto piacciono, dopo i ragazzi, gli albanesi di Calabria. A
Civita l’orrido del Raganello viene già segnalato, come visto dall’alto. Civita
e Tiriolo per i costumi, delle donne e degli uomini. A Tiriolo, da dove si
dominano i due mari, lo Jonio e il Tirreno, la bellezza delle donne prende
molti sospiri. Erodoto aThurii stimola belle pagine, anche se non si sa dove
Thurii fosse. A differenza della narrazione di Horace Rilliet (“Colonna mobile
in Calabria”), i calabresi sono tosti a Campo Tenese. Anche se vi beccano, la
prima volta nel 1806 a opera dei francesi di Giuseppe Bonaparte e Murat, nel
1848 a opera delle truppe borboniche - le due battaglie sono descritte al
dettaglio, su buone letture.
Gli
“americani” di ritorno sono importuni, con i loro dollari – la “dollaria” che
Ezra Pound contemporaneamente deprecava. Non lo sono i “germanesi”: è qui
registrata per la prima volta la dizione e la relativa categoria sociologica di
cui scriverà Carmine Abate. Norman Douglas, che aveva percorso la Calabria vent’anni
prima, si meraviglia dei tanti uomini che si vedono in giro. Orioli opina che
“ora hanno trovato l’America qui, nel costruire le strade, nel rimboschimento”,
i futuri famosi Forestali della Calabria, “l’agricoltura intensiva, i lavori
idroelettrici e così via”. Ed è vero che negli anni del fascismo l’emigrazione
crolla.
L’introduzione di Stefano
Manferlotti, l’anglista emerito della Federico II, è un piccolo romanzo del
rapporto tra Orioli e Norman Douglas, o meglio del cattivo carattere di
quest’ultimo, che le sue opere invece farebbero pensare un simpaticone.
Sottolinea anche la “durata” delle cose viste di Orioli, anche se il mondo è
cambiato. Apprezzandone soprattutto la cura, molto contemporanea, per i cibi
via via odorati o consumati, i vini, i prodotti locali, la cucina. Un viaggio
tra i sapori. Tra gli odori anche, dei vini (la viola, la mandorla), delle
erbe, in epoca ancora di inesistenti scarichi di automobile, dei boschi. Tre
inglesi, quattro con l’anglomane autore, che come solevano se la godevano.
Giuseppe Orioli, In viaggio, Rubbettino, pp. 153 ril. €
7,90
mercoledì 23 agosto 2023
Letture - 529
letterautore
Accabadora - Il personaggio
del racconto di Michela Murgia, soprattutto le sue funzioni, sono raccontate da
Camus nel suo viaggio in Brasile – come gliele ha raccontate un Machado,
interlocutore non altrimenti identificato: è “l’aiuto moribondo”, in uso nello
stato di Minas Gerais. “In certo casi, quando l’agonia dura troppo”, così Camus
sintetizza la comunicazione, “si convocano questi signori, che sono patentati. Arrivano,
vestiti da funzionari, salutano, si levano i guanti e vanno a trovare il
moribondo. Gli chiedono di dire “Maria-Gesù” senza interruzione, gli mettono un
ginocchio sullo stomaco e le mani sulla bocca, e spingono con impegno finché
l’agonizzante non ha fatto il salto”.
Nicola Chiaromonte – Camus lo incontra nel 1946 a New York come fosse un amico di vecchia data. Chiaromonte, in fuga nel 1941 dalla Francia occupata, era passato da Marsiglia a Algeri, dove aveva incontrato Camus. A New York, finita la guerra lo aveva letto e apprezzato. Due giorni dopo l’arrivo di Camus a New York per una serie di conferenze, Chiaromonte lo va a trovare in albergo, con “Rubé”. – con i quali poi Camus prolungherà la conversazione in un ristorante francese. “Chiaromonte parla dell’America come nessun altro, a mio parere”. In particolare sui “Funeral Homes”: Chiaromonte gliene spiega in dettaglio il funzionamento.
Per “Rubé” Camus intendeva l’autore del
romanzo, Giuseppe Antonio Borgese, anche lui da tempo residente negli Stati
Uniti.
Fantascienza – “La fantascienza è l’iperrealismo della scienza”, Giorgio Celli, intr. A. Conan Doyle, “Il mondo perduto”, “e sono d’accordo con Carl Sagan quando grida allo scandalo pensando alla cavorite di W ells, un minerale anti-gravità. «Com’è possibile» si domanda l’astrofisico «che un un filone di cavorite possa trovarsi sulla Terra? Non dovrebbe prendere il volo e sparire negli spazi cosmici?». In questo «com’è possibile» di Sagan è racchiuso tutto il gioco concettuale che esige ogni opera di fantascienza, e che consiste nella verifica del suo coefficiente di verosimiglianza scientifica”.
