sabato 2 settembre 2023

Cronache del nuovo mondo – haitiane (246)

Si prepara una nuova invasione di Haiti, sotto l’egida dell’Onu. La decisione è in calendario il 15 settembre. Il Consiglio di Sicurezza dovrà decidere una mozione per un intervento armato che riporti l’ordine nell’isola. In quella è probabile che Russia e Cina blocchino la mozione. Ma ci sono altre vie per aggirare il divieto, in Assemblea, anche a posteriori, cioè dopo l’invasione.
Gli Stati Uniti hanno intanto richiamato tutti i loro residenti nella repubblica caraibica. “Dopo avere per oltre un secolo insanguinato il paese, installando o favorendo dittatori corrotti, sopprimendo la democrazia, il governo americano ora sollecita gli americani a scappare”.
Haiti è da tempo nel caos. “Potremmo cominciare con la lista delle me maggiori violazioni dei diritti umani e dei massacri che hanno avuto luogo in Haiti solo nelle ultime settimane, ma ce ne sono state così tante che l’elenco  - di quartieri decimati, bambini rapiti e uccisi, massacri perpetrati, case e negozi dati alle fiamme, donne e ragazze violentate, giornalisti e altri commentatori critici assassinati, beni rubati, vite distrutte, famiglie ridotte senza casa – è diventato ultra-familiare e perfino noioso”-
(“The Nation”)

America gerontocratica

On the dangerous reign of the Octogenarians” è il sottotiolo. sulla politica pericolosamente dominata dagli ottogenari. Partendo dalle ripetute défaillances ultimamente del capogruppo della minoranza repubblicana al Senato (Senate Minority Leader), ottantunenne. Che non è riuscito ad andare avanti in una conferenza stampa benché avesse tutto scritto dai collaboratori sul teleprompter. Dopo esere caduto in albergo, senza inciampare, durante un party di sottoscrizioni elettorali: “In sei mesi, McConnel è passato da temuto capo parlamentare del parttto Repubblicano a un simbolo di come rapidamente le cose possono andere male per la fragile gerontocrazia dell’America”.
Lo stesso per il presidente Biden che si ricandida, mentre si moltiplicano le sua gaffes, amnesie, difficoltà motorie. E anche Trump, altro sicuro candidato presidenziale, non se la passa bene, per i suoi 78 anni l’anno prossimo, è per per tutto il resto che si sa.  
Susan B. Glasser,
The Twilight of Mitch McConnell and the Spectre of 2024, “The New Yorker”, 1 settembre 2023, free online

venerdì 1 settembre 2023

Generali d’Italia

Generali è la più grande compagnia di assicurazione – era fino a qualche anno la più grande d’Europa, con  posizioni importanti al centro del continente, che onorava l’Italia, Generali Italia. Ma non se ne parla più, si parla molto invece di generali, dell’esercito. In vesti bizzarre.
Il più famoso è il generale che si proclama reazionario, Roberto Vannacci. Non una novità, ma lui è riuscito a fare testo, e cronaca. Il più curioso è il generale Gerardino “Gerry” De Meo, esperto di intelligence, in Italia e anche in ambito Nato,che si è fatto fregare 200 mila euro da una cinese. Anche questa non è una novità: una ventian d’anni fa Santoro fece la sua stagione in tv con un generale giovane (era il generale più giovane? un quarantenne) che si era fatto derubare da una presunta amante tutto quelo che aveva guadagnato in anni di missioni all’estero.  
Poi c’è il generale Figliuolo, che col cappello d’alpino perennemente calzato e in divisa d’ordinanza ha gestito i vaccini anti.covid. E da un compito d’ordine, di logistica, è stato trasformato in commissario post-alluvione in Romagna, a gestire una crisi che invece di ordine ha bisogno di iniziatia, cioè di fantasia, e di risarcimenti pubblici spediti. Anche questa non è una novità: il generale segue a una lunga serie di prefetti-commissari, ai quali si è soliti delegare ogni cosa: c’è la mania  del commissariamento. Che è naturalmente, ovviamente, improduttivo – un freno a mano invece di una gestione, competente.
I “generali” - nella gestione della cosa pubblica e nell’opinione macchiettistica - sono il problema di una politica che continua a latitare. All’evidenza.

Il sogno di guidare un’automobile, nel paese del petrolio

Un’oretta di pubblicità. Ben fatta, se viene rilanciata da piattaforme a pagamento. Ma che tristezza.
Il film sarebbe della possibilità per le donne saudite – no tutte, quelle sposate – di poter infine guidare un’auto. Convenientemente velate, e meglio se con il padre o il marito al fianco.
Manca ancora molto per la maggiore età delle donne in A. Saudita. Ma il regime si vuole nobilitare nel senso della modernità, proiettato al cuore del mondo degli affari e della Grande Politica, pur essendo una monarchia tribale senza nessuna istituzione e con poche leggi – la maggiore e decisiva è quella del re padrone. Abbastanza ricco da pagarsi le maggiori agenzie americane e britanniche di relazioni pubbliche. Che inventano per lui piani di ammodernamento a ripetizione – una politica d’immagine.
Un documentario un po’ vecchio, del 2019, quando il divieto di guida fu allentato. È cinque anni fa che la proibizione totale alle al volante è stata ammorbidita. Quelle che si (intrav)vedono nel documentario non sono “donne saudite” ma modelle in costume – ci saranno, anzi ci sono, si può testimoniarlo, donne saudite intraprendenti e affascinanti, ma non nella pubblicità, specialmente non al cinema, solo all’estero, al Cairo, a Beirut, quando possono scappare.
Un documentario pubblicitario, non per il pubblico saudita. Si può vederlo come promemoria, oggi, di un tempo remoto – sarà inevitabile che le donne in quel paese diventino prima o poi esseri normali, e allora potranno divertirsi guardando le prime volte che guidarono un’automobile. Nel paese del petrolio, della benzina.
Erica Gornall, Saudi Women’s Driving School, Sky Documentaries

giovedì 31 agosto 2023

Letture - 530

letterautore

Faust – È un romanzo, il “Faust” di Goethe: è la lettura che ne fa il cardinale Gianfranco Ravasi nel “Breviario” con cui apre il supplemento “Domenica” del “Sole 24 Ore”. A proposito dell’autoflagellazione con cui comincia il poema: “È sconfortante questa confessione che fa di sé il Faust di Goethe, nell’impressionante scena notturna con cui si apre, dopo il prologo, l’omonimo celebre romanzo”.
 
Gadda – Ma è biblico! La scoperta è del cardinale Ravasi, nel breve saggio “L’apocalisse si fa largo tra il dolore”, pubblicato sempre sul “Sole 24 Ore” domenica: “In molte sue opere affiorano simboli e figure bibliche, soprattutto i segni fiammeggianti dell’Apocalisse”.
In un articolo del 1940, su “Nuova Antologia”, Gadda celebra i Vangeli - “particolarmente i sinottici”, sono parole sue, “nella divina limpidezza della parabola: essi ci riportano alla verità del mondo morale,quasi incedendo verso la luce, sempre!”. In un racconto di “Accoppiamenti giudiziosi” esalta, altre parole sue, “la voce della bibbia, il più grande libro che sia mai stato scritto”.
Molta “Apocalisse” è in “Eros e Priapo”, citata e insieme glossata. Ritornante è la figura del Cristo, le cui parole sono da Gadda spesso citate – nel primo romanzo, “La meccanica”, il “sinite parvulos venire ad me” dice appello “detto dal primo socialista del mondo”.
Sulla “Cognizione del dolore”, lettura giovanile sulla quale il cardinale non sapeva orientarsi, ha casualmente, scrive, trovato la chiave in un saggio di poca diffusione, dal lui maneggiato da direttore della Biblioteca Ambrosiana, “La paralisi e lo spostamento”, di Rinaldo Rinaldi (Bastogi, Livorno, 1977). Un’analisi del romanzo “che giungeva a questo esito inatteso: «Un fitto reticolo di suggestioni evangeliche fa veramente sistema, tanto da poter parlare di struttura cristologica del romanzo»”. Rinaldi, junghiano, “traccia una mappa complessa”, avverte il cardinale, sulla quale poi arriva a identificare Gonzalo, il figlio, con tutti i suoi tormenti, in vario modo col Cristo. Ma, aggiunge, “sta di fatto che l’approdo terminale della vicenda di don Gonzalo ha un rimando al Consummatum est del Cristo crocifisso. Scrive infatti Gadda: «Tutto doveva continuare a svolgersi, e adempiersi: tutte le opere. E l’ora da una torre lontana sembrò significare: “Gli atti sono tutti adempiuti”»”.
 
Gioacchino da Fiore – “Con tutta la sua santità il povero Gioacchino non è mai stato santificato. Rimane solo un Beato. Forse c’era qualcosa di peccaminoso negli anni che trascorse alla corte siciliana”, Giuseppe “Pino” Orioli, “In viaggio”, 60.
Orioli, compagno di viaggi e di vita di Norman Douglas, era preclaro libraio antiquario a Firenze, nonché editore (degli angloamericani in Italia negli anni 1930). Visitando il convento di San Giovanni in Fiore, così continua: “Con me avevo un suo libro, Vaticinia sive Prophetiae (Venezia, Porrus, 1589). Non è un cattivo libro”, ha 34 incisioni, “abilmente eseguite”, la tradizione, una premessa di Pasqualino Regiselmo, la vita di Gioacchino scritta dal Barrio, ma, prosegue, “non sono mai stato capace di vendere questo libro, anche se nei miei cataloghi ha un prezzo basso: 7/s 6 d.”, sette scellini e sei pence.
 
Old Calabria – Il viaggio a piedi per la Calabria, da cui trarrà il suo classico “Old Calabria”, aprile-luglio 1911, Norman Douglas fece con Eric Wolton. Un ragazzo di tredici anni che aveva conosciuto pochi mesi prima, esattamente il 5 novembre 1910 – quando Douglas aveva 42 anni. Del ragazzo che l’accompagnava non c’è traccia in “Old Calabria”. Ma lo ricorda Giuseppe Orioli, il libraio-editore fiorentino nel racconto di viaggio in Calabria fatto con
 Douglas e altri due amici inglesi nel 1933. Lo fa ricordare allo stesso Douglas. A San Demetrio Corone, dove torna nella primavera del 1933 col suo nuovo compagno che è lo stesso Orioli, Norman Douglas si allontana un momento dalla strada del cimitero dove si stavano recando per “per guardare la casa dove alloggiò insieme a Eric per una settimana nel 1911. Era una grande casa isolata”.

Norman poi racconta a “Pino” che “la proprietaria, ora defunta, era singolarmente gentile con loro e dopo solo quattro giorni si affezionò così tanto ad Eric che voleva adottarlo”. Era molto ricca: “Possedeva la casa, pecore, bestiame, vigneti  e campi di granturco”. Vedova, “odiava i parenti che erano in vita, perché aspiravano solo ai suoi soldi. Era ansiosa di andare da un notaio e lasciare tutto a Eric, a patto che restasse con lei a San Demetrio fino a quando fosse morta”. Non era “una brutta prospettiva” per il ragazzo, commenta Douglas, ma lui “era molto affezionato a Eric” e non disse niente ai suoi genitori.
 