Faust – “Un ciarlatano, un millantatore, un giocoliere”, Quirino Principe su “Robinson” sabato. Ma Goethe lo fa kantiano: “Tutta l’impalcatura teoretica del Faust è fornita da Kant. C’è la kantiana tragedia della ragione. Il tormento dell’intelletto per cui, nonostante tesi e antitesi si contraddicano a vicenda, sono perfettamente dimostrabili”.
Lucien Febvre – Lo storico dell’incroyance, co-fondatorre delle “Annales”, con Marc Bloch, appare a Camus, a Rio de Janeiro nel 1949 per una serie di conferenze, “un vegliardo, piuttosto taciturno”. Perché a Rio? Durante la guerra aveva lavorato per far uscire le “Annales” anche sotto l’occupazione, contro il parere di Marc Bloch, con uno pseudonimo, ma col sostegno del ministro collaborazionista Abel Bonnard.
Giuramento fascista – Giuseppe Antonio Borgese fu l’unico, fra io 13 o 14 non firmatari del giuramento fascista e quindi perdenti cattedra, a perdere anche i contributi per la pensione di anzianità. Passato per un anno a insegnare in America nel 1931-21, aveva prolungato il comando di un anno, e poi ancora di un anno – la sua cattedra di Letteratura Tedesca alla Statale di Milano era affidata al suo conterraneo Vincenzo Errante. Finchè nel 1935 non fu dichiarato dimissionario.
Borgese non rifiutò il giuramento fascista.
Aveva però scritto due lettere in proposito a Mussolini, che nello stesso 1935
aveva pubblicato a Parigi, con “Giustizia e Libertà”.
Il calcolo di chi non prestò il giuramento
oscilla. Oggi verte su 13 nomi, su 1251 professori ordinari: Ernesto Buonaiuti,
Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida,
Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco e Edoardo
Ruffini, padre e figlio, Lionello Venturi. Ma anche Borgese dovrebbe essere nella
lista. E i tanti professori associati.
Italia – “Più l’aereo va veloce e meno la Francia, la Spagna, l’Italia hanno importanza”, Albert Camus negli appiunti di viaggio negli Stati Uniti, nel 1946: “Erano nazioni, eccole province, e domani villaggi del mondo”.
“C’è un sentimento che la letteratura italiana le ha aggiunto alla sua composizione?”, Marco Missiroli chiede a Jhumpa Lahiri nell’intervista-introdzione alla riedizine dei racconti della scrittrice, “L’interprete dei malanni”. “Direi l’aspetto trasversale”, è la risposta: “Nel senso identitario, linguistico e culturale”.
Liebling – “Liebling, del “New Yorker”, uomo charmant”, è uno dei primi incontri che Camus fa a New York, subito dopo la fine della guerra, dove è invitato per delle conferenze – venuto a trovarlo in albergo portato da Nicola Chiaromonte, e da “Rubé”. A.J.Liebling, saggista di cui il “New Yorker” ha pubblicato alcune raccolte, era specialmente stimato per le corrispondenze dall’Europa, prima e dopo la guerra.
Pavese-Primo Levi – “Se vogliamo leggere Primo Levi o Pavese dobbiamo leggere bene Melville, perché Levi e Pavese amavano Moby Dick”, Jhumpa Lahiri, ib.
Primo Levi – Lahiri lo apprezza per “la doppia identità, di scrittore e anche di chimico, l’origine ebraica e l’identità italiana”. Un doppio non scisso o antitetico ma complementare: “La scoperta di Primo Levi per me è stata una rivelazione perché ho iniziato anche a capire figure come quella del Centauro – una figura magica, ibrida, anche mostruosa – e i collegamenti con il mondo antico, la Grecia”. In realtà Lahiri lo apprezza come autore “classico”, che vive la classicità nel presente: “I tasselli si univano. Grazie a Levi riesco a collegare l’universo latino e greco antico che mi circondava da sempre”, ib.
Stupidità – “L’intelligenza ha i suoi limiti, la stupidità è illimitata”, Giuseppe Pontiggia “Il giardino delle esperidi”.
“Tratta” musicale – “Tutto avviene in un ottagono tra Lagos, Londra, Atlanta, Houston, Kingston, Montego Bay e Port of Spain”, Paul Gilroy – la rivoluzione musicale pop: “Le nuove creatività musicali continuano a germogliare lungo le rotte della diaspora africana, dal golfo di Guinea ai Caraibi e al Golfo del Messico.
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