Pederastia – Sul caso di Norman Douglas e del giovanissimo Eric (v. sopra, “Old Calabria”), il quarantenne scrittore e il dodicenne che lo accompagna nella sue peregrinazioni per la Calabria, e su altri casi di pederastia di persone famose o comunque per un qualche motivo attraenti, senza violenza cioè, una forma di patologia è stata individuata, la Child Sexual Abuse Accomodation Syndrome, Csaas. Modellata specialmente sul caso di Norman Douglas, lo scrittore che vivrà nel dopoguerra tranquillamente a Capri, dove morirà (pare di buona morte procurata, per un male incurabile), ma prima della guerra subì processi e arresti, che evitò con la fuga.
La casistica erotica di Norman Douglas, che ricorda spesso quella di Pasolini, è analizzata e spiegata da Rachel Hope Cleeves, una storica americano-canadese, nel volume “Unspeakable”, molto dettagliato, che come sottotitolo recita: “A Life beyond Sexual Morality”.
Norman Douglas conobbe il ragazzo Eric, Eric Wolton, al Crystal Palace di Londra, luogo di divertimenti, il 5 novembre 1910, una festa popolare, di fuochi d’artificio. Se lo portò in Italia col consenso dei genitori. E in Italia nel lungo viaggio a piedi che poi raccontò in “Old Calabria”, il libro che gli diede la fama, dall’aprile al luglio del 1911. Poi Eric si fece la sua vita, da dipendente pubblico in varie parti dell’impero briotannico, ebbe dei figli, e rimase sempre grato a Douglas, per le tante occasioni che gli aveva offerto di “migliorarsi”. Porterà i figli a Capri, a conoscere Douglas, prima della morte dello scrittore.
Ma non solo di Eric, Norman Douglas ebbe la stima di molti influenti amici, Conrad dapprima, e poi Graham Greene, Aldous Huxley, Somerset Maugham, D.H.Lawrence a lungo (“L’amante di Lady Chatterley”, cui dovette la fama, fu pubblicato dal compagno di Douglas, Pino Oroli, nella Lungarno Series che editava a Firenze), E.M.Forster, Romaine Brooks... Praticava sesso di preferenza con i bambini, per sua stessa ammissione, centinaia di bambini e di bambine, tra i 10 e i 13 anni.
I fatti sono sempre stati noti. Prima dello studio di Cleeves, ne aveva parlato in dettaglio il biografo Mark Holloway, nel 1976, “His Norman Douglas. A Biography”.
L’attività erotica di N. Douglas fu specialmente profusa in Italia. Nel giugno del 1895 si era presa una licenza dall’ambasciata britannica a San Pietroburgo, dove lavorava, per visitare Lipari. Dove scoprì i veri costi della pomice, tenuti segreti dalla compagnia inglese che la sfruttava,  e le condizioni di produzione, con uso intensivo del lavoro infantile, e denunziò il tutto al Foreign Office – “la sola costa giusta che ho fatto in vita mia”. L’anno dopo, a novembre, si licenziava dal Foreign Office e comprava Villa Maya a Napoli, una enorme villa-castello, dove intrattenne un rapporto speciale con un quindicenne, Michele – meravigliato dell’approvazione e la riconoscenza che la famiglia del ragazzo gli portava, ricorda in “Looking back” (dedicato a Eric), e cita la madre in italiano: “L’avete svegliato”. Un Raffaele Amoroso, specializzato nella fornitura di “divertimenti amorosi”, fu il suo paraninfo a lungo. Una raccolta di lettere dei suoi vecchi-giovani amanti è stata pubblicata: Eric, René Mari, Marcel Mercier, Ettore Masciandaro, Emilio Papa, con foto, anche nude, dei corrispondenti da ragazzi. Nel 1910 dovette lasciare in fretta Londra per evitare un processo. Nel 1936 lasciò Firenze per sfuggire all’arresto, per un rapporto con una bambina. È stato anche sposato e ha avuto due figli, di cui nella causa di divorzio ottenne l’affidamento.    
 
Svevo-Joyce – Molte cose li univano, ma una soprattutto, è la scoperta di Mauro Covacich su “La Lettura” di domenica: una lingua appresa, non “naturale”, non familiare. Molto più di un’amicizia, questa comune esperienza linguistica. Entrambi scrivono in una lingua imparata, da adulti, non nativa: “È il vero collante sia della vicenda umana che dell’esperienza artistica dei due scrittori. Entrambi danno vita a opere memorabili scritte però in una lingua appresa. Svevo impara l’italiano sui libri e, come dichiara in molti luoghi, non ha modo di parlarlo quasi con nessuno (la lingua corrente a Trieste ancora oggi è il dialetto). Allo stesso modo, Joyce è un irlandese che rivendica un rapporto di estraneità con la lingua inglese (vedi «Il ritratto dell’artista da giovane»), anche lui l’ha imparata a scuola e finirà per insegnarla a stranieri, in terra straniera”.


letterautore@antiit.eu

Il deserto in Calabria

Non si salva niente. È una Calabria anno zero, anzi sotto lo zero, poiché va all’indietro: non vende, non produce, non sa. Sembra un atto di malumore, ma l’autore procede con determinazione. Non solo gli indici economici condannano la Calabria, i calabresi stessi ai autocondannano – quando votano a destra? Un saggio breve ma puntuto.
Con qualche imprecisione. La Calabria non è il fanalino di coda dell’Unione Europea – non è una consolazione, ma giusto per essere precisi. E non è Andreatta che ha creato l’università a Cosenza: è stato Mancini. Che ha nel 1980 ha indicato Andreatta, allora solo economista a Bologna, quale ordinatore (con Sylos Labini) della facoltà di Economia, per evitare i condizionamenti locali. Che poi invece ci sono stati.
L’autore è economista a questa università, la Unical. Già assessore e vice-presidente della giunta regionale Calabria di Agazio Loiero, l’ex parlamentare e ministro Dc, poi Margherita, L’Ulivo, Pd, dal 2005 al 2010 presidente della regione Calabria.
Domenico Cersosimo, Calabria, l’Italia estrema, “Il Mulino”, 29 agosto 2023

mercoledì 30 agosto 2023

Problemi di base - 765

spock


“Le palle da tennis possono sentire dolore”, Evan Waite-River Clegg?
 
“Solo il dolore insegna cos’è la vita senza il dolore”, Stefano Benni?
 
“C’è solo un genere”, Evan Waite-River Clegg?
 
“L’eternità dura fino ai quarant’anni”, Giuseppe Pontiggia?
 
“L’energia femminile è più forte anche se meno visibile  di quella maschile”, E. Junger?
 
“La civiltà non fa parte del dna, e va costruita”, Vittorino Andreoli?
 
“Il passato è bello solo nel ricordo, e pretendere di riviverlo la più pura delle follie”, A. Palazzeschi?

spock@antiit.eu

Casanova sotto analisi, irresoluto

Una sorta di autoanalisi di Salvatores, che non sa più riconquistare la leggerezza di “Mediterraneo”. C’entra poco Casanova, il personaggio. Ma c’entra poco anche Schnitzler, lo scrittore austriaco sul cui racconto omonimo il film s’impernia.
Il racconto di Schnitzler è casanoviano, di follia amorosa, e di vecchiaia e solitudine – squallore. Casanova cinquantenne, sulla via del ritorno a Venezia, incontra e seduce Marcolina, giovane, bella e studiosa, di matematica e filosofia. La  seduce con l’inganno, e quando viene sfidato dal fidanzato di lei, lo uccide in duello. Dopodiché prosegue  il viaggio per Venezia, dove si farà spia dei Dieci. La vicenda come narrata da Schitzler fa parte del film, intersecandosi con quella personale del regista. Che nella lavorazione ha incontrato una bella contadina, le ha fatto un  figlio e ora non lo vuole, non lo vorrebbe, non sa.
La vicenda va avanti, con due film in uno: il regista,  sconfitto a Venezia, in lite col produttore Alberto e con l’aiuto-regista Gianni, si isola, ma riconquista la contadina – che si chiama Silvia, poeticamente - e forse riuscirà a farsi padre. 

Un apologo: il regista-Casanova questa volta s’innamora, naturalmente di una fanciulla semplice. Un apologo in chiave duplice: una storia in parallelo tra la paternità naturale e quella artistica. Lo schema consunto del contrasto tra il naturale (la pulsione amorosa) e l’artificiale (l’arte, il cinema). Con Toni Servillo e Bentivoglio.
Se queste sono le ambizioni, un altro dei film irresoluti che da qualche tempo caratterizza Salvatores. Come se non ne fosse convinto – come facesse una proposta: vediamo che ne pensate. Come una svogliatezza, o disappetenza.
La tramina del film curiosamente lo propone con questo taglio: “Leo Bernardi, un celebre regista cinematografico, è impegnato nel montaggio del suo ultimo film, «Il ritorno di Casanova». Ma, una volta montata la scena iniziale, il regista inizia a disinteressarsi del progetto”. La psicoanalisi al cinema rende poco, in quanto tale, come disciplina: pratica, modalità, linguaggi.
Gabriele Salvatores, Il ritorno di Casanova, Sky Cinema Due

martedì 29 agosto 2023

Indebitarsi per Tim

Il Tesoro ha problemi, da un mese il governo insiste che non sa come quadrare la finanziaria o def, insomma il budget 2024, ma spende 2 miliardi e mezzo per Tim, “un gruppo strategico”. Più di quanto, probabilmente, incasserà con la discussa tassa sugli extraprofitti di Intesa, Unicredit e le altre grandi banche. “Strategico” a che cosa? Alla rete telefonica, che non sa gestire, ogni utente lo sa? Alla persecuzione che infligge da anni agli italiani, quando infine ha scoperto la fidelizzazione, dopo averli tratscurati e scaricati per decenni, con quattro chamate spam al giorno? E quanto stratetigo, se lo stesso gruppo fu venduto 26 anni fa con una valutazione da 70 mila miliardi di lire, 35 miliardi di euro (il Tesoro incassò 26 mila miliardi di lire, tredici miliardi di euro, per il 36 per cento del gruppo) mentre ora si valuta 10 miliardi (il Tesoro pagherà 2,2 miliardi per il 20 per cento), ma in Borsa si trascina a pochi centesimi.
È strategica la rete telefonica? E perché è stata abbandnata per trent’anni, e tuttora è gestita in malo modo (basta entrare, tentare di entrare, in My Tim)?
E bisognerebbe anche sapere perché non lo era quando Telecom-Tim fu privatizzata, e la cablatura dell’Italia, avviata a passo di carica dalla Sip-Stet, fu lasciata a metà, abbandonata: l’Italia poteva essere il primo paese con internet veloce per tutti, grazie alla cablatura, e invece l’investimento andò in fumo (quanti miliardi, in euro, sprecati). Una storia troppo contorta, questa del telefono pubblico, che meriterebbe mettere da parte per sempre. La privatizzazione senza condizioni (strategia? tattica?) fu fatta dal governo Prodi, il primo, con Guido Rossi a presiedere, l’inossidabile cache-sex di molto malaffare a piazza Affari.  

Marlowe al cinema, irlandese

Si riedita il creatore, Raymond  Chandler, già in libreria con Feltrinelli ora ritradotto da Adelphi, e si ripropone il suo personaggio, “Marlowe”, detective perduto tra gli anni e l’alcol. Riscritto da “Benjamin Black”, lo pseudonimo che lo scrittore irlandese Banfield adotta per i romanzi gialli. Una produzione Sky, in omaggio a Liam Neeson, l’attore che contemporaneamente festeggia con una settimama di suoi vechi film, per la sua centesima pellicola – termine desueto, ma come lo è l’omaggio.
Black ricrea tutto in classico Chandler. Il classico del thriller-noir americano degli anni a cavallo della guerra che tanto amavano Oreste Del Buono e Laura Grimaldi. Quindi Los Angeles 1939, figlie bionde, genitori ricchi e potenti, droga, alcol, Hollywood. Il cocktail in cui il vecchio cinico Marlowe non può che perdersi. Con l’aneddoto chandleriano dell’omicidio-suicidio per finta. Con in più un “cartello” messicano, per stare sull’attualità.
Sky asseconda il romanziere e la memoria di Marlowe, con Diane Kruger figlia mozzafiato e Jessica Lange madre. E la cosa in qualche modo regge. Ma Chandler-Marlowe al cinema non ha buoni precedenti – non ha precedenti. A parte il potentissmo “Chinatown” di Polanski mezzo secolo fa, con gli inarrivabili Nicholson, la figlia Dunawaye e il padre John Huston – chandleriano senza dirlo.
Il film è il rifacimento del rifacimento. In fondo, un omaggio irlandese, di Jordan e Black-Banfield, all’irlandese Neeson.
Neil Jordan, Detective Marlowe, Sky Cinema Uno
 

lunedì 28 agosto 2023

Ombre - 682

“Migranti, è record di sbarchi”. Ogni giorno. Da quanti giorni, da quanti anni? Ma è sempre una notizia, qualcosa di nuovo e in qualche modo preoccupante. Solo i giornali, e il papa, neo premiato del giornalismo 2023, non sanno che è un problema, serio? Con l’accoglienza e tutto – e senza contare i morti, decine ogni giorno, centinaia.
 
Due pagine e anche quattro sui processi a Trump, sui coimputati, su chi ha i soldi per pagarsi la difesa e chi no, e niente della giudice che ha orchestrato l’ultimo processo in Georgia, per “banda armata” o qualcosa di simile. Se non che è una “procuratrice d’acciaio”. Ma c’è su tutti i giornali americani; si chiama Fani Willis, Democratica professa, e applica contro Trump e i 18 associati la legge antimafia. Applica la legge anti-mafia per un processo non mafioso?
Certo, Trump è antipatico.
 
Gioia Tauro e  Porto Empedocle si candidano per gli impianti di rigassificazione, e non ricevono ascolto. Mentre il governo li impone a Piombino e a Livorno, che invece non li vogliono. Perché così fa comodo alla  Snam? Perché la Snam ha interesse a favorire l’affitto delle navi metaniere equipaggiate per la rigassificazione? Ci sono “sfioramenti” in questi contratti d’affitto? A vantaggio di chi?
 
Mancini saudita si direbbe la prima  notizia, dei tg e dei giornali. Invece scompare – insiste solo la “Gazzetta dello Sport”, che ha fatto la scoperta, con gli altri sportivi a malincuore. Non si può ridere di Mancini, è lesa maestà? Non si può ridere dell’amore di patria?
 
Il papa va in Mongolia. A predicare ai buddisti, che non amano le prediche. Alla sua età, e con i suoi acciacchi, un viaggio di un giorno. A parte il time lag. Specialmente pesante per chi viaggia a Oriente.  Forse il papa è solo stravagante, nel senso etimologico. Forse va in Mogolia perché non uccidono i cristiani, sono solo un migliaio – ci va in sicurezza.
 
Chi ha abbattuto Prigozhin, sia stato con la bomba a tempo oppure con un missile? È stato Putin oppure Zelensky? Che ha già centrato obiettivi singoli in Russia tra i più prossimi a Putin, Aleksandr Dugin e altri.
 
“Il Venerdì di Repubblica” evoca le colonie marine per i bambini. In Romagna, in Versilia. Tutte opere d’autore. Tutte costruzioni durature, vanno per il secolo di vita. Tema certo spinoso: i palazzinari del regime qualcosa costruivano, i bambini erano accuditi, i genitori non erano lasciato soli con i bambini nei tre mesi estivi, eccetera. Il problema è che non si fa la storia nonché della Repubblica, neanche del fascismo, dopo De Felice. Non si studia perché il consenso – a parte le filippiche contro la tabe morale degli italiani.
 
Sullo stesso giornale l’ingenua Aspesi si chiede, all’ultima riga della sua rubrica: “Francesco Alberoni, il colto docente di sociologia dai libri spesso molto belli, era vicino a Fratelli d’Italia e non so il perché”. Già, perché?
Forse per questo Alberoni non è stato celebrato in morte?
 
Sarkozy che fa lezione di morale a Berlusconi, non si sa se ridere o piangere. Uno che aveva pagato la (ex) moglie perché fingesse la famiglia unita per la campagna presidenziale. Ma questo uomo è quello che ha fatto male, molto male, all’Italia, invece che a Berlusconi. Con la comare Merkel – che, è notorio, lo disprezzava, disprezzava Sarkozy. Siamo messi bene.
 
Il vertice Ue si chiuse il 23 ottobre 2011, si ricorderà, con Angela Merkel che annunciava: “Abbiamo fiducia in Berlusconi, l’Italia deve attivare le misure per crescita e riduzione del debito” (di 50 miliardi l’anno, niente….). Ma Sarkozy, scoppiando a ridere insieme con la stessa Merkel, precisava: “Abbiamo fiducia nell’insieme delle autorità italiane”.
 
A febbraio 2012 la Deutsche Bank, cara al cuore di Merkel, si liberava di tutti  i titoli pubblici italiani. A luglio, poiché i titoli del debito italiano non erano crollati abbastanza, ne dava notizia al “Financial Times”. E la crisi del debito italiano è partita. L’Italia se l’è vista brutta, ma Merkel pensava che la Germania, fallendo l’Italia, sarebbe stata meglio?
 
Però, il generale contro, il generale Vannacci, aveva anche denunziato come pericolose le bombe a uranio impoverito. Nella ex Jugoslavia e altrove – molti militari italiani della bonifica ne sono stati vittime. Anche di questo, però, non si può parlare.

La vendetta è impossibile

Gli ultimi giorni in realtà sono tumultuosi, fino alla tragedia. La storia Manzini l’avrebbe “tratta da un fatto vero”. Non raro (anche oggi un assassinio a coltellate, per furto in tabaccheria): il dolore per una morte violenta, immotivata, di un figlio nel fiore degli anni non si cancella con la condanna dell’assassino. Peggio se i benefici di legge lasciano presto il colpevole libero.
Manzini ci ha creato sopra una suspense che attanaglia, seppure con mezzi e artifici comuni – o proprio per questo. Sul solco del “Borghese piccolo piccolo” di Monicelli e Sordi: la vendetta è sempre amara.
Con l’ennesima celebrazione della Guzzi 500, “la” moto, il Falcone, il cavallo dei Corazzieri, il monocilindrico a quattro tempi. Seppure per un finale equivoco– apre nell’incubo un futuro diverso, tanto più per essere improbabile.
Antonio Manzini, Gli ultimi giorni di quiete, Sellerio, pp. 231 € 14

domenica 27 agosto 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (535)

 Giuseppe Leuzzi


“Parmenide, Pitagora, Vito, Croce, viaggio nella cartografia delle idee”: Ottavio Di Grazia può fare su “Mimì”, l’iperbolico settimanale culturale del “Quotidiano del Sud” il 20 agosto, questo tracciato della filosofia perenne. Da Elea, “oggi la bella Ascea”, dove vissero e insegnarono Parmenide e Zenone, all’illuminismo napoletano, e al serbatoio Croce, ancora largamente intonso. In questo caso non il solito “classicismo” scolastico, ma un fatto: una temperie, una disposizione.
 
“’A zannella”, la lettura a distanza, ironica ma benevola, degli eventi - il reale, il mondo, il normale e l’anormale, eccezionale - è meglio rappresentata probabilmente da Nanni Moretti. La cui madre, il genitore cui è sempre stato più legato, dall’adolescenza alla fine, sempre presente nei film, fino a “Mia madre” in morte, al punto da adottarne il nome per il suo alter ego in molti dei film canonici, Apicella, è Agata Apicella, di Reggio Calabria.
 
Trump è perseguito in Georgia sulla base della legge federale antimafia, il Rico, Racketeer Influenced and Corrupt Organizations, che applica pene più severe e condizioni carcerarie più restrittive per i colpevoli di delitti da criminalità organizzata. Il presidente degli Stati Uniti a capo della mafia è più di quanto la mafia, fosse pure dello scervellato Riina, potesse sperare – o Saviano immaginare.
 
Gioia Tauro e Porto Empedocle si candidano sempre più inistentemente a ospitare gli impianti di rigassificazione che si rendono  necessari dopo il blocco dei gasdotti dalla Russia. Non è una grande scelta: i rigassificatori occupano molto spazio, come aree di rispetto, e non producono indotto – hanno bisogno ridotto di servizi esterni. È un po’ la scelta che fu fatta nel dopoguerra con le raffinerie. Che inquinavano. Ma anche il gas non scherza.
È il mito della Grande Industria – perdura solo al Sud? O dell’appalto?
 
Si può fare
Il Sud quest’anno va e fa meglio di Francia e Germania. È un dato che non cambia niente, o quasi, l’economia del Sud non vale l’1 per cento di quella francese o tedesca, ma il “sorprasso” ha un senso: si può fare, si può lavorare. Il Sud può farcela, con tutte le mafie e le antimafie di cui si è oberato.
La scoperta è della Cgia Mestre, confrontando dei dati previsionali, anche se suppostamente affidabili, delle più accreditate agenzie inteenazionali. Il Sud cresce quest’anno meno della media nazionale, dell’1 per cento circa, contro un 1,1 del Centro e un 1,2 del Nord. Ma cresce di più della Francia nel suo insieme (le previsione sono per un + 0,8 per cento del pil) e naturalmente molto di più rispetto alla recessione tedesca (- 0,3 per cento).
Non è un miracolo: il Sud ha messo a frutto un flusso di investimenti pubblici enormi, sia durante la pandemia, sia l’anno scorso a mitigazione del caro-energia: “Nell’ultimo quadriennio lo Stato ha erogato oltre 270miliardi”. Ne ha erogati di più al Nord, ma nel Sud la spesa pubblica ha inciso di più, sollecitando soprattutto il comparto costruzioni e l’agroindustria.
È una scoperta se comparata con i dati del 1953, del famoso documentario-indagine sulla povertà in Italia che l’Istituto Luce realizzò a complemento della ricerca della Commissione parlamentare che tra il 1951 e il 1954 indagò sulla povertà in Italia. Sulle condizioni di vita nelle valli alpine e del Delta del Po, nel Mezzogiorno, e nelle periferie metropolitame di Milano, Roma e Napoli. Un lavoro di ricerca assortito da una tabella riassuntiva sgomentante: la povertà colpiva meno del 5 per cento della popolazione nel Centro-Nord Italia,  tra il 21 e il 40 per cento al Sud. In particolare: 3,1 per cento in Friuli-Venezia Giulia, 2,3 in Veneto,1,4 in Lombardia, 0,3 in Piemonte, sul 2 per cento in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Passava al 7,1 per cento in Umbria, e al 10 nel Lazio. Saliva al 37,7 per cento in Calabria, quasi due su cinque. E nelle altre regioni non molto meglio: 33,2 in Basilicata, 25,2 in Sicilia, 23,0 in Puglia, 23 in Abruzzo-Molise, 22,8 in Campania, 22,7 in Sardegna.
 
La verde Islanda
Il paradiso terrestre si è spostato al Nord, estremo, tra i ghiacci e i geyser, le notti lunghe, i giorni interminabili. Non è una novità, si sono costruite saghe su questi paradisi del gelo e della notte. Anche al Sud, molti hanno messo e mettono il paradiso al Nord. Ma in Islanda ora è diverso, attesta “Il Venerdì di Repubblica”, con un ampio reportage, testo e foto, di Claudia de Lillo. Perché “sono un migliaio gli italiani che hanno scelto come nuova casa il paese di Björk, dello stoccafisso e della parità di genere”.
Sono molti, sono pochi? L’arcipelago non arriva a 400 mila abitanti. Le sorprese vengono dentro. Le storie sembrano di disadattati, per motivi che non sappiamo, a leggere quello che dicono. La prima, Sara Bianchi, marchigiana, 43 anni, è in Islanda da quindici anni: è sposata, ha due figli, racconta de Lillo, “fa la maestra d’asilo per 2.500 euro netti al mese, che non bastano. Per arrotondare fa le pulizie nel suo condominio e la commessa in un negozio per turisti, quando i bambini sono con il padre, che «nel frattempo, come si usa qui, ha avuto un figlio con un’altra donna»”. Dunque, un paese a corto di uomini. E qui si può capire il paradiso: è degli uomini.Ma è scontento anche il latin lover, Roberto Luigi Pagani, di Cremona: “Qui prima si fa sesso, poi si decide se proseguire. Per divertirsi le ragazze preferiscono stranieri di passaggio”.
Anche il cibo lascia a desiderare. Nino Giunta, “un italo-scozzese” di Carate di Brianza, è dapprima lirico: “I ritmi lenti degli islandesi mi ricordano la Sicilia di mio padre”. È istruttore sub e ama immergersi, le sorgenti geotermiche pullulano: per chi si nutre di avventura, dice, l’Islanda è un banchetto continuo, ma non  lo è per il cibo, “che mi toglie la gioia” – “meglio l’acqua del cibo”, sintetizza il giornale. Francesca Stoppani, 26 anni, di Sapri, esordisce arrabbiata: “All’inizio ero arrabbiata con l’Islanda, perché è una società nepotista e tutto avviene per raccomndazione”.
L’infermiere Christian Spagnol, di Pordenone, è in Islanda con la moglie, anch’essa infermiera, lavorano in ospedale, lui con uno stipendio netto attorno ai 3.700 euro mensili, addetto alle terapie intensive, ma trova che “la sanità locale non è impeccabile”. Si è trasferito in Islanda con la moglie nel 2018, “in  autunno”, ricorda, “io lo chiamo «la stagione degli adiii», per i tanti tentativi di suicidio”. E spiega che “la salute mentale “è un problema critico, così come l’abuso di alcol, oppioidi e droghe pesanti”. Per 350 mila abitanti? Per il figlio Spagnol vuole un futuro diverso: quando andrà alle elementari cercherà un altro Paese, “perché qui il livello scolastico è basso”.

A che servono le polizie
Il signor Antonio Minutolo  da Reggio Calabria si ritiene obbligato a una lunga precisazione, minuziosa, .500 battute, tre cartelle,  che “Il Quotidiano del Sud” edizione Calabria gli pubblica, sul salvataggio di una persona in difficoltà nel mare della Marinella di Bagnara, “in località Cacilì”, dove “il malcapitato stava facendo il bagno”. Soccorso dallo scrivente, insieme ad altre cinque persone, un congiunto dello scrivente, “il padre del malcapitato”, un “signor Giuseppe Dato” che interveniva prontamente dal porto di Bagnara con  la sua imbarcazione, benché vi accudisse il proprio bimbo di quattro anni, un congiunto del Dato, e due giovani di cui fornisce età, nomi e cognomi. A cui si è aggiunto, sull’imbarcazione del Dato, “un altro uomo, immediatamente non identificato nella concitazione del momento”.
Il signor Minutolo protesta perché poi quest’uomo si presenterà e sarà riconosciuto come l’eroe del salvataggio. Mentre non ha fatto che “realizzare foto e video degli eventi”. Salvo qualificarsi alla fine come “agente di Polizia non in servizio”. E pretendere dai presenti “i documenti per l’identificazione”. 
Bizzarro aneddoto, se non per il fastidio della retorica corrente dell’“eroe”. C’è bisogno di “eroi”, la parola e la figura retorica più ricorrente: è eroe indifferentemente chi aiuta un nuotatore in difficoltà e chi salva un naufrago in mare in tempesta. Specie se il salvatore è delle forze dell’ordine. Un richiamo non corrispondente al significato e senso di eroe (“chi dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie”, Treccani”). Rispondente piuttosto a un bisogno di ordine.  Ma c’è da dire anche che i Carabinieri hanno fatto scuola in fatto di “likes”, fotografando inchini della Madonna in processione ai mafiosi. 


A Soverato la regione Calabia manda un commissario ad acta  per la rimozione di “alcuni ombrelloni adagiati sulla spiaggia”, bene demaniale. Oltre che per altri per altri due abusi: una rampa di accesso in legno a un’abitazione, costruita dalla famiglia che vi abita per abbattere una barriera architettonica, e lo spostamento di una fiera artigianale all’ultimo momento in una sede diversa da quella autorizzata.
Insieme con Soverato, altri 29 Comuni sono stati oggetto di commissariamento per lo stesso motivo, per abusi, edilizi o paesaggistici. A prima vista una decisione politica: la Regione, di centrodestra, castiga i Comuni non allineati, qualcuno del Pd, altri ad amministrazione indipendente – questi per la maggior parte, il centrodestra ritenendosi l’approdo naturale del voto civico, moderato. Tanto più che si tratta prevalentemente di Comuni grandi. Il sindaco di Soverato,  Vacca, un ingegnere, è stato eletto con 95 voti su cento a capo di una sua lista, lasciando una decina di voti al centro-destra di Occhiuto, il presidente della Regione. A Isola Capo Rizzuto la sindaca, dall’impegnativo nome Vittimberga, avvocato, è del Pd, benché in polemica col partito. A Lamezia Paolo Mascaro, indipendente, un avvocato contro cui i partiti hanno promosso invano lo scioglimento del consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose” – misura che lo stesso Mascaro aveva impugnato amministrativamente con qualche successo, e con la pronta rielezione.
Il colore politico dei commissariamenti è confermato dal dirigente della Protezione Ambientale di Occhiuto, l’ingegnere Salvatore Siviglia, che fissa sfottente un ultimo appuntamento agli amministratori locali che volessero contestare il commissariamento: lo fissa, con dichiarazioni ai giornali, alle ore 11 del 14 agosto – tra domenica 13 e i giorni festivi del 15 e del 16. 
Ma sono abusi segnalati, a Soverato come a Isola Capo Rizzuto, dalla Guardia Costiera. Che si direbbe impegnata in ben altre osservazioni che gli ombrelloni sulla spiaggia – Soverato è a 50 km in linea d’aria da Cutro, Isola Capo Rizzuto a una decina.
 
Cronache della differenza: Sicilia
Non è dolce Domenico Dolce con la sua Sicilia, “madre, amante”. Soprattutto con i giovani, che sanno solo scappare. Domenico Dolce di Polizzi, che di nome intero fa Polizzi Generosa. Il paese di Borgese, Vincenzo Errante, e altri personaggi. Ma essere scontenti fa parte della “sicilitudine”.
 
Mentre – contemporaneamente – i ragazzi di Palermo violentatori danno ragione a Dolce. Quelli che si vantano, dopo carcerati, dello stupro: violenti per essere sventati. Come del resto era Riina, il grande distruttore. Stupidi ce ne sono dappertutto, ma solo nell’isola un Riina è stato imprendibile, mitico.
 
È quello che prova a fare ora Messina Denaro, il personaggio romanzesco. Che di se stesso dice,  illustrandosi come primula rossa, bandito con una vita normalissima in mezzo alle squadre catturandi: “Io non faccio parte di niente, io sono me stesso”. 
 
Messina Denaro? “Un criminale onesto”. A  Maurizio de Lucia, il Procuratoe Capo di Palermo, che lo interroga dopo l’arresto, contestandogli l’appartenenza alla mafia, il bandito risponde: “Io non faccio parte di nessuno, io sono me stesso. Ma se devo essere un criminale mi definisco un criminale onesto”. E interrompe de Lucia che gli obietta: “Ma questo è un ossimoro, lei sa cosa significa naturalmente”: “Sì l’ossimoro, la gelida fiamma. Facevano sempre questo esempio a scuola”. Si direbbe un “tipico” umorismo siciliano, o pirandelliano.  
 
Il colonnello Russo aveva inndividuato la mafia montante dei Corleonesi, di Totò Riina, e per questo fu ucciso nel 1977. Senza nessuna risposta. Se non che la famiglia del colonnello fu abbandonata. Nelle more della complesse pratiche per la pensione di reversibilità, la vedova del colonnello dovette fare le pulizie in casa d’altri. Lo ricorda la figlia  Bebedetta in un libro. Senza reazioni.
 
La Regione Sicilia paga di multe 80 mila euro al giorno per non completare i depuratori. Di cui la mitica costa ha gran bisogno. A Palermo “l’incompiuta va avanti da 36 anni”, il collettore sud-orientale, “la spina dorsale del sistema fognario”.
 
Canta Rosa Balistreri a Palermo Chris Obehi. Obehi è nigeriano, di etnia, dice, esan  (Is’han), un minuscola popolazione nel grande Sud-Ovest della Nigeria, sbarcato a Lampedusa nel 2015, a diciassettte anni dichiarati.
 
“La scelta di localizzare a Lampedusa un hotspot ne ha fatto la meta privilegiata degli scafisti. L’isola accoglie oltre 1.500 persone\migranti al giorno, Pantelleria poche decine, benché sia più vicina alla Tiunisia, abbia un’estesione maggiore e maggiori presido sanitari”, Pietro Massimo Busetta su “Quotidiano del Sud”. Non c’entra il fatto che Lampedusa era per turisti pochi e di pochi mezzi, mentre Pantelleria è dei ricchi e famosi?
 
Si fa scandalo in Sicilia per una donna che va al ristorante cooperativo gestito da una cuoca senegalese, chiede se la padrona è africana, e se ne va – senza nemmeno essersi seduta? Ci si chiede se è una donna siciliana o una turista – il fatto è avvenuto presso Agrigento. Ma si direbbe proprio siciliana: la provocazione del nulla – la donna sapeva che la padrona era africana.
 
In un Tribunale non siciliano Dell’Utri sarebbe stato condannato? Si può condannare sulla testimonianza di personaggi come Cancemi, Contorno o Spatuzza?
 
È bastata una serie tv fortunata, “The White Lotus”, e laSicilia all’improvviso torna meta turistica internazionale di prima grandezza. Nei primi sette mesi gli arrivi sono aumentati del 56,6 per cento, e il traffico aeroportuale del 62 per cento. A volte basta poco – un poco di fortuna.
 
Evocando  due film di mezzo secolo fa, “Malizia” e “Giovannona coscialunga”, Emiliano Morreale nota che sono ambientati in Sicilia. Erano film “d’evasione”, in “un momento di grandi contraddizioni”, il 1973, e “sceglievano la Sicilia come luogo in cui evadere”, per “la sua tradizione di scrittori erotici”. Il critico ricorda Brancati e Patti. Ma anche Camilleri si dilettava di romanzetti erotici – detti “di costume”, alla francese. Perfino Sciascia divagò, sul cerhio e il triangolo.
 
Cagliostro fu molte cose che probabilmente non fu, ma certamente fu siciliano. Anche quando fu “scoperto” – che era impossibile: fu processato su denuncia. E periodicamente ritorna. Ora con “Le cento vite di Cagliostro,” di Domenico Palmieri. L’uomo che è e che non è. Che curiosamente non ha attirato l’attenzione di Pirandello, o di Sciascia, di Camilleri. Anzi, dimenticato in Sicilia.

leuzzi@antiit.com

L’America e la fine di tutte le guerre

Grandi sedute di trucco, questi documentari mettono soprattutto in risalto quanto il cinema sia “falso”, come scriveva a suo tempo il dimenticato Soldati: sia la bellezza delle attrici, di fondotinta polverosi, sia il ghigno macho -  e i fondali di cartone, gli ambienti bassi senza soffitto, gli effetti giorno di notte? Ma si vede come, e (allusivamente) anche perché, “Oppenheimer”, la scelta di santificare il personaggio. Si vede dai particolari: p.es. il trucco più pesante di Gary Oldman per fare di Truman una macchietta, un presidente-per-caso, e un po’ non-americano. Oppenheimer mostrato da ragazzo somigliante a Bob Dylan, e altre accattivanti trovatine. C’è anche Nolan nel docufilm: non dice niente di particolare, ma fa vedere che sa di cosa stiamo parlando, di come e perché ha concepito il suo santino Oppenheimer.

Curiosamente esplicita la presentazione del documentario su “Sky Guida tv”: “La genialità, l’arroganza e l’implacabile impulso di un uomo hanno cambiato per sempre la natura della guerra, portando alla morte di migliaia di persone”. Non di un uomo, di un paese (storia, “natura”, interessi), non di migliaia, di centinaia di migliaia e milioni in un colpo solo. E non per caso.
Ci sono testimonianze, di un parente (nipote?) di Oppenheimer, del solto sopravvissuto di Hiroshima, dello stesso regista e architetto del film Nolan, ma senza toccare il senso del progetto Manhattan, la sua essenza. Certificata poi da ottanta anni ormai di storia: come costruire un impero, con un botto solo. Non una bomba, due. Non in contemporanea, a distanza.
Ci sarebbe, c’è, molta materia per molti film sui due bombardamenti atomici, ma non si usa. Si sono imbastite tante sante storie sul pilota dell’“Enola Gay”, il Boeing B 29 Superfortress di Hiroshima, che forse aveva una coscienza e forse si è fatto frate. E quello del “Bockscar” tre giorni dopo, che sapeva cosa trasportava? E che nomi graziosi sulle due bombe, “Little Boy” la prima, “Fat Man” la seconda, quasi una poesia.
Il docufilm non dice nulla di tutto questo. Ma trasuda fatica. Quella dell’artificio (il cinelma è artificio, Soldati e tutti quanti) costeggia (nasconde? copre?) quella della vicenda: la “fine di tutte le guerre” è l’impero americano.
Christopher Cassel, To end all war: Oppenheimer and the atomic bomb. Sky Documentaries